Recensione All'ultima spiaggia (2012)

L'esordio alla regia di Gianluca Ansanelli prende spunto da un immaginario reality show per collegare insieme, in forma di commedia, quattro storie diverse; accomunate, nelle loro difformità, da personaggi che sono vittime di precarietà esistenziale.

Disperazioni da reality

E' uno spunto "moderno" per eccellenza, quello di All'ultima spiaggia. I reality televisivi sono, d'altronde, specchio deformante della realtà moderna, realtà che è stata resa negli ultimi anni ancora più complessa da una crisi che continua a mordere il tessuto sociale, in estensione e in profondità. L'esordio alla regia di un lungometraggio di Gianluca Ansanelli (poliedrico artista proveniente dalla tv e dal teatro) cerca dunque di offrire uno spaccato, in forma di commedia, di questa realtà, di alcuni dei personaggi che la abitano, e della fascinazione esercitata in generale, sulla società italiana di questi anni, da una forma di spettacolo come quella del reality. La mente corre subito (inevitabilmente) all'ultimo film di Matteo Garrone: ma è un paragone che, a scanso di equivoci, va subito accantonato. La commedia di Ansanelli è più "popolare" e si rivolge ovviamente a un target ben diverso da quello di Reality, mentre la sua struttura è ben più corale. Inoltre, laddove Garrone fa del Grande Fratello un fulcro tematico della sua storia, e un motore della montante ossessione del protagonista, il film di Ansanelli prende l'immaginaria trasmissione del titolo come un semplice spunto, un collante che unisce storie tra loro diverse; storie accomunate solo da protagonisti che hanno come caratteristica quella di essere appunto "all'ultima spiaggia", vittime di una precarietà esistenziale che si riverbera sulle loro vicende.


Le storie in questione sono, appunto, storie dei nostri tempi: quella del triangolo costituito da Ester, Ramona e Riccardo, con le prime due coppia lesbica in cerca di seme per avere la gioia di un figlio, e il terzo piantato senza spiegazioni dalla prima per poi essere (forse) ripescato; quella della guardia giurata Paolo e della sua tragicomica rapina nella banca in cui lavora, dopo l'ennesimo rifiuto alla richiesta di concessione di un mutuo; quella di Antonio e di Carmen, ignaro borgataro romano lui, ex pornostar dominicana lei, il cui passato verrà impietosamente alla luce generando una catena di rivelazioni, equivoci ed eventi grotteschi; e infine quella di Fabio, imprenditore romagnolo che, dopo aver ampliato il giro dei suoi affari con un investimento a Napoli, si ritrova colpito da infarto e in attesa di un intervento chirurgico in un ospedale partenopeo, in compagnia di un (per lui) insopportabile intrallazzatore locale. A fare da trait d'union al tutto, lo show televisivo che dà il titolo al film, un reality la cui mission è appunto la ricerca di gente disperata, di un sottobosco umano variopinto e caratterizzato dal patetismo: oltre ai già citati protagonisti, vediamo gli interventi di precari di varia natura, insegnanti e genitori esasperati dai tagli alla scuola pubblica, oltre a grotteschi e catatonici adolescenti emo. Storie del nostro tempo, quindi, almeno nella coloritura e nei temi (o almeno in alcuni di essi) affrontati; ma è da dire che, nel taglio narrativo e registico, nel modello di comicità che propone, il film di Ansanelli occhieggia piuttosto al passato, ad alcuni esempi di comicità anni '80 (vengono in mente i fratelli Vanzina) e persino a un tardo recupero dei modelli della commedia all'italiana.

Lo stesso motivo dello show televisivo si rivela di fatto, come già accennato, poco più di un pretesto per legare insieme vicende tra loro abbastanza difformi: eliminando, ipoteticamente, gli intermezzi con le sequenze del reality, oltre al prologo (in cui vediamo anche un divertente cameo di Ricky Tognazzi) e all'epilogo, avremmo quattro cortometraggi perfettamente autosufficienti, caratterizzati, stilisticamente, anche da differenze abbastanza marcate. Non era propriamente una battuta, evidentemente, quella del regista, quando ha affermato di aver esordito non con uno, ma in un certo senso con quattro film diversi. Così, se l'episodio interpretato da Paola Minaccioni, Nicole Grimaudo e Dario Bandiera appare il più contemporaneo e registicamente vivace, quello con Giuseppe Giacobazzi nel ruolo della guardia giurata si pone come improbabile parodia del film di rapina (con alcune citazioni - un po' gratuite - da Le iene, e persino inserti fumettistici), mentre gli altri due occhieggiano l'uno ad un modello di commedia popolare, pur virata alla caricatura, che non ha mai smesso di abitare il nostro cinema, l'altro addirittura alla farsa napoletana, stemperata nel finale da una nota malinconica e persino melodrammatica. Il tutto, mantenendo comunque un buon ritmo (con una personale predilezione, da parte nostra, per il primo e l'ultimo episodio) e grazie anche a interpreti navigati e generalmente simpatici (aggiungiamo, tra gli altri, Antonio Giuliani e Carmine Faraco, rispettivamente nei ruoli dei più classici personaggi romano e napoletano). La sceneggiatura gioca con gli stereotipi e abbozza caratteri più che delinearli, ma l'operazione è quasi sempre consapevole e mirata a esprimere una comicità leggera, che eviti le trappole della volgarità e possa essere fruibile anche da un pubblico di famiglie. Il limite di All'ultima spiaggia sta però nella sua stessa concezione, quella di un collage un po' fine a sé stesso di vicende slegate tra loro, con un andamento discontinuo e un ritmo comico non sempre al meglio. Gli amanti di un modello di commedia disimpegnata e non volgare, e i fan dei vari interpreti (quasi tutti di provenienza teatrale) che si alternano sullo schermo, dovrebbero comunque apprezzare.

Movieplayer.it

3.0/5