Recensione La talpa (2011)

Di fronte al lavoro di un cast di eccellenza in cui tutti svolgono egregiamente la propria funzione, si comprende come la trama gialla che sottende il film funzioni perfettamente come chiave d'accesso a un mondo oscuro.

Lo stagnino, il sarto, il soldato e lo spione

L'anti James Bond si chiama George Smiley, è nato dalla penna di John Le Carré e ha l'aspetto di un anonimo e dimesso impiegato pubblico. In realtà Smiley, interpretato da uno straordinario Gary Oldman, è uno degli agenti segreti di maggior acume in forza al Circus (nome usato da Le Carré per indicare il MI6). Al posto di sfolgoranti smoking indossa un impermeabile sgualcito, soffre di disturbi alla vista e agli arti e l'unica donna che ha fatto parte della sua vita è l'ex moglie fedifraga dalla quale è separato da tempo. Ma dopo essere stato messo a riposo dal suo capo, l'enigmatico Controllo (John Hurt), l'indispensabile Smiley viene richiamato in servizio in maniera ufficiosa per scovare l'identità della talpa che da anni tradisce il Circus, il proprio paese e l'intero Occidente trasmettendo documenti e informazioni riservate al KGB.


L'uomo giusto a cui affidare la regia dell'adattamento del romanzo focale di Le Carré è lo svedese Tomas Alfredson, maestro nella costruzione di atmosfere gelide che tre anni fa ha incantato il pubblico con l'incredibile Lasciami entrare. In La talpa il regista è costretto a superarsi visto che stavolta l'ambientazione in cui è calata la sua drammatica spy story non è solo catalizzatore di consonanze emotive con i personaggi, ma fa rivivere un'epoca di tensioni sociopolitiche, epoca in cui la guerra fredda ha paralizzato i contatti tra Occidente e Oriente e la moneta di scambio tra i centri di potere a capo dei due blocchi contrapposti è la fedelta all'una o all'altra causa. Per permettere allo spettatore di respirare l'atmosfera di quegli anni - il film è ambientato nel 1973, fase critica della guerra fredda - Alfredson riserva un'attenzione maniacale a ogni singolo dettaglio, dimostrando di non soffrire del confronto con la serie tv britannica di culto, in onda sulla BBC nel 1979, dove l'anonimo Smiley aveva il volto di Alec Guinness. Ogni inquadratura è studiata a fondo, ogni movimento di macchina è calibrato al millimetro per fotografare con accuratezza la Londra dei seventies. Scenografie, costumi, arredi e macchine d'epoca (tra cui la Deesse guidata dal personaggio di Cumberbatch) sono immersi in una luce grigiastra e crepuscolare, opera dell'ottimo Hoyte Van Hoytema. Efficaci anche le musiche di commento composte da Alberto Iglesias.

Nel costruire il suo film, Tomas Alfredson opera una serie di scelte registiche radicali e in parte anticommerciali. La trama de La talpa, complessa e intricata, si snoda lungo una continua alternanza tra presente e passato con ritmo lento e dilatato. Per più di due ore il pubblico aderisce all'indagine di Smiley, al suo metodo di analisi e alle sue interazioni coi colleghi. La dimensione spettacolare, tipica del genere, viene bandita a favore di una messa in scena puntuale e realistica dell'ambiente dei servizi segreti inglesi di cui vengono svelati i meccanismi di funzionamento. L'intento di Tomas Alfredson è quello di fornire uno spaccato di un sistema governato da leggi rigorose, al cui interno si muovono persone reali che non hanno niente a che fare con l'immagine stereotipata offertaci da tante pellicole dedicate agli agenti segreti. Grazie alle straordinarie perfomance che costellano il film, lo scavo psicologico sui personaggi risulta eccezionale. Incredibile come sempre il lavoro mimetico di un grigio Gary Oldman che si annulla in personaggio taciturno, riflessivo e sofferente. Il suo Smiley attraversa la pellicola in punta di piedi, come un fantasma vivente, e il suo volto coperto da pesanti occhiali da vista lascia trasparire un dolore trattenuto, ma ugualmente bruciante che appartiene al suo privato. Notevoli anche le perfomance di Benedict Cumberbatch, pilastro del film a fianco di Oldman, e Mark Strong, figure stoiche, portatrici di valori morali quali lealtà e spirito di sacrificio, dedite anima e corpo alla causa per la quale combattono tanto da rinunciare all'amore e all'amicizia per portare a termine la propria missione.
Di fronte al lavoro di un cast di eccellenza dove, da Colin Firth a Toby Jones, dal giovane Tom Hardy al veterano John Hurt, tutti svolgono egregiamente la propria funzione, si comprende come la trama gialla che sottende il film funzioni perfettamente come chiave d'accesso a un mondo oscuro. Nonostante l'impegno intellettuale richiesto allo spettatore, chiamato a seguire i processi mentali di Smiley nella ricerca della talpa, non vi sono colpi bassi nei confronti del pubblico che riceve in tempo reale tutte le informazioni raccolte dal protagonista. Tutti i personaggi, in fin dei conti, non risultano altro che pedine di un gioco più grande e questo Controllo l'aveva già intuito incollando le foto delle cinque possibili talpe sulle pedine degli scacchi. Lo stesso titolo originale del film, e del romanzo di Le Carré, Tinker, Taylor, Soldier, Spy, è mutuato da una popolare filastrocca inglese per bambini. La politica è un immenso gioco sporco la cui posta in palio è la vita di coloro che vi sono coinvolti e la splendida e rigorosa pellicola di Tomas Alfredson non fa altro che fornirci l'ennesima dimostrazione di questa legge utilizzando il linguaggio cinematografico al suo livello più alto.

Movieplayer.it

5.0/5