Recensione Due agenti molto speciali (2012)

Una rielaborazione del poliziesco francese che omaggia i buddy movie americani e ripropone in chiave di commedia la comicità che nasce dall'incontro-scontro della coppia agli antipodi, con Omar Sy che torna dopo Quasi Amici.

Dalla banlieue a Parigi

De l'autre côté du périph, inteso come "dall'altra parte della periferica" cioè la circonvallazione che circonda Parigi, che sarebbe un po' come dire da noi dentro o fuori dal raccordo anulare a Roma. La periferica in questo caso è il confine che divide i due mondi completamente opposti da cui provengono i due poliziotti protagonisti del film, che si ritrovano loro malgrado costretti a lavorare insieme per risolvere un intricato caso di omicidio che dai bassifondi della banlieue con i suoi loschi affari, li porta a scuotere le alte sfere della politica nel mondo dei sindacati di Parigi.
Ci sono degli elementi di continuità abbastanza consistenti in questo film con il precedente Quasi amici, successo clamoroso che ha fatto decollare la carriera di Omar Sy: i francesi evidentemente hanno un modo molto intelligente di lavorare su delle formule fortunate. In questo caso hanno cambiato addirittura genere, siamo passati ad una rielaborazione del polar (il genere poliziesco francese) che cita Belmondo, tra inseguimenti e sparatorie: il film comincia in effetti con un inseguimento in macchina, requisito obbligatorio per un film di azione. In realtà, anche se in un contesto di genere, abbiamo di nuovo una coppia di persone tra loro molto diverse, una coppia che lavora su elementi di comicità molto marcati: Omar Sy è partito lui stesso da questo concetto sin dai suoi inizi, lavorando in televisione con il duo Omar e Fred che ha avuto molto successo, ed è arrivato poi al cinema ma sempre con questa costante della coppia agli antipodi, culturalmente, socialmente, professionalmente.


Questo è anche il segreto di tanta action comedy americana alla quale il film rende omaggio, quello di mettere insieme dei personaggi provenienti da universi molto distanti tra loro e proiettarli in situazioni serie e pericolose, stemperate dallo humor che nasce dalla relazione che si instaura tra i due e normalmente li vede scoprire a vicenda l'uno il mondo dell'altro e ritrovarsi uniti oltre le differenze e i pregiudizi. In questo senso i riferimenti per esempio alla serie Arma Letale sono più che evidenti.
Ousmane Diakité è il personaggio interpretato da Omar Sy, poliziotto della sezione finanziaria nella periferia di Bobigny, incasinato e sboccato il giusto, che ricorda anche nel look il piedipiatti Axel Foley di Eddie Murphy e ha anche la sua suoneria sul cellulare: la sua Beverly Hills, in questo caso, è il dorato ottavo arrondissement di Parigi, dove invece opera il commissario François Monge, capo dell'anticrimine parigina, interpretato da Laurent Lafitte (visto di recente in Piccole bugie tra amici).
I due sono obbligati ad avventurarsi uno nell'universo dell'altro nel più classico intreccio di commedia dei rapporti umani, mantenendo sempre un occhio rivolto alla dimensione sociale e al realismo:

in realtà il film tenta di andare oltre i codici più classici, giocando con i cliché per superarli, lasciandoci scoprire pian piano i protagonisti attraverso una caricatura di loro stessi che decostruisce questi codici per arrivare a qualcosa di più umano e personale. Nel senso che, per esempio, Ousmane lo sgangherato in realtà è più rigido, serio e conservatore di quanto sembri, oltretutto con un figlio da crescere in mezzo a mille difficoltà; mentre il formale e inquadrato François è più sfrontato, scorretto e incasinato di quanto non voglia farci credere all'inizio. Morale, i due crescono e imparano a risolvere i loro problemi l'uno attraverso i difetti dell'altro.
I due sono piuttosto buffi e simpatici e tra loro c'è un discreto feeling. Omar Sy si candida indubbiamente ad essere l'erede di Eddie Murphy pur senza essere americano, ma sta studiando l'inglese per cui chissà; anche Laurent Lafitte, che è molto popolare in Francia per un one man show di grande successo, è alquanto divertente.
Alla fine abbiamo un ibrido interessante anche se non completamente riuscito, soprattutto a causa di qualche lacuna di troppo nella sceneggiatura e di un finale troppo sbrigativo, che lascia comunque aperta la possibilità di un sequel e magari l'inizio di una nuova franchise. Il regista David Charhon, che viene dal mondo della pubblicità (Playstation, Renault), si è avvalso della collaborazione di Alain Duplantier per la fotografia e di Ludovic Bource per la musica. Il primo specialista di film d'azione (Killer Elite), il secondo addirittura premio Oscar per la commedia The Artist: a sottolineare ancor di più la commistione dei due generi voluta dal regista sin dalle intenzioni di partenza.

Movieplayer.it

3.0/5