Recensione Noah (2014)

Evoluzione e conservazione, archetipi mitologici e letterari si mischiano confusamente in una storia che in sostanza è quella di una famiglia, l'unica sopravvissuta all'apocalisse che ha cancellato dal mondo tutte le malvagità della razza umana.

Benvenuti a Fantasy Iceland

C'era da aspettarsi di tutto da un regista come Darren Aronofsky che ad un certo punto della carriera decide di cimentarsi nella trasposizione cinematografica dell'avventura biblica di Noè, ed abbiamo effettivamente visto di tutto in Noah, il costosissimo ed attesissimo kolossal costato oltre centoventicinque milioni di dollari. Il suo cinema folle e delirante, talvolta incoerente all'ennesima potenza (nel bene e nel male, intendiamoci) è stato sempre coraggioso e anticonvenzionale, ed è per questo che per quanto possa averci stupito in senso negativo, questo gigantesco fumettone epico fantasy sottolinea ancora una volta come il cinema di Aronofsky riesca ad essere unico nel suo genere, a stupire creando assurdi e affascinanti luoghi della mente ma al contempo a diventare ingestibile, metafisico, contraddittorio, visivamente straripante e totalmente fuori controllo. Un cinema in cui tutto è possibile. Anche se stavolta forse si è un po' esagerato.


Le follie ossessive di Darren
Partendo dal protagonista ossessionato dai numeri di Pi - Il teorema del delirio e passando per il giovane eroinomane di Requiem for a Dream (un indimenticabile Jared Leto), per i deliri del ricercatore protagonista di L'albero della vita e quelli del lottatore ossessionato dallo spettacolo al centro dello splendido The Wrestler, chiudendo il cerchio con l'ipnotico Il cigno nero, il suo dark-drama psicologico incentrato sulla maledizione dell'irraggiungibilità e della ricerca della perfezione, Darren Aronofsky ci porta ancora una volta negli inferi dell'animo umano in un viaggio appassionato e autodistruttivo alla ricerca di un obiettivo, dell'inseguimento di una passione, di una redenzione che stavolta è quella dell'umanità intera. Nel suo Noah il regista finisce per mettere davvero di tutto: temi, messaggi, situazioni, metafore e rappresentazioni a dir poco fantasiose per un'opera fantasy di grande impatto visivo che finisce per disperdere tutta la sua potenza in una narrazione lunghissima, frammentaria, temporalmente non collocabile e scenograficamente bizzarra.

L'uomo da centoventicinque milioni di dollari.
A metà tra Il Gladiatore e Il Signore degli anelli con i Transformers di roccia a dare un tocco action di sana e spettacolare mostruosità e le sfavillanti scene in 3D a contrastare le sconfinate panoramiche sui paesaggi islandesi che danno vita al film e da cui il film prende vita, Noah distrae, disorienta e trascina lo spettatore in un'interminabile guerra contro il Male senza riuscire mai a calamitare l'attenzione dello spettatore sul personaggio principale. Nell'intento di non scontentare nessuno Aronofsky accetta in una sola volta tutti i compromessi che in passato non ha mai voluto accettare, attingendo alle Sacre Scritture tanto quanto all'universo tolkieniano e agli stilemi di un genere difficile e rigido come il fantasy senza riuscire a farlo suo fino in fondo. E così evoluzione e conservazione, archetipi mitologici e letterari si mischiano confusamente in una storia che in sostanza è quella di una famiglia, l'unica sopravvissuta all'apocalisse che ha cancellato dal mondo tutte le malvagità della razza umana. Le tonalità cromatiche come le atmosfere si fanno da subito cupe, funeste e surreali, come se non ci fosse un domani, come se non ci fosse speranza né scampo ma il finale irrompe con la sua inappropriata levità a rasserenare gli animi e a placare le ire divine: un folgorante arcobaleno compare improvvisamente a fare da ponte tra cielo e terra, in segno di pace, a sancire una nuova ed eterna alleanza tra Dio e gli uomini.
Effetti speciali e collaterali
Armi moderne, animali preistorici, visioni mistiche e oniriche, fastidiosi riassunti animati che sembrano presi da un cartone per bambini e divertenti escamotage 'floreali' sono i trucchi che il regista usa nel film per dar risalto al forte messaggio ecologista divulgato dal suo Noah. Una scelta eco-sostenibile che Aronofksy ha coerentemente sostenuto anche sul set durante le riprese rifiutandosi, ad esempio, di usare animali veri ma solo riprodotti in computer grafica. Una scelta forse non proprio saggia visto il genere di film in cui ha scelto di cimentarsi, che ha privato lo spettatore di un aspetto importante della storia che avrebbe potuto rappresentare uno dei momenti più spettacolari ed emozionanti di tutta l'opera. Non tutto è però da buttare via, perché gli effetti speciali in molte delle scene sono davvero stupefacenti come il 3D che in diversi momenti, su tutti quelli del diluvio e i combattimenti iniziali, è davvero incredibile. Seducente anche la bellezza delle immagini del lungo finale, che ci mostra la famiglia che finalmente scende dall'arca, pronta a mettere in discussione la parola, gli insegnamenti e i messaggi divini di un Dio innominabile capace di concedere un'altra possibilità all'unico uomo che ebbe il coraggio di essere diverso, di essere giusto in un mondo di ingiusti.

Movieplayer.it

2.0/5