Recensione Alex Cross - La memoria del killer (2012)

L'Alex Cross di Patterson torna sul grande schermo con il volto di Tyler Perry in un prequel che calca meno la mano sull'approfondimento dei personaggi e sulla costruzione della tensione concentrandosi più su un'impostazione da action thriller vecchio stile.

Nel mirino del killer

Quando si è protagonisti di ventuno romanzi in vent'anni, il passaggio al grande schermo è inevitabile e va trovata solo la giusta chiave di lettura perchè l'operazione raggiunga il riconoscimento sperato.
E' quello che capita ad Alex Cross, detective e psicologo di stanza a Washington dove collabora con l'FBI, nato dalla penna di James Patterson, e fin qui ritratto sul grande schermo da Morgan Freeman ne Il collezionista del 1997 e Nella morsa del ragno del 2001. Ma per la terza apparizione del personaggio si cambia strada: un passo indietro per metter su un prequel/reboot non tratto direttamente da uno dei suddetti ventuno romanzi, che mostri le origini del personaggio, interpretato da un più giovane Tyler Perry, nei suoi giorni al servizio della polizia di Detroit.
In questa nuova (o vecchia) indagine, Cross interviene in seguito all'apparizione in città di un sadico assassino chiamato Picasso, che seda, tortura ed uccide le sue vittime, appartenenti al mondo degli affari.
Ma l'intervento di Cross attira su di sèlui le attenzioni del killer, costringendolo ad una lotta serrata per proteggere tutto ciò che gli è più caro dalle mire del pericoloso criminale.


A differenza delle precedenti apparizioni del personaggio, Alex Cross - La memoria del killer, diretto dall'esperto d'azione Rob Cohen, vira verso una direzione più vicina ai precedenti lavori del regista, calcando meno la mano sull'approfondimento dei personaggi e sulla costruzione della tensione e concentrandosi più su un'impostazione da action thriller vecchio stile.
I primi passi non sono da buttare, con un'alternanza di sequenze opposte che introducono sia la tranquilla vita familiare del protagonista che la perversione del killer Picasso. Facciamo la conoscenza di quest'ultimo, un tiratissimo ed eccessivo Matthew Fox, nel corso di un incontro di lotta che domina con crudeltà, ma è la successiva tortura ai danni della donna d'affari Fan Yau che completa il suo profilo ed illustra la deriva della sua personalità sociopatica.
La svolta drammatica delle indagini, il maggior coinvolgimento di Cross, accrescono il tono drammatico del secondo atto, cambiando l'impostazione della pellicola. Si tratta di una scelta consapevole, che però Cohen non riesce a gestire ed è evidente nella parte finale di Alex Cross, che perde focus e sembra girare a vuoto con ritmo frettoloso e superficiale.

D'altronde il poco approfondimento è un difetto presente fin dalle prime battute: la sceneggiatura di Marc Moss e Kerry Williamson non cerca mai di dare il giusto risalto a quanto accade e le stesse intuizioni di Cross, che determinano la sua abilità investigativa, non sono mai spiegate, ma date per scontate senza dar loro la giusta valenza.
Poco equilibrato e confusionario sia nella regia che nella scrittura, Alex Cross non eccelle nemmeno per quanto riguarda l'aspetto interpretativo: Perry cerca di mettere il suo carisma al servizio del personaggio, ma non ha lo spessore del Morgan Freeman che ha dato vita alla sua versione più matura; mentre intorno a lui gravitano una schiera di attori di provenienza televisiva, dalla Rachel Nichols di Continuum a Giancarlo Esposito, fino ovviamente all'antagonista Picasso, che ha il volto del Matthew Foxche ha raggiunto la visibilità internazionale con Lost, coadiuvati di veterani di richiamo come Jean Reno.
Nonostante i difetti del film, la produzione sembra credere a Perry nel ruolo creato da Patterson e resta ancora concreta la possibilità di un sequel. Non possiamo che sperare che in tal caso si riesca ad aggiustare il tiro e mettere a fuoco i punti di forza del personaggio, che non mancano.

Movieplayer.it

2.0/5