Recensione Missione di Pace (2011)

Missione di pace non ha certamente la forza irriverente di MASH e nemmeno la poetica malinconia di Mediterraneo, ma rappresenta una simpatica e leggera incursione nella commedia antimilitarista da parte dell'esordiente Francesco Lagi.

In guerra per la pace

Sandro Vinciguerra è un capitano dell'esercito italiano da alcuni anni stazionato nell'immaginario e sperduto corridoio di Grz, una terra di nessuno situata nei Balcani e dove si dice si trovi ancora oggi un ex criminale della guerra di Jugoslavia chiamato Radovan Pavlevic. Il suo peggior nemico non è però questo temibile ex generale che secondo leggenda mangerebbe il cuore degli orsi ancora vivi, ma suo figlio Giacomo, un convinto pacifista che ha più volte mandato all'aria la sua carriera con lettere anonime, sit-in di protesta e continui tentativi di minare il lavoro e la reputazione del padre. E proprio quando l'occasione della vita sta per presentarsi al simpatico capitano, a spuntare in quel di Grz è proprio l'odiato figlio e le sue strampalate idee rivoluzionarie.


Missione di pace non ha certamente la forza irriverente di un MASH e nemmeno la poetica malinconia di Mediterraneo, ma rappresenta una simpatica e leggera incursione nella commedia antimilitarista da parte di un regista esordiente quale Francesco Lagi, che si affida ad un cast fatto di volti più o meno noti (i protagonisti Silvio Orlando e Francesco Brandi, nella realtà zio e nipote, ma anche Alba Rohrwacher e il cantautore Bugo, autore anche della colonna sonora) per creare un buffo gruppo di soldati pasticcioni che in realtà la vera guerra non sa nemmeno cosa sia.

Più che sul versante della satira politica (comunque quantomeno sfiorata), la sceneggiatura vira volutamente sul grottesco soprattutto nel rappresentare il confuso idealismo rivoluzionario di Giacomo, con alcune sequenze oniriche che vedono protagonista nientepopodimenoche un Ernesto 'Che' Guevara interpretato da un ironico Filippo Timi: vedere il Comandante passeggiare per l'Ikea con qualche perplessità sulle ideologie comuniste o sentirlo proporre Diego Armando Maradona come Ministro dello Sport contribuisce a fare della pellicola un'ora e mezza di intrattenimento furbetto ma mai volgare, e ci aiuta ad andare anche oltre a qualche faciloneria nello script o ad un certo buonismo di fondo.

Movieplayer.it

3.0/5