John Woo a Venezia per il Leone d'oro alla carriera

In occasione della presentazione di Reign of Assassins, John Woo ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera e si è sottoposto alle domande della stampa.

John Woo è la star assoluta di una conferenza che ha racchiuso il suo premio alla carriera, fortemente voluto da Marco Muller, alla presentazione del wuxiapian, Reign of Assassins di cui è co-regista, almeno per i credits, visto che lo stesso Woo si è definito più un supervisore.

Cosa ha significato per lei, il ritorno in Cina, cinematograficamente? Si sente cambiato dalla lunga esperienza a Hollywood?
John Woo: Innanzitutto ci tengo a sottolineare il mio amore per la Cina che è tra i motivi principali del mio ritorno in patria. 16 anni a Hollywood credo che abbiano rappresentato molto ed ho imparato moltissime cose che era giusto portare nel mio paese natale. D'altronde lavorare nello stile di Hollywood è l'aspirazione di tutti i giovani registi e Red Cliff (La battaglia dei tre regni) aveva lo scopo di esportare il sistema americano nel contesto cinese. Come nazione abbiamo tanto materiale e tante storie importanti nella nostra cultura da raccontare. Dobbiamo fare un importante lavoro di esportazione perchè le persone non sanno molto della nostra storia e della nostra cultura, al di là dei film di arti marizali che sono le opere per cui siamo più noti. Ma ci sono moltissime altre cose da raccontare e io ho cercato di far passare un po' del nostro spirito in Red Cliff e in Reign of Assassins.

Cosa ha provato quando Marco Muller lo ha chiamato per omaggiarla con il Leone alla carriera?
John Woo: E' stato incredibile. A dire il vero però, quando Marco ha menzionato il Leone d'oro mi ha scioccato e pensavo scherzasse. Non volevo crederci. Alla fine sono rimasto così emozionato e onorato da non sapere esprimere la gratitudine. Approfitto infatti per ringraziarlo della sua amicizia e lealtà. Un insieme di sentimenti mi hanno pervaso.
Marco Muller: La cosa più sorprendente è quanto abbia dovuto faticare per fargli accettare un premio che lui non pensava di meritare. Invece per me non era un onore, ma un merito e il nuovo film era un pretesto ottimo per un appuntamento a cui tenevo molto.

In cosa si distingue il suo cappa e spada dai prodotti medi del genere?
John Woo: Innanzitutto è doveroso ricordarvi che Reign of Assassins è soprattutto un film di Su Chao-Bin, che l'ha scritto e diretto con grande maestria. Io mi sono occupato molto più del montaggio e della supervisione. La grande forza del film è la capacità di essere sia sia razionale che risoluto e escludendo la storia d'amore, la differenza con il cappa e spada classico è la portata filosofica e il grande spazio per la riflessione che porta con sé.

Come avete lavorato sul ruolo femminile?
John Woo: Io credo che mancassero da troppo tempo ruoli di eroine femminili di un certo spessore e abbiamo creato un personaggio forte e complesso. L'eroina interpretata da Michelle Yeoh oltre a essere ovviamente bellissima è un personaggio molto forte, ma allo stesso tempo gentile e interessata agli altri. E' stato un piacere lavorare con Michelle e dare una nuova immagine di lei sullo schermo.
Su Chao-Bin: Quando ho iniziato a scrivere il film, il personaggio principale doveva essere un uomo, ma poi ho pensato a una donna e mi sono fatto affascinare dall'idea di modificare l'immagine femminile del genere. Era molto importante capire come Michelle reagiva al suo ruolo di eroina con le continue difficoltà a cui era sottoposta. L'essenza definitiva del personaggio è fuoriuscita dopo moltissimi incontri con Michelle.
Michelle Yeoh: Prima di tutto ci tengo molto a fare i complimenti a John Woo per questo meritatissimo riconoscimento. Tornando al film, devo dire di essere rimasta subito affascinata dal mio personaggio, è così complesso e dark, ricco di sfaccettature. E' un viaggio interessante per un'attrice passare per questi sconvolgimenti emotivi forti e i continui incontri con Su e John sono stati fondamentali.

E' azzardato rintracciare l'eredità o comuque l'omaggio a John Woo nello stile ricco di carrellate e fermi immagini, o è stato proprio il suo tocco a essere presente nel film?
John Woo: L'idea alla base in pre-produzione era di lasciarci alle spalle gli elementi eccessivamente coreografici che a mio parere falsificano un pò troppo il genere. Ma come ho già detto il mio ruolo è stato di supervisione; ho dato dei suggerimenti che secondo me portavano poesia e elementi di antichità nella storia, ma non ho mai imposto niente. Anche alcune carrellate derivano da alcuni miei suggerimenti ma le scelte sono tutte di Su Chao-Bin
Su Chao-Bin: Confermo l'aiuto prezioso di John Woo che in montaggio ci ha dato una grande mano per valorizzare la storia e soprattutto per dare un senso di continuità e direzione molto ben impressi.

Cosa le interessa più raccontare della Cina di oggi?
John Woo: Vorrei sostanzialmente fare da ponte per collegare le cose migliori tra oriente e occidenti. Oggi sono felice di essere in Cina a fare i film per il nostro paese; raccontare il sentire popolare che all'estero non si coglie, oltre alla nostra storia millenaria. Il mio interesse è fare sia cinema cinese che si voglio fare cinema cinese che hollywoodiano, ma soprattutto fare bei film. Non è importante se ambientati in passato o nel contemporaneo.

A cosa sta lavorando ora?
John Woo: A moltissime cose. Ora mi sto concentrando su un film di combattimento che come accennavo può rappresentare un ponte con l'America. Poi voglio fare un film tutto mio di cappa e spada. Sarà molto culturale, con radici storiche forti. Sono anche in cantiere due remae, uno di un film di Melville e poi quello di The Killer, con un regista coreano.

Qual'è il suo metodo e cosa consiglierebbe a un giovane regista? John Woo: Difficile da dire. Quando dirigo mi sento un pittore che si lascia andare. Dirigo quello che sento e faccio quello che voglio. Altre volte mi sento come un direttore d'orchestra. Oppure come uno del pubblico e mi diverto a vedere recitare gli attori. Vedere interpretare mi trasmette gioia. Non ho molti consigli se non quello di non rinunciare mai ai vostri sogni. Come diceva mia madre: vai avanti e fallo.