Recensione Present Tense (2012)

La lettura dei fondi di caffè diventa nel film uno scambio emotivo molto forte, il confronto tra due facce della stessa medaglia, da una lato le donne della ricca borghesia di Istanbul, dall'altra una figura femminile coraggiosa, forte della sua sensibilità e del suo 'occhio'.

Nero come la notte, dolce come l'amore

"Ammazzo il tempo bevendo caffè nero bollente", diceva Fiorella Mannoia in una delle sue canzoni più famose. Mina, la protagonista di Present Tense, film diretto dalla turca Belmin Söylemez, presentato in concorso al Torino Film Festival, non si limita a bere il caffè, ma si guadagna da vivere leggendone i fondi. E' il punto di partenza di una storia che riserva pochi colpi di scena, ma che si fa apprezzare per la profondità dei temi affrontati e per la delicatezza nel ritrarre il mondo femminile della Turchia di oggi, una nazione profondamente ancorata ai riti del passato, che sta tentando faticosamente di modernizzarsi. Reduce da un divorzio doloroso, alla ricerca disperata di un lavoro e prossima allo sfratto, la protagonista decide di dare una svolta alla propria vita rispondendo ad un annuncio su un volantino; il Galaxy bar cerca infatti un'indovina che sappia leggere i fondi del caffè Mina si lancia nell'impresa per un unico motivo, riuscire a guadagnare più soldi possibile per andare negli Stati Uniti e riunirsi ad una zia, emigrata oltreoceano da molti anni. Esaminata da Fazi, una collega che subito ne intuisce la capacità, la donna accetta quasi a malincuore di iniziare una carriera nella caffeomanzia. Eppure, lei stessa resta sorpresa dalla bellezza imprevedibile di quel lavoro che la mette quotidianamente in contatto con donne in crisi, spesso vessate dai propri compagni, che cercano da Mina una risposta ai drammi delle loro esistenze, una parola di conforto, forse una bugia che dia loro speranza, in qualche caso la verità. Dal canto suo Mina offre affetto e una capacità tutta particolare di interpretare i disegni fantasiosi creati dal caffè. Abilità che tuttavia non sa applicare a sé stessa, visto che non riesce a dichiarare il suo amore al proprietario del locale per cui lavora e a separarsi da un'amica invidiosa e fuori di testa.

Il film della Söylemez si apre e si chiude con il primissimo piano della protagonista che sta facendo le foto tessera necessarie ai documenti che le permetteranno finalmente di andare negli Stati Uniti. Segno chiarissimo che la regista abbia concentrato tutta la sua attenzione su di lei (Sanem Öge), sulla ricerca della propria identità, di un posto nel mondo; e la parte più riuscita della pellicola è senz'altro quella che vede la donna al lavoro, mentre scruta attenta le tazzine appena svuotate dalle clienti. Mina parla molto di sé nelle 'interpretazioni' dei fondi, anche se all'apparenza descrive solo delle immagini, a cui riesce però a dare senso, filtrandole attraverso il vissuto personale. La lettura dei fondi di caffè diventa quindi uno scambio emotivo molto forte, il confronto tra due facce della stessa medaglia; da una lato le donne della ricca borghesia di Istanbul, maltrattate dai mariti, dall'altra una figura femminile coraggiosa (lei ha rinunciato al matrimonio-prigione), forte della sua sensibilità e del suo 'occhio'. E' concentrato in questi momenti il cuore del film, che non riesce a mantenere costante l'intensità di queste epifanie per tutta la sua durata, perdendo colpi soprattutto nelle sviluppo delle due storie parallele, ovvero l'intreccio sentimentale con Tayfun (Ozan Bilen) e l'amicizia tra Mina e Fazi (Senay Aydin); ma la dolcezza e il fascino misterioso della protagonista non si dimenticano facilmente.

Movieplayer.it

3.0/5