Recensione Le cose belle (2012)

Un'opera che, senza mai speculare sulla situazione della città, indolente e disperata, e sull'essere giovani in un contesto che offre poco o nulla, fluttua sulle note di una struggente colonna sonora neomelodica e ci conduce per mano in un viaggio meraviglioso nella quotidianità di una generazione sistematicamente delusa e impotente di fronte alla dura realtà dei tempi moderni.

La vita è adesso

Un documentario atipico quello diretto da Giovanni Piperno e Agostino Ferrente, uno spaccato di vita vissuta narrato viaggiando avanti e indietro nel tempo grazie alle immagini girate in due momenti diversi, a più di dieci anni di distanza, che ha come protagonisti gli stessi 'attori'. Il passato, il presente e le difficoltà di sognare un futuro sono raccontati ne Le cose belle attraverso lo sguardo disincantato, i desideri e le difficoltà di diventare adulti di quattro adolescenti napoletani incontrati nella Napoli del 1999 e poi in quella di oggi. Quattro sguardi pieni di innocenza, tristezza, ironia e dubbi quelli di Enzo, Fabio, Silvana e Adele che a distanza di anni, di fatiche e di problemi familiari non hanno perso la luce, la luce che possiede negli occhi solo chi è ancora capace di sognare le cose belle della vita nonostante il fardello di vivere in una città che sembra confinata in un limbo, in una dimensione spazio temporale in cui la catastrofe sembra sempre imminente. Una minaccia e al contempo un alibi che rende le vite dei napoletani immobili e incapaci di spiccare il volo, avvolgendole di malcelata rassegnazione. Le cose belle arriveranno? Oppure le cose belle erano prima?

Un percorso, quello di Piperno e Ferrente insieme ai quattro ragazzi, iniziato nel 1999 in occasione delle riprese del documentario per RaiTre Intervista a mia madre e proseguito negli ultimi tre anni sullo sfondo di una città che sembra essere immune a tutto, persino al tempo, perché a Napoli il tempo sembra non esistere e l'attesa di un futuro migliore si trasforma d'improvviso nel ricordo malinconico di un passato che sembra molto più lontano di quel che è. E così, dieci anni, tre sindaci e mille problemi irrisolti dopo, i due registi sono tornati a filmare quei ragazzi che nel frattempo sono cresciuti, hanno lottato per sopravvivere dignitosamente ed hanno dovuto per forza di cosa rinunciare a parte dei loro sogni. Li inseguono sul lavoro, in casa, in giro per le strade della città quasi a volerli risarcire di essere entrati nelle loro vite in maniera troppo veloce e di non aver tributato loro la giusta attenzione. Ma la sensazione è che i due registi abbiano voluto, scrivendo e girando questo secondo film, anche risarcire professionalmente loro stessi ed andare a completare un lavoro che nel 1999 non era stato sufficientemente approfondito.
Le cose belle è un documentario atipico che alterna immagini vecchie e nuove con una precisione millimetrica nonostante le differenze tecniche tra il cinema documentaristico di pura creazione di ieri e di oggi, un cinema che in dieci anni è completamente cambiato nel linguaggio e si è evoluto nei suoi stilemi, ma che Ferrente e Piperno lasciano narrare, ieri come oggi, unicamente dalle parole e dai gesti dei protagonisti. Un'opera che, senza mai speculare sulla situazione della città, indolente e disperata, e sull'essere giovani in un contesto che offre poco o nulla, fluttua sulle note di una struggente colonna sonora neomelodica e ci conduce per mano in un viaggio meraviglioso nella quotidianità di una generazione sistematicamente delusa e impotente di fronte alla dura realtà dei tempi moderni. I due cineasti non usano filtri, non fanno domande, non conducono mai il gioco a loro piacimento. Semplicemente si mettono al servizio dei quattro ragazzi raccontandoci, in tutta la loro durezza, esistenze ormai avviate, costruite spesso sui cocci di famiglie problematiche e disagiate, ma che in attesa di realizzare i loro sogni si accontentano delle cose belle che offre loro questo difficile presente.

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4.0/5