Recensione Dallas Buyers Club (2013)

Il film appartiene totalmente ai suoi interpreti, su tutti, lo straordinario protagonista Matthew McConaughey, che ha trasformato il suo fisico per meglio entrare corpo scarnificato di Woodroof.

Stelle solitarie

Ron Woodroof è un elettricista che ha molti punti fermi nella vita. Il primo, essere etero, non lasciarsi sfuggire alcuna conquista femminile; il secondo, essere invincibile. Niente e nessuno potrà mai scalfire la sua corazza di uomo del Texas, abituato a prendere il toro per le corna. Il terzo, potersi permettere il lusso di 'sgarrare', perché in fondo la vita va vissuta pienamente, prendendosi tutti i rischi del caso. Siamo negli anni '80, una misteriosa malattia si sta diffondendo a macchia d'olio, colpisce gli omosessuali e i tossicodipendenti. Ron non crede di poter essere una vittima dell'Aids, fino a quando, in seguito a un incidente, non viene ricoverato in ospedale. I medici gli danno 30 giorni di vita. Disperato, ma non abbattuto, l'uomo chiede di poter far parte della sperimentazione dell'AZT, l'unico anti virale conosciuto per combattere la Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita, ma la sua richiesta viene respinta. Inizia così una ricerca personale che lo porta a scoprire dei farmaci alternativi, a quanto pare molto efficaci, non ancora approvati dal ministero e dalla potentissima Food and Drug Administration; arriva in Messico dove grazie all'opera del dottor Vass sperimenta sulla sua pelle nuove terapie che decide di portare illegalmente negli USA. Trova nel transessuale Rayon una spalla inaspettata e insieme decidono di fondare il Dallas Buyers Club, una sorta di associazione che fornisce i farmaci dietro il pagamento di una quota mensile. Le medicine che Ron cerca di racimolare in giro per il mondo si dimostrano efficaci per combattere i sintomi dell'Aids, proprio per questo il club entra nel mirino del governo, ma diventa sempre più un centro propulsivo per la cura della malattia, un luogo in cui i malati trovano umanità e sostegno. Ron muore nel 1992, a sette anni dalla prima diagnosi.


Dallas Buyers Club, nuovo lungometraggio del canadese Jean-Marc Vallée, è un'opera che si presta a diverse chiavi di lettura; pur priva di veemenza e furore pasionario va considerata come un atto d'accusa nei confronti dello strapotere delle lobby del farmaco, pronte a monetizzare tutto, anche la malattia. E' inoltre il racconto puntuale di una precisa epoca storica, in cui, nonostante tutto stesse per cambiare, si era ancora arroccati su vecchie concezioni, vecchi ideali; ma è soprattutto la parabola di un uomo costretto dalla malattia più terribile a cambiare prospettiva e modo di pensare. Per questo Dallas Buyers Club è un film che appartiene totalmente ai suoi interpreti, su tutti, lo straordinario protagonista Matthew McConaughey, che ha trasformato il suo fisico per meglio entrare corpo scarnificato di Woodroof. Non siamo certo nuovi ad exploit del genere nel mondo del cinema, tanti sono stati gli attori che come McConaughey hanno perso chili (o al contrario sono ingrassati) per obblighi di copione, ma in questo caso la mutazione si è rivelata fondamentale per riscaldare il film di Vallée.

L'opera infatti, anche per la sua lunghezza, soffre di un'eccessiva monotonia e sono proprio le impennate degli attori, il loro dolore, la loro disperazione a infiammarlo. L'incedere della storia è scandito prima dal conto alla rovescia relativo ai giorni di vita rimasti per Ron, poi, una volta attraversato quel confine, dalla lenta trasformazione dell'uomo. Playboy, spacciatore, razzista, omofobo, Woodroof è la quintessenza di un'America arcaica, rude e violenta che si sgretola quando tutte le certezze vengono meno; Ron/McCounaughey modifica la debolezza in forza, senza alcuna conversione sulla strada di Damasco, ma seguendo un iter partito con la non rassegnazione alla malattia e proseguito poi con la lotta al fianco di altri malati. L'Aids non è stato solo una morbo mortale, ma è diventato anche il mezzo utilizzato da nuovi e vecchi moralisti per imporre la propria etica e, come mostra benissimo il film, il terreno di scontro tra le grandi multinazionali del farmaco e i sostenitori delle cure alternative. L'opera di Vallée si addentra in questo territorio con gli occhi ben aperti, senza ricorrere a inutili artifici e ci regala dei momenti di grande intensità e umanità, in cui brillano luminosi i duetti tra McCounaughey e Jared Leto, la scatenata Rayon, e altri più stanchi e ripetitivi. Dovessimo scommettere qualche euro, però, l'Oscar a McCounaughey non dovrebbe toglierlo nessuno.

Movieplayer.it

3.0/5