Recensione Die Hard - Un buon giorno per morire (2013)

Alla fine dei conti il film si riduce ad una concatenazione ininterrotta di mirabolanti scene d'azione, alcune davvero divertenti, tralasciando però quasi totalmente la cura della sceneggiatura che manca dell'ingrediente fondamentale dell'intera saga, l'ironia.

Vizi di famiglia

E' nato come un flirt ma il matrimonio tra Bruce Willis e la saga di Die Hard festeggia quest'anno le nozze d'argento. Era il 1988 quando il roccioso attore interpretò per la prima volta il ruolo del poliziotto newyorkese John McClane nell'adrenalinico Trappola di Cristallo salvando, non senza difficoltà, l'adorata moglie e tutti gli altri ostaggi dalle grinfie di una banda armata di criminali dell'ex-Germania Est. La prestanza fisica di Willis, la spiccata ironia del personaggio e il successo al botteghino del film, che deve molto anche alle doti del regista John McTiernan, hanno fruttato, ad oggi, ben quattro sequel. Dopo 58 minuti per morire, Die Hard - Duri a morire e Die Hard - Vivere o morire arriva questo Die Hard - Un buon giorno per morire, il quinto film che mette al fianco del nostro sarcastico ed energico eroe un co-protagonista giovane dal carattere non proprio malleabile. Gli anni passano, i figli crescono e a distanza di venticinque anni i guai familiari per il vecchio John non sono ancora finiti perché la notizia dell'arresto del figlio maggiore Jack, avvenuto a Mosca, getta nuovamente scompiglio nella vita raramente tranquilla dei McClane.


Durante una complessa operazione anti terrorismo il ragazzo, che lavora sotto copertura a servizio della CIA e da due anni non ha contatti con il padre, viene arrestato in Russia ed è proprio nell'affollata metropoli che papà John si reca per una breve 'vacanza' di riconciliazione con il figlio. Tra un inseguimento, un'esplosione, una sparatoria e voli nel vuoto dal ventesimo piano i due si rincontrano e a modo loro si riavvicinano, capendo di essere molto più simili di quanto credessero. Il tutto in barba alla mafia russa, alla CIA, ai trafficanti d'armi e alla polizia che deve fare i conti con un testimone chiave in fuga e con una città ingestibile gettata nel caos da due americani decisi a portare a termine la loro missione.

Die Hard - Un buon giorno per morire racchiude in ognuna delle sue spericolate sequenze l'inequivocabile prova di come il cinema d'azione sia cambiato in questi venticinque anni: via lo humor, via ogni pausa e via libera alle scorribande più impensabili tra le strade di Mosca, ad interminabili sparatorie e a bombardamenti apocalittici. Alla fine dei conti il film si riduce ad una concatenazione ininterrotta di mirabolanti scene d'azione, alcune davvero divertenti, tralasciando però quasi totalmente la cura della sceneggiatura che, a conti fatti, manca dell'ingrediente fondamentale che aveva rappresentato il punto di forza dell'intera saga, e cioè l'ironia. Dopo i cinque minuti iniziali tutto si trasforma in un enorme videogioco sparatutto in cui il numero dei morti, delle auto distrutte e dei proiettili esplosi è inversamente proporzionale al numero di battute recitate da un cast di attori di grande presenza scenica e prestanza fisica che però non riescono a tenere il passo del carismatico dell'inossidabile protagonista. Su tutti lo statuario Jai Courtney, protagonista del serial tvTVSpartacus trasmesso in Italia da Sky, che probabilmente anche per colpa della superficialità della sceneggiatura ci appare molto più a suo agio nel mettere in mostra muscoli e doti atletiche che non a fare da spalla alla brillantezza di spirito di papà Bruce.

Un film convulso e adrenalinico che forse accontenterà i palati più giovani ma che senza dubbio lascerà un po' d'amaro in bocca a chi ricorda ancora a memoria le battute del rude John McClane/Bruce Willis in Trappola di cristallo, quel poliziotto sfrontato che si congedava dal suo avversario, dopo un confronto dialettico vinto per k.o., con un secco "Hippy ya ye pezzo di merda!". Ma quelli, come dicevamo prima, erano decisamente altri tempi.

Movieplayer.it

2.0/5