Recensione Black Star - Nati sotto una stella nera (2012)

Nonostante le numerose ingenuità della messa in scena e la faciloneria di certe soluzioni di sceneggiatura Black Star riesce, grazie alla sua genuinità e alla piacevole colonna sonora dei Bufalo Kill, a conquistare la simpatia di chi guarda e a mettere in risalto la schiettezza e l'entusiasmo del suo autore.

Palla prigioniera

In un trascurato campo di calcio della periferia di Roma si allena una squadra di calcio molto particolare. Gabriele, Gianluca e Giulietto da tempo si occupano di un gruppetto di ragazzi che, nel loro paese d'origine, sono stati costretti per motivi diversi ad una migrazione forzata verso le nostre coste. Soli e abbandonati a loro stessi in una grande metropoli non hanno assunto solo lo status di rifugiati politici ma si sono anche fisicamente rifugiati in un luogo in cui riescono a non pensare alla loro condizione, in cui si sentono di far parte di un progetto, in cui riescono a sorridere e a non sentirsi abbandonati a loro stessi. Tutto cambia quando alcuni abitanti del quartiere decidono di formare un comitato con l'intenzione di liberare la loro 'terra' dallo straniero e riappropriarsi di uno spazio regolarmente affidato dal comune al progetto di integrazione che ha dato vita alla squadra. E così in poco tempo, in seguito a un'ordinanza di sgombero ottenuta con mezzi non proprio ortodossi, il campetto di calcio diventa una sorta di Terra Promessa da difendere con le unghie e con i denti, perfino con l'occupazione a oltranza. Sotto gli occhi delle forze dell'ordine inizia così una guerra tra poveri intrapresa, da una parte, da uomini provati dalla disoccupazione e dal degrado sociale, e dall'altra da ragazzi che hanno perso le loro radici, le loro famiglie e non si rassegnano a dover perdere la libertà di giocare.


Costruito su intuizioni narrative e registiche dal grande potenziale, Black Star - Nati sotto una stella nera riesce a far sorridere, riflettere e in qualche momento anche a commuovere, ma rimane per gran parte del tempo imbrigliato in una sceneggiatura prevedibile, appesantita dal continuo e brusco cambio di toni e da troppi luoghi comuni, una sceneggiatura che nel finale (anzi nei finali perché ce n'è almeno uno di troppo) si fa troppo didascalica inzuppandosi di retorica e assumendo i contorni di una sdolcinata fiction televisiva. Concepito ad uso e consumo dello spettatore non troppo esigente, il film d'esordio di Francesco Castellani soffre di una non sempre perfetta recitazione del cast e di un'impalpabile definizione dei personaggi, fondamentalmente raggruppati in due fazioni e schierati in campo senza prestare particolare attenzione alla loro caratterizzazione e all'approfondimento emotivo.

Peccato che Castellani, nonostante avesse all'attivo sull'argomento già un film televisivo e un documentario, non sia riuscito a dare un'impronta decisa, equilibrio e ritmo ad una storia che parla di calcio, senza peraltro mai mostrarci una partita, che è sì in parte inventata ma è ideata e costruita a partire da un progetto vero (i Liberi Nantes Football Club esistono veramente e giocano fuori classifica nel campionato di Terza Categoria) portato avanti con grande fatica e impegno dai suoi promotori. Rimbalzando più volte dalla commedia leggera al dramma e dal realismo alla favola surreale, il film non riesce a convincere fino in fondo ma riesce, seppur in maniera un po' grezza, a toccare i sentimenti dello spettatore e a far passare il messaggio di cui si fa portatore. Non era di certo facile parlare di argomenti complessi e scottanti come l'immigrazione e l'integrazione, mettendoci in mezzo anche il precariato, il disagio giovanile e il degrado delle periferie, il tutto in una storia che vuole principalmente far sorridere.
Nonostante le numerose ingenuità della messa in scena e la faciloneria di certe soluzioni di sceneggiatura Black Star riesce, grazie alla sua genuinità e alla piacevole colonna sonora dei Bufalo Kill, a conquistare la simpatia di chi guarda e a mettere in risalto la schiettezza, l'entusiasmo e la buona fede di Castellani; è encomiabile l'impegno dell'autore profuso nel portare avanti un importante discorso sulla diversità, sulla condivisione e sull'immigrazione, un impegno che lo ha portato a vincere la sfida nonostante le difficoltà distributive che hanno rischiato di compromettere l'uscita in sala del film. Non bisogna aver paura di parlare di sogni o di stare dalla parte giusta né bisogna perdere tempo a cercare un modo giusto per dire le cose giuste, talvolta è sufficiente dirle, così come ci escono dal cuore.

Movieplayer.it

2.0/5