Recensione Urlo (2010)

Una prova d'attore, quella di Franco così come quelle degli altri interpreti, che non distoglie dall'opera messa in piedi dai due registi, che hanno realizzato un film dal messaggio preciso ed articolato, che oltre a sapere cosa dire, sa anche come dirlo, risultando sempre comprensibile e diretto.

L'urlo di James Franco

San Francisco, 1957, un'opera di poesia viene messa sotto processo perchè ritenuta offensiva nei confronti della morale pubblica, sollevando dibattiti sulla definizione di oscenità, sulla libertà d'espressione ed in definitiva sul concetto di arte. Si tratta di Howl and Other Poems del poeta beat Allen Ginsberg, letta per la prima volta nel 1955 e pubblicata l'anno successivo dalla City Lights Books di Lawrence Ferlinghetti.
Temi delicati e scottanti che Rob Epstein e Jeffrey Friedman, due vere autorità nel campo del documentario con al loro attivo due Oscar e diversi Emmy Awards, decidono di rendere la struttura portante di Howl, attraverso il resoconto ri-raccontato del processo a Ferlinghetti, attraverso la battaglia legale tra la pubblica accusa rappresentata da Ralph McIntosh (un bravo David Strathairn) e la difesa incarnata da Jake Ehrlich (un Jon Hamm che conferma di essere perfettamente a suo agio nell'ambientazione degli anni '50 dopo il successo di Mad Men), e le deposizioni di vari testimoni, da un'insegnante di inglese a critici letterari ed intellettuali, a cui prestano il volto tra gli altri Mary-Louise Parker, Treat Williams ed Alessandro Nivola.

Un resoconto efficace, dai toni a tratti grotteschi per la natura delle motivazioni sollevate dall'accusa, ma Howl non si limita al mero racconto processuale, intrecciandone le sequenze con altri piani narrativi che arricchiscono la struttura del film rendendolo un'opera che possa approfondire il personaggio di Ginsberg e la sua opera: re-immaginazioni dalla vita eccessiva dell'autore e stralci di sue interviste immaginarie mettono in scena il suo pensiero, la sua filosofia e il background dell'opera poetica che ha prodotto, fino a mostrarci le sue letture pubbliche, in un efficace bianco e nero, ed il processo creativo.
Un ulteriore livello è invece più visionario: una visualizzazione animata delle poesie di Ginsberg, realizzate da Eric Drooker con un misto di tecniche d'animazione ed accompagnate dalle musiche di Carter Burwell, ideali per rendere la cifra visionaria delle parole di Ginsberg e della poesia che, come sottolinea un teste al processo, non può essere trasformata in prosa.
I tre livelli si intrecciano ed amalgano, confluendo in un unico messaggio coerente e solido, il cui suggello viene dato dalla sentenza progressista del giudice del processo, che nega la censura all'opera del poeta.
A dare il volto all'autore e recitarne le poesie è James Franco, che torna a vestire i panni di un personaggio realmente vissuto dopo l'intepretazione di James Dean nel biopic della TNT, è abile nel rendere le sfumature del personaggio e di reggere tutta la parte non processuale del film, sia direttamente, nelle interviste e nei flashback, che indirettamente con la voce fuori campo che recita i versi. Una prova d'attore, quella di Franco così come quelle dei colleghi che prendono parte al processo, che non distoglie dall'opera complessa messa in piedi dai due registi, che hanno il pregio di aver realizzato un film dal messaggio preciso ed articolato, che oltre a sapere cosa dire, sa anche come dirlo, risultando sempre comprensibile e diretto, confermando l'idea che la poesia e l'arte riescono a comunicare anche quando astratte e visionarie.

Movieplayer.it

4.0/5