Recensione The Plague (2013)

Una storia corale che narra, con rispetto e pudore, di marginalità e solitudini contemporanee ritraendo tutto il disorientamento e la voglia di ribellione scatenati dalla crisi economica.

Vite a margine

Raul fa due lavori, di giorno lavora nei campi come coltivatore di prodotti biologici mentre la sera lavora come carrellista in un magazzino di bevande. Come aiutante ha assunto provvisoriamente Iurie, un immigrato moldavo alla ricerca disperata di lavoro che nel tempo libero si allena in vista del campionato spagnolo di wrestling. Nella campagna intorno alla sua casa vive Maria, un'anziana signora amante della natura e degli animali con molti problemi di salute che si trova costretta a lasciare la campagna per trasferirsi in una casa di riposo. E' qui che sboccerà l'amicizia tra la testarda nonnetta e Rose, un'infermiera filippina dal cuore tenero che ogni mattina percorre a piedi chilometri e chilometri nelle campagne per arrivare a lavoro senza dipendere dagli autobus. Sulla strada che fa da sfondo alle vite di Raul, Iurie, Maria e Rose passa le sue lunghe giornate anche Maribel, una prostituta di mezz'età che deve fare i conti con la crisi e con una devastante diminuzione della clientela. Le loro vite ai margini della società si sfiorano fino ad intrecciarsi sullo sfondo torrido di un'estate senza pioggia che sembra non finire mai e condividono l'incertezza del presente in attesa di un futuro migliore.

Che La plaga sia un film particolare si percepisce sin dalle prime immagini. Definito dalla sua stessa autrice come "un film di finzione fatto con emozioni, sensazioni e relazioni vere", questo docu-drama è incentrato su cinque personaggi reali che 'recitano' nei panni di loro stessi ruoli scritti e messi in scena in quattro lunghi anni di lavorazione di gruppo durante i quali le modifiche della sceneggiatura hanno per forza di cose dovuto seguire i cambiamenti di vita dei protagonisti. Presentato nella sezione Forum della 63ª Berlinale e in concorso al 31° Torino Film Festival, La plaga è il toccante esordio nel lungometraggio della giovane regista spagnola Neus Ballús, cresciuta proprio nei quartieri che fanno da sfondo a questa storia corale che narra con rispetto e pudore di marginalità e solitudini contemporanee ritraendo tutto il disorientamento e la voglia di ribellione scatenati dalla crisi economica.

I nostri cinque eroi sono anime gentili, introverse, eccezionalmente generose, uomini e donne dall'eccezionale bellezza interiore che si sentono vittime di un sistema che sfugge al loro controllo. Ad amplificare i turbamenti dell'anima dei protagonisti e l'aridità del microcosmo in cui la Natura ha gradualmente ceduto il passo in favore del cemento, la splendida fotografia giallo-ocra curata da Diego Dussuel che delinea i tratti di malinconico western contemporaneo dalle atmosfere rarefatte ambientato in quel che resta della campagna rurale dei dintorni di Barcellona, uno strano luogo a metà tra la zona industriale e i grandi complessi residenziali intorno a cui gravita un'umanità tenace che barcolla ma non molla. Dedicato a Maria Ros, l'ammaliante signora di campagna con la schiena curva recentemente scomparsa, che con la regista ha vissuto quattro anni di intensa amicizia.

Movieplayer.it

3.0/5