Recensione Breaking Horizon (2012)

Un modo senz'altro inusuale di trattare il tema della maternità quello usato dalla Beck, che con qualche eccesso dark e qualche lacrima di troppo, ci racconta i turbamenti e le solitudini struggenti di una giovane donna in attesa di un figlio e di un futuro che sembrano non arrivare mai.

La vita a un bivio

Lara ha ventisei anni, sta per laurearsi in architettura e vive in un delizioso appartamento grazie all'aiuto dei suoi genitori. Nonostante l'ampia scelta di opportunità che la vita le offre lei si sente inquieta e inspiegabilmente insoddisfatta tanto che passa quasi tutte le notti in giro per locali a fare baldoria con l'amica del cuore Nora. Dopo una serata storta in cui l'amica le ruba l'occasione tanto attesa di avvicinarsi al loro fascinoso professore, che sembrava ricambiare la sua simpatia, Lara cerca conforto in una pasticca di ecstasy ed un'avventura di sesso con uno sconosciuto. Qualche settimana dopo scopre di essere incinta e, dopo un comprensibile momento di confusione e nonostante si consideri ancora una bambina, la ragazza sceglie di accettare la sfida della maternità anche per dimostrare a sua madre e a tutti quelli che la vedono come una buona a nulla di essere in grado di farcela. Per la 'piccola' Lara è finalmente arrivato il momento di dare un senso alla sua vita e diventare grande. Un'esperienza forte e travolgente che ad un certo punto prenderà una piega tragica accelerando in maniera vertiginosa il suo ingresso nel mondo degli adulti.

Dramma interamente al femminile per il lungometraggio d'esordio della trentenne tedesca Pola Beck, grande appassionata di fotografia e d'arte, che confeziona un'opera fatta di contrasti e verità incontrovertibili: la nostra vita è scandita da un susseguirsi di attimi fuggenti, di deviazioni su binari inaspettati che talvolta allungano il percorso che porta verso l'orizzonte. E' in quei precisi momenti che dobbiamo decidere, capire e volere fortemente qualcosa per poter avere il privilegio di proseguire il nostro cammino senza rimpianti e senza aver paura di tradire le aspettative di chi ci vorrebbe diversi da quello che siamo. E' per questo che Lara sceglie di mentire a tutti quando la dottoressa le comunica che il feto ha smesso di vivere dentro di lei. Dire la verità sarebbe come accettare una sconfitta e rimettere in discussione l'unica decisione presa in totale autonomia in tutta la sua vita. Al dolore straziante di ogni donna per la perdita del figlio si aggiunge per Lara la sofferenza per aver fallito l'occasione, forse irripetibile, di un riscatto personale a lungo atteso.
Breaking Horizon racconta come gli adulti giovani di oggi abbiano perso quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist, lo spirito del tempo, e di come perpetuino nella convinzione che il presente durerà per sempre come la possibilità di scegliere la strada da percorrere. Un film che si contraddistingue per la pulsante vivacità delle immagini, accentuata da un uso spasmodico della messa a fuoco e dei primi piani, per la potenza interpretativa della straordinaria giovane attrice protagonista Aylin Tezel, dall'impressionante somiglianza con Noomi Rapace, e per le ottime intuizioni registiche e visuali della cineasta tedesca. Pregi che non vanno però sempre di pari passo con una sceneggiatura altalenante che a tratti perde di lucidità e non riesce a sviluppare appieno la psicologia della protagonista e quella dei personaggi che le ruotano intorno impedendo così allo spettatore di comprendere fino in fondo la sua visione dei rapporti umani e le sue pulsioni sentimentali. Un modo senz'altro inusuale di trattare il tema della maternità quello usato dalla Beck, che con qualche eccesso dark e qualche lacrima di troppo ci racconta, sulle note di un'ipnotica colonna sonora post-rock, i turbamenti e le solitudini struggenti di una giovane donna in attesa di un figlio e di un futuro che sembrano non arrivare mai.

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3.0/5