Recensione La bella e la bestia (2014)

Narrativamente poco equilibrato, ma visivamente curato ed imponente, La bella e la bestia non riesce a trasmettere la componente romantica che coinvolge i due protagonisti.

Nel castello delle creature fatate

La febbre del remake è malattia comune degli ultimi anni ed è fenomeno che abbiamo più volte affrontato. Stupisce ulteriormente che lo stesso spunto passato possa essere ripreso e rielaborato parallelamente da più mani diverse, come nel caso de La bella e la bestia, che recentemente è stata oggetto di rumors per più di un progetto cinematografico e la produzione di due serie TV (una delle quali non andata oltre il livello di pilot).
Uno di questi progetti è il film di Christophe Gans presentato fuori concorso a Berlino 2014.

Storia di un mercante
Gans decide di scavalcare la versione di Cocteau ed attingere direttamente alla fiaba di Madame de Villeneuve, dando più enfasi a parti lasciate da parte in precedenza, a cominciare dalla premessa della storia ed il mercante caduto in rovina dopo un disastro marino. Si è nel 1810 e l'uomo è costretto a trasferirsi in campagna con le sei figlie, tra le quali Belle, la più giovane e dolce tra tutte.
Nel corso di un viaggio, l'uomo scopre un reame misterioso e lì ruba una rosa, suscitando l'ira della Bestia che lo abita, che lo condanna a morte. Belle si sente in colpa per le disgrazie della famiglia e va al castello per barattare la sua vita con quella del padre, ma si trova coinvolta in una vita fatta di magia: resta lì ed ogni sera alle 7 cena con la Bestia, riuscendo di giorno in giorno ad instaurare un rapporto di fiducia sempre più forte con lui, mentre la notte ricordi del suo passato si fa largo nei sogni di Belle, rivelandole la verità sulla maledizione che lo imprigiona.

Troppa carne al fuoco
Rimpolpare la storia con dettagli dall'originale non giova a La bella e la bestia di Gans, che risulta senza equilibrio da più punti di vista.
Una prima parte più lenta ed evocativa in cui la storia viene introdotta, accompagnata da una messa in scena più favolistica e morbida; un secondo atto in cui la magia prende il sopravvento concentrandosi su Belle senza riuscire ad approfondirne il tormento; un finale chiassoso e caotico in cui le fila della storia non riescono a riannodarsi. Ci sono sicuramente limiti dello script realizzato da Gans con la collaborazione di Sandra Vo-Anh, ma da parte sua il regista non riesce a prendere in pugno la storia e renderla visivamente coerente, passando da un registro all'altro, accompagnando la base favolistica a toni gotici che negli eccessi finali sfociano nel barocco.
Dai movimenti di camera alla fotografia, tutto segue questa alternanza, fino alla musica di Pierre Adenot che a tratti evoca sonorità alla Elfman, mentre in altre si espande in qualcosa di più pomposo ed epico.
La visione di Gans
Limiti di questo nuovo adattamento de La bella e la bestia che vengono in parte mitigati dalla cura dell'aspetto visivo, che offre alcune sequenze di grande impatto ed altre che sanno evocare delicato incanto.
La storia di Belle ed il suo carceriere è accompagnata da scenografie imponenti e curate, in particolar modo per quanto riguarda gli ambienti del castello, i suoi esterni invasi di rampicanti e la foresta che lo circonda ed imprigiona; il personaggio di Lea Seydoux è avvolto in costumi sfarzosi, arricchiti da dettagli eccessivi che li rendono fiabeschi; le creature che danno vita alla storia sono ben animate e realizzate con creativa cura.
Sono i pregi che bilanciano in parte i difetti, che lo rendono comunque ricco dal punto di vista estetico, ma non riescono a fargli raggiungere la sufficienza per un ulteriore, grosso limite che intacca il cuore della storia, la componente romantica: lo script fatica a comunicare il graduale avvicinamento tra la Seydoux e Vincent Cassel, impedendo quel coinvolgimento emotivo che dovrebbe rappresentare il punto focale della favola.

Movieplayer.it

2.0/5