Quentin Tarantino, il mago dell'exploitation

L'uomo che ha cambiato il cinema degli anni '90 con Pulp Fiction è un autore in senso pieno, che per dare il meglio di se stesso deve avere in mano il controllo totale di ogni dettaglio del film.

E' nato a Knoxville negli Stati Uniti nel marzo del 1963, ha un'adolescenza non proprio idilliaca, un viso particolarmente buffo, una parlantina da guinness dei primati. E' famoso per avere lavorato alla Video Archives di Manhattan Beach, dove ha modo di vedere miriadi di film di ogni tipo e di conoscere bizzarri individui, star del cinema in ascesa ed in declino. Cinematograficamente, questa è a tutti gli effetti, la sua poco accademica formazione, Oggi, è probabilmente il regista più celebrato degli ultimi dieci anni. Molto si è detto e scritto di lui, ma per capire a pieno il personaggio e l'artista Quentin Tarantino, è necessario comprenderne alcune caratteristiche che ne hanno decretato, insieme al suo indiscutibile talento, la dilagante e plebiscitaria affermazione, specie tra le file del pubblico più giovane e smaliziato. Tarantino è un fanatico del cinema (nell'accezione più feticistica possibile del termine), un consumatutto ossessivo senza la puzza sotto il naso, un uomo che a detta di Uma Thurman, e non solo di lei, conosce il nome di ogni attore di ogni maledetta serie televisiva esistente. Per lui il cinema è mito e spettacolo (come per Sergio Leone, non a caso il suo regista preferito), centrifuga di generi, ridondanza, torpiloquio: in una parola exploitation. Di lui il pubblico si fida, perché sa che ha gli stessi gusti dei suoi fruitori, perché non si barrica dietro ideologismi o necessità estetico-pedagogiche, perché ama divertirsi e fare divertire, perché preferisce leggere Bunker piuttosto che Balzac o vedere Coffy invece di La corazzata Potemkin, perché non cerca la catarsi, perché non si vergogna di amare la violenza e l'eccesso nel cinema, perché soprattutto libera il pubblico dal senso di colpa del puro intrattenimento.

Eppure il caro Quentin, non è solo un abile maniaco del cinema con il gusto dell'ammiccamento e le ambizioni metacinematografiche, non è solo un logorroico, post-moderno, divoratore di b-movie. No, l'uomo che ha cambiato il cinema degli anni '90 con Pulp Fiction è un autore in senso pieno, che per dare il meglio di se stesso deve avere in mano il controllo totale di ogni dettaglio del film: dalla sceneggiatura, al montaggio, dalla musica alla scenografia. In questo senso non è distante dal grandissimo Orson Welles, con il quale condivide anche la repentina ascesa e il devastante impatto nell'immaginario. Tarantino è quindi: un regista straordinario, dotato di un talento visionario, fuori dal comune e uno sceneggiatore inarrivabile; il suoi ultimi Kill Bill: Volume 1 e Kill Bill: Volume 2 ne sono l'ennesima, coraggiosa conferma. Coraggiosa perchè, invece di adagiarsi sulle sue comprovate qualità, (su tutte i suoi deliranti e irresistibili dialoghi, marchio di fabbrica più pregnante di Tarantino), le due pellicole puntano decisamente sull'aspetto visivo, gioca ancora una volta con la narrazione e sommerge in pieno lo spettatore sotto un'onda continua di immagini, suoni, sangue e duelli entusiasmanti.
Diffidate dalle imitazioni e dalle invidie, Tarantino è qui per rimanere e di cose da dirci ne ha ancora moltissime.