Recensione Pinuccio Lovero Yes I can (2012)

Al di là della straordinaria unicità di Pinuccio Lovero, personaggio insieme ingenuo e sornione, innato talento comico che sembra uscito dalla Commedia dell'arte, forse a stupire di più in questo secondo documentario di Pippo Mezzapesa è notare come gli altri candidati non siano poi così distanti dalle eccentricità e dalla goffaggine del suo protagonista.

Pinuccio for President

In attesa delle deliranti primarie del calabrese Cetto Laqualunque che si abbatteranno sui nostri schermi a Natale con Tutto Tutto Niente Niente, nel frattempo a scaldare questo tribolato periodo elettorale è già "sceso in campo" al Festival Roma il pugliese Pinuccio Lovero, istrionico "custode a livello cimiteriale" prestato alla politica in questa nuova avventura ancora diretta da Pippo Mezzapesa. La grande differenza è che, mentre il personaggio interpretato da Antonio Albanese è di pura finzione (nonostante sia drammaticamente modellato sullo sconfortante scenario italiano), Pinuccio Lovero esiste veramente, come è realmente esistente il grottesco sottobosco politico che si agita attorno alle elezioni del Comune di Bitetto al centro di Pinuccio Lovero Yes I Can, rendendo ancora più aspra e amara la satira che si respira nel film.
Dopo essere stato il protagonista del precedente documentario di Mezzapesa, Pinuccio Lovero - Sogno di una morte di mezz'estate (presentato nel 2008 al Festival di Venezia), che raccontava la sua surreale vicenda di guardiano in un cimitero senza morti, questo curioso "becchino per passione" è riuscito a godere di una piccola notorietà televisiva. Oggigiorno, dove la fama si misura principalmente contando il numero di partecipazioni ai talk show, anche Pinuccio ha potuto guadagnarsi i suoi proverbiali quindici minuti di celebrità. E, visto che oramai il passaggio dal mondo dello spettacolo a quello della politica è assai breve (per non dire che si tratta di due realtà coincidenti), perché non candidarsi come consigliere comunale di Bitetto tra le file di SEL?

Come ogni star che si rispetti, anche Pinuccio sa che bisogna puntare soprattutto su un repertorio collaudato, che sia in grado di essere riconosciuto e apprezzato dai fan di vecchia data. È per questo che il nostro eroe ha deciso di presentare anche un programma politico "a livello cimiteriale", che verte elusivamente sulla disponibilità dei loculi (o "oculi", come li chiama lui) e sulla pulizia del camposanto. Così, indossato il suo "costume" da guardiano, decide di percorre le strade della città a bordo di un carro funebre, sulla scorta dell'inquietante slogan (o "logan", come lui lo definisce): "Pensa al tuo futuro!" Tuttavia Pinuccio, nonostante si sia ormai buttato in politica, non si è montato di certo la testa: continua la sua semplice vita di custode e musicista della banda parrocchiale, senza dimenticare naturalmente di dedicarsi alla compagna e futura sposa Anna, assieme alla quale tra numerose difficoltà economiche sta organizzando il matrimonio.
Al di là della straordinaria unicità di Pinuccio Lovero, personaggio insieme ingenuo e sornione, innato talento comico che sembra uscito dalla Commedia dell'arte, forse a stupire di più in questo secondo documentario di Pippo Mezzapesa è notare come gli altri candidati non siano poi così distanti dalle eccentricità e dalla goffaggine del suo protagonista. Anzi, nella spontaneità di Pinuccio, che mischia insieme politica e cinema, dichiarando apertamente in campagna elettorale che la sua massima aspirazione sarebbe interpretare un film con Lino Banfi o Checco Zalone, si intravede il riflesso deformato della spettacolarizzazione ormai connaturata della politica. Una personalizzazione e di una smania di protagonismo di cui non è neppure esente il leader di SEL Nichi Vendola, che difatti compare in una gustosa apparizione alla fine del film.

"Con Pinuccio Lovero Yes I Can" - ha dichiarato lo stesso regista - "l'intento è quello di raccontare come una società votata alla spettacolarizzazione di tutto, anche del quotidiano, possa alterare anche i sogni più semplici e ingenui". Ed è per questo che, andando oltre la semplicità del racconto e la leggerezza e la bonarietà di tono, si scorge nel documentario di Mezzapesa anche un retrogusto piuttosto amarognolo, una satira caustica, ma al tempo stesso disillusa e malinconica.