Recensione Locke (2013)

Locke è uno struggente dramma familiare ed insieme un thriller psicologico di grande fascino visivo e drammaturgico, un film psichedelico nel look, avvincente nella narrazione, incentrato su un unico personaggio in carne ed ossa.

La scelta di Ivan

Un uomo, un'auto, una strada e una decisione. Tutt'intorno la notte, un'esistenza che si sgretola e milioni di luci che lo accompagnano col loro fulgore durante il viaggio più lungo della sua vita. Ivan Locke è un ingegnere che si occupa di enormi cantieri di costruzione per una multinazionale di Chicago, vive a Londra con la moglie Katrina e i due figli maschi. La sera che precede la colata di calcestruzzo record che getterà le fondamenta per un enorme grattacielo, Ivan viene raggiunto dalla telefonata che non si sarebbe mai aspettato. Anziché tornare a casa dai figli e dalla moglie che lo aspettano per seguire la partita e riposarsi prima della giornata campale che lo aspetta, Ivan prende una decisione drastica che cambierà per sempre il corso della sua vita. Inizia così il suo viaggio in auto, un'ora e mezza in cui, chiuso in un abitacolo con le sue paure, i suoi ricordi e con il suo cellulare, Ivan proverà ad impedire che tutto quello che ha faticosamente costruito negli anni collassi al suolo schiacciando per sempre il suo futuro.


Un telefono che suona in continuazione, che compone un numero dopo l'altro cercando di non perdere il contatto con gli eventi e poi avvisi di chiamata, spiegazioni, domande, interruzioni brusche, lacrime, accuse, pensieri che corrono, collera, voci disperate e aggressive, cuori infranti e impauriti. Il tutto a ripetizione, alternando momenti tristissimi ad altri più rabbiosi con sprazzi di tenerezza e di comicità che lasciano improvvisamente il posto a caustiche telefonate di lavoro che riconducono il protagonista alla lucidità. Locke è un film in cui la componente scenografica gioca un ruolo fondamentale: spazi ristretti, le luci dei lampioni e dei fari delle auto che popolano l'autostrada, il paesaggio notturno che circonda le carreggiate che si intersecano, bolle di luce che ci parlano di altri viaggi, di altre vite e di altre storie che si intrecciano. E poi il giallo ipnotico, i giochi di specchi e le dissolvenze si sovrappongono ad una narrazione statica nei movimenti ma spasmodica nell'emotività, che procede senza soste scavando nell'animo in pena dell'unico straordinario personaggio in carne ed ossa che vediamo nel corso degli 85 minuti diretti magistralmente da Steven Knight. Tom Hardy stavolta non indossa maschere se non quella vera e sincera di un uomo che ha preso una decisione irrevocabile ben consapevole di quel che ne sarebbe scaturito, ed è forse questa la maschera più bella ed emotivamente coinvolgente della sua carriera. Il ritratto emozionale che vediamo sullo schermo è di quelli che non si dimenticano e la prova attoriale di Hardy è straordinaria, a dimostrazione della maturità e della versatilità di un interprete che è capace di grandi performance anche quando non ha costumi e trucchi da indossare o grandiosi effetti speciali a portata di mano. Il suo Ivan Locke è il capitano di una nave alla deriva, un marinaio stanco ma coi nervi saldi che sa come sopravvivere ad una tempesta e districarsi nelle situazioni più difficili anche quando è sotto pressione; la sua è una barba che esprime sofferenza, trascuratezza ma anche morbidezza e dolcezza.

Girato in una sola settimana a Londra e quasi del tutto in tempo reale, Locke è uno struggente dramma familiare ed insieme un thriller psicologico di grande fascino visivo e drammaturgico, un film psichedelico nel look, avvincente nella narrazione, incentrato su un unico personaggio reale mentre gli altri sono solo voci telefoniche che interagiscono umanamente con il protagonista via telefono. L'idea nasce durante la lavorazione di Redemption, primo film da regista di Knight (sceneggiatore de Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno candidato all'Oscar per lo script de La promessa dell'assassino). Mentre il regista ammirava la bellezza di alcune scene di prova notturne catturate con una speciale macchina da presa digitale è arrivato il lampo di genio che pochi mesi dopo avrebbe portato alla realizzazione del suo secondo film in un anno.

Grandi emozioni racchiuse in uno spazio molto piccolo che rischiano di esplodere da un momento all'altro senza mai farlo, un'opera in cui il gesto più violento del protagonista è proprio quello di mantenere il controllo della situazione mentre tutta la sua vita crolla miseramente. La costruzione di un edificio che si fa di minuto in minuto più complicata per colpa di strade sbarrate, di una miscela sbagliata e permessi che non arrivano si fa metafora di una vita che va in pezzi per colpa della mancanza di solide fondamenta; ma non tutte le crepature sono uguali, forse c'è una speranza, qualcosa che si può fare per rimediare e riportare la situazione alla normalità, ma se così non fosse rimane il sentimento, il rispetto di sé stessi e degli impegni presi, il perdono e la voglia di guardare avanti, di cercare il lato positivo in ogni cosa, la forza di ricominciare.

Movieplayer.it

4.0/5