Locke: l'intervista con il regista Steven Knight

Arriva in sala Locke, storia di un uomo comune alle prese con una scelta molto difficile. Ce ne parla Steven Knight, regista e sceneggiatore della pellicola in sala dal 30 aprile.

Un uomo ordinario, un errore ordinario, una reazione straordinaria. Il britannico Steven Knight, autore del copione di Piccoli affari sporchi e de La promessa dell'assassino e regista che ha fatto della redenzione il fulcro di una poetica antropocentrica e profondamente morale, ha scritto e diretto Locke, nelle sale dal 30 aprile per Good Films. Presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove in molti avrebbero preferito vederlo tra le pellicole concorrenti, Locke registra per novanta minuti la vita di un capo cantiere edile gallese; Ivan lascia dietro di sé un'esistenza coronata dalla realizzazione personale per andare incontro all'ignoto, incarnato nella donna con cui ha tradito la moglie e che sta per partorire suo figlio. L'autore di Redemption - Identità nascoste e della serie Peaky Blinders, voce degli uomini che rischiano tutto per riscattarsi e fare la cosa giusta, ci ha raccontato come è nata la pellicola.

Come le è venuto in mente di girare un film così particolare? Steven Knight: Volevo seguire il processo tipico di un film - prendere un gruppo di persone, spegnere le luci, chiedere loro di assistere a una storia e lasciarsi coinvolgere per 90 minuti da quanto gli si mostra sullo schermo - ma facendolo in un modo diverso. Volevo esplorare l'utilizzo della cinepresa digitale, di notte, nel traffico, creare una sorta di istallazione artistica in movimento, che scorre ipnotica sullo sfondo, mentre in primo piano viene mostrato in tempo reale il viaggio letterale e metaforico di un uomo ordinario la cui vita sta cadendo in mille pezzi come effetto di un unico errore compiuto. Il punto è che non sapevamo se era possibile fare un film interessante dove l'unica azione è quella di un uomo che guida: solo facendolo avremmo potuto avete la risposta, e adesso, dopo aver visto la reazione del pubblico, sappiamo che poteva funzionare.
In Locke spicca questa frase: "La differenza tra mai e una sola volta è la differenza tra bene e male".
La questione morale che emerge dal film è definita in queste poche parole: Locke è sempre stato moralmente inappuntabile, ma per una volta ha ceduto e una notte di alcuni mesi prima ha tradito la moglie. Anche se si è trattato di un evento isolato, secondo quest'affermazione quello che ha fatto lo rende cattivo. Il padre di Ivan in passato ha fatto lo stesso, e Locke non vuole essere come lui, vuole accettarne la responsabilità. La questione alla fine rimane in sospeso: questa frase dice il vero oppure no? Ognuno si fa la sua idea come Ivan si era fatto la sua: prima di tradire la moglie pensava "sì, una è sufficiente", ma forse adesso non lo pensa più.

Per essere corretto nei confronti della donna con cui ha tradito sta per distruggere la sua famiglia.
Per Locke questo punto è essenziale. Ivan si persuade, dopo aver commesso lo stesso errore del genitore, che la mela non cada lontano dall'albero, ovvero che non puoi sfuggire a chi sei perché sei geneticamente destinato a essere come tuo padre. Tuttavia nel viaggio che affronta, Ivan si rende conto che no, puoi scegliere di fare la cosa giusta, e questo lo rende diverso da suo padre.

Come ha realizzato il film, a livello tecnico?
Nel modo più semplice possibile, mettendo tre telecamere all'interno dell'automobile, poi chiamando a uno a uno gli attori che dovevano interagire telefonicamente con Tom a registrare le loro scene. Abbiamo girato tutto il film due volte per ciascuna notte di riprese, dalle nove di sera alle quattro di notte per otto giorni, mentre gli attori secondari se ne stavano in motel a mangiare biscotti e aspettavano che toccasse a loro. Il risultato finale sono più di una dozzina di versioni del film delle quali andavano visionati e selezionati i pezzi migliori, e montati insieme nel modo più fluido possibile, scegliendo la ripresa più riuscita delle tre telecamere digitali Red a disposizione. Ogni sequenza durava mezz'ora, la memoria massima disponibile delle Red.
Ha avuto in mente Tom Hardy come volto di Ivan Locke da subito?
Sì, è l'attore migliore che abbiamo, ed era fondamentale che il protagonista fosse molto bravo per caricarsi il peso di tutto il film. L'ho incontrato per discutere un altro progetto e gli ho buttato lì l'idea di una film con un taglio teatrale dove ci sarebbe stato solo lui e la strada, e mi è sembrato subito molto coinvolto dall'idea. Ho sviluppato la sceneggiatura pensando sempre a lui nella parte di Ivan Locke. E poi volevo dargli l'occasione di interpretare un uomo normale, un uomo pratico, ragionevole, che lavora con qualcosa di reale come il cemento e le costruzioni e ha una famiglia e un lavoro come tanti, e affronta un dramma personale come tanti. Dopo tutti i ruoli eccessivi della sua carriera, volevo offrire a Tom questa opportunità e lui ne è stato contentissimo.