Recensione I, Frankenstein (2014)

I produttori di Underworld tentano di replicare il successo della saga dei vampiri contro i lupi mannari, portando al cinema un nuovo fantasy horror, che rivisita e tenta di modernizzare il mito di Frankenstein, alla ricerca di sé stesso e della sua anima, sullo sfondo della battaglia eterna stavolta tra gargoyle e demoni.

Frankenworld

Dopo aver esaurito evidentemente tutte i possibili sviluppi della battaglia millenaria tra vampiri e lupi mannari con la fortunata saga di Underworld con ben quattro film (due sequel e un prequel dopo l'esordio del 2003), Tom Rosenberg e i produttori della Lakeshore Entertainement ci riprovano con un nuovo adattamento tra il fantasy e l'horror sempre tratto da un soggetto di Kevin Grevioux, sceneggiatore, attore ma soprattutto autore di fumetti e romanzi grafici, fondatore della Darkstrom Studios che ha pubblicato anche la graphic novel I, Frankenstein da cui è tratto il film. La storia della saga di Underworld, sviluppata da Grevioux insieme al regista del primo film Len Wiseman raccontava l'amore interrazziale tra Kate Beckinsale e Scott Speedman, vampira lei, licantropo lui, sullo sfondo appunto del conflitto tra le due razze, riscrivendone oltre all'aspettp anche i canoni che le contraddistinguevano, introducendo oltre ad un nuovo look anche nuove componenti sci-fi come virus e mutazioni genetiche che si andavano a mescolare con gli elementi ancestrali fatti di mito e leggenda.


Demons vs. Gargoyles
Qui abbiamo invece una rivisitazione in chiave molto action di un'altra icona dell'immaginario horror, ovvero la creatura di Frankenstein, generata dalla penna di Mary Shelley, prima ancora che dallo scienziato Victor che gli ha dato la vita e poi lo ha rinnegato e dal quale prende il nome: in questa nuova versione il mostro ha invece le accattivanti fattezze dell'aitante Aaron Eckhart, e lo troviamo più atletico e in forma che mai, inserito a sua volta nel bel mezzo di un altro conflitto eterno tra due razze mitologiche, da una parte i demoni provenienti dagli inferi che minacciano il mondo, difeso da un esercito di vigili gargoyle guardiani del bene. Sono passati duecento anni da quando lo scienziato Victor Frankenstein ha dato vita alla sua creatura in seguito ad un esperimento, e poi da questa è stato ucciso dopo aver tentato a sua volta di distruggerla e con essa l'abominio che aveva creato. Il segreto della sua resurrezione, il risultato di un esperimento scientifico folle, lo rende l'oggetto del desiderio del principe Naberius (Bill Nighy), a capo della ferocia orda di demoni che vuole distruggere l'umanità: a proteggerla c'è l'ordine dei gargoyle, creature mitiche che da statue di pietra si trasformano in guerrieri alati che hanno giurato di preservare il bene guidati dalla sacerdotessa Leonore (Miranda Otto). Conosciuto con il nome di Adam, duecento anni dopo la creatura di Frankenstein è ancora viva, e, aiutato dalla scienziata Terra (Yvonne Strahovski) sarà lui a decidere il conflitto tra le due razze e il destino dell'umanità, oltre a trovare risposte sulla vera natura della sua anima e lo scopo della sua esistenza.

Frankenstein rivisitato

Lo scopo era evidentemente di rivisitare l'icona di Frankestein trascinandolo in una moderna avventura e inserendolo comunque in un universo gotico del tutto originale, ma purtroppo il risultanto è deludente. L'impressione e che i produttori e il regista, l'australiano Stuart Beattie (ma inizialmente il nel pogetto era previsto Patrick Tatopoulos già regista di Underworld: la ribellione dei Lycans) per andare sul sicuro abbiano voluto underworldizzare il tutto, allontanandosi forse, nonostante la firma di Grevioux, dallo spirito della graphic novel originale, dove Frankenstein vive nella città di Darkheaven in compagnia di altri miti dell'horror come l'uomo invisibile, il gobbo di Notre Dame, Mr. Hyde e altri, che i rumors infatti volevano all'inizio presenti nel film. Il risultato è qualcosa a metà tra Underworld, Van Helsing e Matrix, un mix un po' pasticciato tra il gotico e lo sci-fi privo di una sua vera identità, dove tra l'altro manca anche e soprattutto la componente umana (tranne l'anonima scienziata che non lascia il segno) a fare da contraltare al conflitto tra mostri universali su cui alla fine è incentrato il film. Non si fa altro che ripetere che si tratta di una guerra nascosta che avviene da secoli sotto gli occhi di una inconsapevole umanità, della quale però non c'é traccia: demoni e gargoyles se le danno di santa ragione, tra le fiammate blu di quelli che ascendono in cielo e le fiammate rosse di quelli che discendono all'inferno, senza che anima viva si affacci mai ad una finestra di questa non meglio identificata città che somiglia a qualche vecchia capitale europea (ma il film è girato a Melbourne). Sarà forse per l'enorme cattedrale dove vivono i gargoyle (che quando non sono di pietra sembrano gli spartani di 300), anche questa teatro di battaglie devastanti, tra rosoni che si infrangono e navate che crollano, e chissà cosa ne penserà domenica prossima "l'ignara umanità" quando si recherà a messa. Anche a livello visivo, accanto ad apprezzabili effetti CGI, il film è meno efficace di quanto ci si aspetti, con le maschere dei demoni piuttosto carnevalesche, più grottesche che terrificanti: anche i gargoyle alati, quando sono in volo fanno un effetto curiosamente vintage sembrano gli uomini falco di Flash Gordon.

Sexy monster

Con buona pace dei riferimenti della "creatura nata dalla penna di Mary Shelley", non c'è nulla della tragicità del personaggio originale o qualsiasi riferimento che attinga all'immaginario relativo alla storia del Frankenstein originale: benché non fosse questo l'intento, ma piuttosto l'evoluzione del mostro in un contesto moderno alle prese con il conflitto legato alla sua identità, la storia non è comunque incentrata sulla creatura, non ne esplora il personaggio, non ne approfondisce l'essenza, non crea empatia. Anzi la sceneggiatura arranca in un certo senso per giustificarne la presenza nello scenario del conflitto tra gargoyle e demoni, nel tentativo come detto di replicare la formula di Underworld, vedi il dejà vu della presenza di Bill Nighy che da principe dei vampiri diventa principe dei demoni, o ancora peggio il tentativo di abbozzare un amore interrazziale tra il mostro e la dottoressa. Oltretutto il film rappresenta un caso notevole di miscasting: purtoppo nemmeno per un secondo il sempre bravo Aaron Eckhart risece a darci l'illusione di poter essere la creatura del dottor Victor Frankenstein: non aiutato certo dalla sceneggiatura, è anche troppo bello, troppo biondo, troppo californiano, l'equivoco è tale che si tenta in qualche in qualche modo di farlo diventare anche sexy, al trucco sembrano esserci andati piano con le cicatrici ed aver abbondato col mascara sugli occhi. Tra umorismo involontario, dialoghi retorici e maldestri tentativi di romanticismo, il film potrebbe diventare a momenti un godibile e fracassone b-movie se osasse spingere il pedale sul trash, ma purtroppo non riesce neanche nel tentativo di evitare la trappola di prendersi troppo sul serio.

Movieplayer.it

2.0/5