Recensione It Might Get Loud (2008)

Nel raccontare il loro rapporto con il loro strumento d'elezione, la chitarra elettrica, e genericamente con la musica, Jimmy Page, The Edge e Jack White parlano delle proprie radici, delle fasi della loro carriera, e le immagini accompagnano la narrazione regalandoci un'autentica cornucopia di deliziose curiosità.

Ode alle sei corde

Dopo l'Oscar conquistato grazie a Una scomoda verità, Davis Guggenheim rimane sempre nel territorio del documentario ma cambia completamente tema; dall'ecologia si passa alla musica rock, dal premio Nobel Al Gore a tre personalità che hanno calcato la scena musicale per tre generazioni da protagonisti, tre celebri chitarristi molto differenti tra loro: Jimmy Page (ex Led Zeppelin), The Edge (U2) e Jack White (The White Stripes e Raconteurs)
Ogni ulteriore presentazione appare superflua, i tre nomi di cui sopra parlano da soli, e tanto basterebbe a raccomandare questo documentario a tutti gli appassionati rock ed in particolare di chitarra elettrica; ma It Might Get Loud è anche il risultato di un lavoro sopraffino a livello di concezione, realizzazione e montaggio, e riesce a delineare tre diverse personalità, tre stagioni della storia del rock, tre filosofie musicali con grande nitidezza e intensità, riuscendo per di più trascinante e divertente.

It Might Get Loud separa e unisce i suoi tre eroi. Le troupe li vanno a trovare nei rispettivi luoghi d'origine, così visitiamo Dublino con The Edge, i dintorni di Londra con Page, e vari angoli del sud degli Stati uniti con White. Nel raccontare il loro rapporto con il loro strumento d'elezione, la chitarra elettrica, e genericamente con la musica, i tre parlano delle proprie radici, delle fasi della loro carriera, e le immagini accompagnano la narrazione regalandoci un'autentica cornucopia di deliziose curiosità.
A ogni artista è associato uno stile di narrazione: più old fashioned e tradizionale per il chitarrista degli Zeppelin, poetico e immediato per quello degli U2, mentre i racconti di Jack White sono graffianti e scanditi da belle elaborazioni grafiche. Il risultato è che le loro personalità emergono nella luce più consona, e così i loro stili chitarristici: tecnica inarrivabile per Page, grande attenzione alla pulizia del suono e alle possibilità offerte dalla tecnologia per Edge, grinta e sudore per White.

Un'altra linea narrativa, invece, conduce i tre guitar heroes al loro appuntemento: una serata incredibile in cui Edge, Page e White si sono incontrati faccia a faccia, imbracciando i loro strumenti, confrontandosi sulle loro idee musicale, divertendosi come uomini e facendo un po' di musica, che la fortunata crew di Guggenheim è stata tanto fortunata da poter filmare. Perché il trio regala brividi: palpabile è l'ammirazione e l'incanto dei due più giovani di fronte al leggendario Page, che, dal canto suo, è perfettamente a suo agio, e intenerisce l'atteggiamento di White che si mette coraggiosamente al prova di fronte ai blasonati colleghi.
L'alchimia è immediata, ed è evidente che è dovuta al terreno comune, alla passione per la chitarra che unisce personalità, generazioni, spiriti diversi e che viene trasmessa con efficacia anche agli spettatori. Apoteosi ne è la performance che i tre improvvisano alla fine del loro caloroso rendez vous: la celebre The Weight della Band, con tre chitarre e due voci ("I can't sing!", ammette Jimmy), che chiude il film e tiene letteralmente incollati alla poltrona per tutta la durata dei credits.

Movieplayer.it

4.0/5