Las Acacias: Pablo Giorgelli racconta il viaggio del suo 'truck movie'

A due anni dal successo ottenuto al Festival di Cannes, il film arriva in Italia grazie a Cineclub Internazionale Distribuzione per dimostrare che raccontare emozioni è ancora un'avventura possibile; abbiamo incontrato il regista nella Capitale.

"Quando siamo stati premiati con la Camera d'Oro al Festival di Cannes nel 2011 ho pensato che si trattasse di un errore, meraviglioso, ma pur sempre di un errore". In questo modo, con la leggerezza un po' fatalista dell'animo latino, il regista argentino Pablo Giorgelli commenta il successo inaspettato ottenuto dalla sua opera prima Las acacias che, dopo aver dominato ne la Semaine de la Critique, arriva nelle sale italiane dal 3 ottobre con due anni di ritardo. Un piccolo miracolo realizzato dalla distribuzione Cineclub Internazionale Distribuzione, tanto coraggiosa da puntare tutto sul valore artistico e umano di un road movie intimista, dove l'incontro tra un camionista duro e nobile con l'apparente fragilità di un neonato racconta la malinconia della solitudine e l'evoluzione di un silenzio interiore finalmente interrotto. Da questo punto di vista il titolo Las acacias, fino ad ora mantenuto in forma originale in tutti i paesi d'uscita tranne che in Norvegia, ha il compito di raccontare proprio la natura forte e spigolosa del protagonista, "sfidata" dal calore materno di una donna pronta ad affrontare il viaggio con uno sconosciuto pur di offrire a sé stessa e a sua figlia un nuovo inizio. Così, lungo la strada che porta dal Paraguay fino a Buenos Aires, Ruben e Jacinta si osservano con iniziale diffidenza mentre la piccola Anahi, del tutto inconsciamente, inizia a costruire un ponte di comunicazione tra i due. "Per questo film volevo un titolo poetico, quasi letterario, e che, soprattutto, non raccontasse immediatamente la vicenda - spiega Giorgelli - Las acacias doveva avere una funzione temporanea in attesa di trovare qualche cosa di più evocativo. Poi, però, mi sono reso conto di quanto fosse metaforico e profondamente in relazione con il protagonista della vicenda. Lui è un'acacia, duro e con la corteccia spinosa sotto la quale si nasconde, però, un'animo ferito dai propri fallimenti. " Così, con sole cinque settimane per girare e pochissimi fondi a disposizione, il regista ha creato la magia di una vicenda quotidiana, silenziosa e profondamente personale che, oltre una superficiale immobilità, cela i molti tumulti che accompagnano l'evoluzione di un'intera vita.

Una sfida che Giorgelli ha sostenuto per cinque anni, progettando fin nei minimi particolari la sceneggiatura e dedicandosi per otto mesi a montare la sua opera prima con la moglie Maria. Tutto questo fa pensare ad un film genuino, "fatto in casa" che, dovendo affrontare evidenti problematiche lavorative ed economiche ha costretto il suo autore a rinunciare ad orpelli visivi per concentrarsi esclusivamente sulle emozioni racchiuse nell'abitacolo di un camion. Ad aiutarlo in questo, però, è stato un casting tanto casuale quanto fortunato, ad iniziare dall'attrice in fasce Naia Calle Mamani. " All'inizio stavo cercando una coppia di gemelli e ne avevo visti già molti. Poi, un giorno ai provini è arrivata Naia. Quando sua madre me l'ha data in braccio, lei mi ha guardato dritto negli occhi senza paura. Da quel momento non ho avuto alcun dubbio. La settimana successiva l'ho inserita con gli altri attori e, magicamente, sono diventati una famiglia".

Una casualità che ha caratterizzato l'arrivo sul set anche di Hebe Duarte, per il ruolo di Jacinta, e German de Silva, per quello di Ruben. " Hebe non ha mai recitato prima di questo film - continua a raccontare con emozione Pablo Giorgelli - a dire il vero era l'assistente di produzione della persona cui era stato affidato il casting in Paraguay e il suo compito era proprio quello di cercare delle possibili Jacinta. Ed alla fine abbiamo trovato lei". German de Silva, invece, è un volto noto per gli appassionati di teatro in Argentina ed ha conquistato il suo primo ruolo cinematografico in modo inaspettato. All'inizio di questa avventura, infatti, c'era la volontà di lavorare con un vero camionista ma, dopo sei mesi di ricerche, ci si è resi conto che una narrazione così intima aveva bisogno di un grande interprete. _"Lui ha compreso perfettamente la natura complessa di Ruben facendola sua e regalando al personaggio un volto e un corpo profondamente segnati dal passaggio della vita." _