Recensione Noor (2012)

Dopo anni trascorsi nella realizzazione di cortometraggi e documentari girati nell'Asia centrale, Cagla Zencirci e Guillaume Giovanetti portano a termine il loro primo film accendendo i riflettori del MedFilmFestival sulla comunità dei Khusra con la quale vengono identificati gli appartenenti al terzo sesso, ossia tutti coloro che in termini più occidentali sono definiti come ermafroditi o transgender.

La rivoluzione dei sessi

Secondo il vecchio Baba la ricerca del vero amore richiede coraggio e fede, ma per Noor tutto sembra essere infinitamente più complicato a causa di un volto dalle fattezze femminili che imprigiona un'identità maschile tanto ambigua nell'aspetto quanto chiara nell'animo. Tuttofare all'interno di un campo adibito al rifornimento dei camion e al riposo dei guidatori, ogni giorno il ragazzo scruta con ansia le guance e il petto completamente implumi nella speranza che Dio, con l'aiuto di qualche crema miracolosa, esaudisca le sue aspettative rendendolo finalmente degno dell'amore di una donna. Ma Noor non è benedetto da Allah e, dopo l'abbandono della sua Yasmine e l'aggressione da parte di un camionista ubriaco, decide di credere alla leggenda di un lago miracoloso, nascosto nel cuore del Pakistan, capace di ascoltare le richieste degli uomini e di dare riposo ai loro affanni. Così, gettatosi alle spalle un passato da danzatrice khusra e il rifiuto sociale cui sembra essere destinato, si avventura in un viaggio che, allo stesso tempo, diventa scoperta di sé e dell'immenso paese circostante. Perché abbracciato da montagne imponenti e paesaggi brulli, Noor si renderà conto che il primo passo verso l'amore si compie solo attraverso l'accettazione e la condivisione della propria natura.

Dopo anni trascorsi nella realizzazione di cortometraggi e documentari girati nell'Asia centrale, Cagla Zencirci e Guillaume Giovanetti portano a termine il loro primo film accendendo i riflettori del MedFilmFestival su una realtà sconosciuta a molti, ma che caratterizza profondamente la vita sociale e culturale del Pakistan. Si tratta della comunità Khusra con la quale vengono identificati gli appartenenti al terzo sesso, ossia tutti coloro che in termini più occidentali sono definiti come ermafroditi o transgender. Rifiutati da un paese strutturato in prevalenza sulla superiorità maschile, i khusra vivono in abitazioni comunali sotto la guida di un guru, che si prende cura delle necessità del numeroso popolo reietto da Allah. Spesso derisi, malmenati e insultati, a loro viene, però, concesso di assumere il ruolo di danzatrici durante i matrimoni e le cerimonie pubbliche, riconoscendogli in questo caso la capacità di rappresentare l'unione ideale dell'uomo e della donna in una sola persona. A questa "casta" composta di figli di un dio minore appartiene anche il Noor scoperto da Zencirci e Giovanetti che, portato per la prima volta sul grande schermo, prova a mettere in scena parte della sua realtà per trasformare un prevedibile film di denuncia sociale in un racconto di evoluzione e ricerca personale, dove l'aspetto sessuale è solamente uno dei molti elementi messi in gioco.
Utilizzando lo schema classico del road movie, i due registi lasciano al volto del protagonista e all'asprezza del territorio la possibilità di narrare una vicenda millenaria, in cui i segreti del cuore e del corpo sono celati dalla fitta oscurità della notte come dall'accecante biancore di una landa sassosa. Per questo motivo la macchina da presa si trasforma da mezzo artistico in osservatore silenzioso della variabilità dell'anima e del paesaggio. Così, nonostante la cura per la fotografia faccia intuire un certo amore per il cinema indipendente occidentale, Zencirci e Giovanetti scelgono di rendere il loro stile quanto più possibile etereo e leggero, comprendendo che la forza di questo racconto non si cela certo nell'applicazione di moduli narrativi già ampiamente sperimentati, ma nell'umanità insolita che popola un mondo in gran parte sconosciuto. Una scelta che attribuisce alla fuga di Noor e all'intero film la forza di una dolce ondata rivoluzionaria, indubbiamente incapace di scardinare usanze o rinnegare appartenenze etniche, ma in grado di chiedere spazio e tempo perché si possa finalmente credere nel miracolo della consapevolezza.

Movieplayer.it

3.0/5