Recensione Noi, Zagor (2013)

L'interessante documentario di Riccardo Jacopino è un viaggio nella memoria, recente e meno recente, di autori e fan dell'iconico eroe dei fumetti; ma è anche un tributo a una figura, quella di Sergio Bonelli, la cui presenza aleggia costantemente su tutta la sua durata.

Sentirsi come Zagor

Nell'universo (sempre in espansione) delle creature bonelliane, il personaggio di Zagor ha rappresentato senz'altro un punto di svolta fondamentale. Figliastro (problematico) dell'eroe senza macchia Tex Willer, il personaggio creato nel 1961 da Sergio Bonelli, e disegnato da Gallieno Ferri, ha rispecchiato un'importante evoluzione nella concezione degli eroi di carta, che iniziavano a farsi più complessi, meno monolitici, più ricchi di punti oscuri e fantasmi: una differenza che rispecchia anche quella, che fu generazionale prima che di approccio, tra l'autore ed editore (che firmò questa ed altre serie con lo pseudonimo di Guido Nolitta) e il suo illustre genitore Gian Luigi Bonelli, tra i padri del fumetto italiano. Ed è proprio la presenza, ben avvertibile malgrado la sua recente scomparsa, di Sergio Bonelli, nonché il motivo del confronto costante (inteso come giustapposizione di diverse concezioni dello stesso lavoro) con l'eredità paterna, ad aleggiare in modo costante su Noi, Zagor, documentario che Riccardo Jacopino ha voluto dedicare all'eroe di Darkwood. Un'opera, quella di Jacopino, che non nasconde la passione, la dedizione, persino l'entusiasmo con cui il regista, insieme a tutto il suo staff, si è gettato nell'universo del suo eroe; tra interviste e filmati che ritraggono coloro che stanno dall'una e dall'altra parte della pagina stampata, autori e fans uniti dalla stessa, quasi contagiosa passione.


Uno dei punti di forza del film di Jacopino, in effetti, sta proprio nella sua evidente natura di prodotto realizzato "da fan, per i fan": una caratteristica che restituisce tutta la passione (che comprende anche una buona misura di vissuto personale) che il regista ha messo nella sua realizzazione; ma che riesce anche, facendo leva sulle opportune suggestioni, a coinvolgere e incuriosire chi al personaggio non si è mai interessato. Ripercorrere, a ritroso, la storia di un periodo eroico del fumetto italiano, ma anche raccontare il suo impatto sulla formazione personale di chi poi ne ha fatto un lavoro: i racconti di Moreno Burattini, attuale curatore degli albi di Zagor, la sua infanzia segnata dalla meraviglia per storie fantastiche ed avventurose, il costante riferimento a un periodo in cui (diversamente da ora) un albo in edicola era una sorpresa, un vero e proprio mondo da scoprire: suggestioni in fondo universali, facenti riferimento a un terreno comune di esperienze ed elementi di formazione personale, che coinvolgono ma soprattutto ben rappresentano, riferite a un autore, quel trait d'union che, nei prodotti più felici, lega chi realizza un prodotto a chi lo fruisce. Questo legame, il film di Jacopino lo rappresenta bene: sembra difficile, a tratti, distinguere i fan che affollano le convention, quelli che arrivano addirittura (divertente aneddoto raccontato nel film) a vendere la casa di famiglia per avere l'intera collezione degli albi, da quegli addetti ai lavori che lavorano per continuare a dar vita a quelle stesse storie di cui, per anni, si sono nutriti.

Su tutto, la presenza costante del fantasma (ben vivo nell'eredità che porta con sé) del patron Bonelli, riassunta nelle rievocazioni del disegnatore Gallieno Ferri, nei costanti riferimenti di tutte le persone coinvolte al suo lavoro, persino in uno spezzone di intervista che il film è riuscito a rubare al tempo. Nel documentario si avverte proprio il desiderio, inevitabilmente frustrato, del regista di avere con sé questo pezzo di storia del fumetto italiano; nonché l'intento di far emergere altrimenti, con gli strumenti del racconto per parole e per immagini, il più possibile della sua complessa personalità. Personalità che, per sua esplicita ammissione, aveva il cinema come costante punto di riferimento; specie quel cinema "di serie b" che, in Italia e all'estero, furoreggiava negli anni in cui il personaggio di Zagor nacque e si affermò. La natura cinematografica del lavoro di Bonelli, e delle storie di Zagor in particolare, con le loro contaminazioni di generi e immaginari diversi, è del tutto evidente, e viene ben resa dal film di Jacopino; natura che però non è mai arrivata a favorire eventuali trasposizioni cinematografiche dei personaggi bonelliani, poco e mal sfruttati dal grande schermo.
Lo stesso eroe di Darkwood, nonostante la sua enorme popolarità, ha goduto negli anni solo di due riduzioni cinematografiche "clandestine", prodotte in Turchia e interpretate dalla star locale Levent Çakir (che fa anche un'apparizione nel documentario). Ci si chiede se l'aver finalmente portato, sia pure in un documentario che godrà di una distribuzione limitata, l'iconico personaggio bonelliano sul grande schermo, possa finalmente aprire la strada a una versione di celluloide (magari italica) delle sue avventure. Lo stato dell'attuale cinema di genere italiano (parliamo ovviamente di quello mainstream: sappiamo che, al di sotto della superficie, si muove molto di valido, ma per ora nessuno sembra interessato a farlo emergere) non permette di farsi troppe illusioni. Ma, in fondo, quello di Zagor, e di eroi simili, è regno di fantasia per eccellenza: sognare un po', magari aiutati dai 70 minuti di questo documentario, non può certamente far male.

Movieplayer.it

3.0/5