Recensione Come il vento (2013)

Presentato fuori concorso a Roma, Come il vento di Marco Simon Puccioni, racconta la vita di Armida Miserere, prima donna a dirigere un carcere alla fine dello scorso secolo: non è un film carcerario e nemmeno un film sulla mafia, ma il ritratto di un personaggio tragico e appassionato, interpretato alla perfezione da un'intensa Valeria Golino.

'Perché vento sono stata'

Il film di Marco Simon Puccioni è liberamente ispirato alla vita di Armida Miserere, una delle prima donne a dirigere una prigione in Italia, che ha saputo affermarsi in un ambiente ancora militarizzato e maschilista, quello carcerario, che è diventato il suo microcosmo di vita, al quale si è asservita anima e corpo; all'interno di esso ha trovato l'amore, quello per l'educatore Umberto Mormile, e, sempre per un ordine partito dall'interno di un carcere, questo amore le è stato tolto e strappato via. Protagonista di una vicenda umana drammatica e interessante, fatta di apparenti contraddizioni: si era fatta la reputazione di dura, rigida e inflessibile "Il carcere deve essere un carcere, non un hotel a 5 stelle", ma la sua vita è stata un continuo tentativo di mantenere vivo il suo lato più umano e femminile. Il rigore morale, il senso del dovere, il suo lavoro come una missione, a partire dalla metà degli anni Ottanta, subito dopo l'entrata in vigore della legge Gozzini che affermava la "funzione rieducativa della pena", l'hanno resa per certi versi un personaggio anche scomodo, malvista dallo stesso sistema al quale ha dedicato la sua vita.


Il film si concentra soprattutto sui quasi quindici anni successivi all'assassinio del Compagno Umberto Mormile (Filippo Timi) avvenuto nel 1990, anni in cui Armida accetta le assegnazioni più dure, come Pianosa nel 1993, fino all'Ucciardone nel 1996. "Andrò dove nessuno vuole andare", fiera e determinata nell'incrollabile volontà di fare luce prima o poi sui mandanti dell'omicidio del sempre rimpianto Umberto "gli ordini degli omicidi vengono da dentro, la verità è nascosta nel carcere". Perennemente sotto scorta, al centro della linea di fuoco della lotta tra Stato e crimine organizzato, prosegue nella sua missione, determinata nel seguire le regole e applicare i regolamenti alla lettera. Fino ad arrivare dopo anni finalmente a far luce sulla verità, un amaro successo, le ombre gettate sulla vita di Umberto, con la cui posizione e il suo essere esposto ai tentativi di corruzione che gli furono non solo fatali allora, ma che ora rischiano di infangarne la memoria: preludio al tragico epilogo a Sulmona nel 2003, dove Armida si arrende ad una vita dove non c'è più posto per l'amore e per la speranza agognate, e scoperti finalmente i mandanti dell''omicidio Mormile, forse è venuta a mancare l'unica ragione che la spingeva ad andare avanti, o forse è prevalso il desiderio di raggiungere finalmente l'unico amore della sua vita.

Non un film sulla mafia sicuramente, Come il vento, e tanto meno la celebrazione della vita di un eroina: piuttosto l'indagine e lo studio di un personaggio, delle pieghe del suo animo, dove albergavano contemporaneamente forza e fragilità, che anche nella determinazione di una vita votata alla lotta per una giustizia "giusta", non ha mai rinunciato, fino alla resa finale, a cercare l'amore e alla speranza di "una vita tranquilla". Fiaccata e provata dagli eventi, la voglia di vita, di amore, il desiderio di provare emozioni non è mai svanito completamente dentro Armida, la passione brucia e riaffiora prepotente ogni volta che un spiraglio si apre, con la speranza di un nuovo amore, per un uomo, per un figlio. La tragicità, le contraddizioni e l'intensità del personaggio emergono in maniera efficace, grazie ad una regia attenta e misurata, priva di enfasi e di retorica, con Puccioni che segue il suo personaggio con lo stesso rigore con il quale questo affrontava la vita: ma soprattutto grazie ad una straordinaria Valeria Golino che riesce a conferire il giusto equilibro di fierezza e passione ad Armida, con un'interpretazione che non esce mai fuori dalle righe, le luci e le ombre che si alternano sul suo volto ci restituiscono tutta la drammaticità del personaggio senza nemmeno per un momento renderlo lacrimevole o pietoso. E colpisce dritto al cuore.

Movieplayer.it

4.0/5