Recensione Remember Me (2010)

Robert Pattinson ed Emilie De Ravin nei ruoli di due ragazzi dal passato difficile. Gli ingredienti per una commovente storia d'amore ci sono tutti.

La terapia dell'amore

Tyler sembra avere tutto quello che si possa desiderare: è ricco, è bello, frequenta con scarsa convinzione l'università e si gode il più possibile la vita notturna. Ma il ricordo del suicidio del fratello Michael non smette di tormentarlo, ed è solo immaginando di confidarsi con lui che Tyler riesce a esprimere tutta la propria rabbia nei confronti del padre, indifferente alla propria famiglia e dedito unicamente al lavoro, e la disillusione che prova per la propria esistenza e per il proprio futuro. Nemmeno un arresto per rissa sembra scuoterlo dal suo torpore, finché il coinquilino Aidan non gli propone, per scommessa, di sedurre la figlia del poliziotto che lo ha arrestato. Una sorta di vendetta che presto perderà i suoi connotati originali: Ally e Tyler stabiliscono da subito un legame profondo, cementato anche dalla comune sofferenza. La ragazza ha infatti dovuto assistere all'omicidio della madre, e da allora vive con un padre iperprotettivo, e comprensibilmente poco favorevole alla sua relazione con Tyler.

Remember Me è quindi un film sulla necessità di crescere e maturare, sulle difficoltà e sugli errori che si devono affrontare per farlo, e sul ruolo dell'amore e della famiglia in questo delicato processo. Tyler, con il proprio nichilismo, e la sicurezza di aver capito tutto della vita - ovvero che non c'è niente da capire - che solo a vent'anni si può avere, rappresenta il protagonista ideale della storia, nel quale molti suoi coetanei potranno facilmente riconoscersi. Robert Pattinson, a sua volta, non poteva essere incarnazione migliore del personaggio: circonfuso ormai indelebilmente da un'aura da bello e dannato, conseguenza dei suoi trascorsi (e futuri) da non morto, il ruolo del ragazzo tormentato, ma sotto sotto d'animo gentile, non se lo scollerà facilmente di dosso.
In generale, la prova degli attori è convincente e, oltre a Pattinson, privilegiato da una regia che ne fa il protagonista assoluto di ogni inquadratura, anche la bella Emilie de Ravin e il navigato Pierce Brosnan si comportano bene. Ancora una volta, poi, bisogna constatare la bravura delle nuovissime leve: Ruby Jerins, nel ruolo della sorellina Caroline, dà vita a un personaggio struggente e ironico insieme, che, nonostante la tenera età, è un punto di riferimento e un'ancora di salvezza per Tyler, che vede in lei il talento e la maturità di cui è privo.

Eppure l'azzeccata scelta del cast e il buon approfondimento dedicato ad alcuni dei personaggi non bastano a creare empatia con lo spettatore: tutto sembra essere al proprio posto, calibrato con attenzione, ma il film rimane freddo, non riesce a suscitare emozioni. Il passato drammatico dei due protagonisti, l'accesa contrapposizione tra padre e figlio, l'amore che sembra far dimenticare sofferenze e delusioni, sono tutti temi in grado di far commuovere, ma che vengono qui introdotti come se da soli bastassero a spiegarsi. Ma il sentimento può facilmente diventare melenso, e una litigata trasformarsi in scena madre, se non si pone la dovuta attenzione al linguaggio con cui li si descrive, e se ci si limita, con leggerezza, ad illustrare il fatto in sé, magari convinti che una storia d'amore faccia sempre emozionare, e che dire che una persona è morta, e che si soffre per questo, basti a far sentire quella sofferenza.
Dare vita a personaggi anche interessanti, descrivere la loro evoluzione, suggerirci che, mettendo da parte astio, gelosia, pregiudizio, è possibile ricostruire anche quello che sembrava perduto per sempre è uno sforzo lodevole, ma che lascia una traccia ben poco significativa se non riesce ad arrivare al cuore delle persone. In questo senso, la parte più riuscita della pellicola è quella finale, che contiene forse la chiave di lettura dell'intera vicenda: il monito ad apprezzare la vita per quella che è, senza essere prigionieri del passato, della sofferenza, di noi stessi, senza rimanere immobili, concentrati su nostro piccolo mondo, pensando che ogni nostra azione sarà comunque insignificante.