Recensione Honey 2 (2011)

Sequel di Honey, il film diretto dal regista di videoclip Bille Woodruff, che ha acquistato sicurezza dietro la macchina da presa, affida a Katerina Graham la guida di un cast che ricorderemo più per la street dance che per le doti attoriali.

In ballo per la vittoria

Appena uscita da un periodo trascorso in riformatorio, in cui è finita per colpa dell'ex Luis, un bullo senza troppi scrupoli, Maria torna in libertà sotto la tutela della bonaria Connie Daniels, madre della ballerina Honey. Per rigare dritto inizia a lavorare come bidella nella scuola della leggendaria Honey e in un minimarket come commessa mentre cerca di tenersi alla larga da Luis e dalla sua banda di piccoli criminali. Una sera in discoteca però uno degli allievi della scuola, il dolce Brandon, scopre il suo talento e le chiede di aiutare la sua inesperta crew a prepararsi alla gara più importante dell'anno, la "Battle Zone". La ragazza accetta anche se sa che arrivare in finale e confrontarsi con l'ultimo team vincente, i 718, guidati proprio da Luis, non sarà un'impresa facile. Allenandosi insieme a lei la nuova crew, gli HD, imparerà ad acquisire maggiore sicurezza. Maria invece dovrà fare i conti con i suoi sentimenti e mettersi in gioco per realizzare i suoi sogni.


Sequel di Honey, in cui a destreggiarsi tra le coreografie hip hop sul palco era una legnosa Jessica Alba e a dirigerla sul set c'era l'esordiente regista di videoclip Bille Woodruff, Honey 2 ne raccoglie in tutti i sensi l'eredità artistica. La regia porta ancora il nome di Woodruff, che nel frattempo ha maturato maggiore esperienza e ha raggiunto più sicurezza dietro la macchina da presa, e che affida stavolta alla più elastica Katerina Graham, nota ai fan di The Vampire Diaries per il ruolo di Bonnie Bennett, la guida di una crew giovane e innocente che frequenta l'Honey Daniels Dance Studio. Fresco e attuale, Honey 2 sicuramente non si appresta a entrare nelle classifiche dei dance movies memorabili, ma arriva sul grande schermo con una capacità che manca a molti altri film del genere: il valore aggiunto della contemporaneità. Il film con la Graham, tanto brava a contorcersi come un tubo flessibile umano quanto ad arricciare il naso a ogni battuta, ha infatti il merito di sapersi addentrare nel mondo recente della street dance, quella dei talent show come il popolare America's Best Dance Crew, di cui non a caso riconosciamo nel cast il conduttore Mario Lopez.

Tra una coreografia acrobatica di gruppo e una love story da perfetto teen movie il film ricalca lo schema narrativo di Step up e trova il tempo per sviluppare una sottotrama che non fatica ad affiorare, quella della rivalsa sociale. Ambientata infatti nel Bronx, quartiere di New York ben ricostruito dallo scenografo Jerry Fleming, la pellicola affronta la tematica della rivincita di chi ha la sfortuna di nascere e abitare in un'area urbana impolverata. Sullo sfondo di un'arena così critica il ballo diventa la metafora della lotta per la sopravvivenza e quel genere di danza snobbato dalle prime punte viene così caricato e riempito di un valore aggiunto. Chi lo porta in scena, tra un marciapiede e un supermarket, tra i graffiti dai colori brillanti ai vicoli malfamati, sprigiona un'energia vitale che accomuna l'intero gruppo mutuando dallo sport di squadra il concetto dell'unione. Tenaci e determinati a vincere non una sola gara ma una più ampia battaglia, quella contro i cattivi, gli arroganti e i ribelli impersonati dagli imbattibili 718, i giovani ballerini/attori di Honey 2 consegnano al pubblico un messaggio filtrato dalla gioiosità dell'hip hop impedendogli in questo modo di diventare ingombrante rispetto al target. La danza fa così da collante di un film che muove qualche passo di troppo nella favola dolciastra, ma sa anche fare le giuste mosse quando ad architettarle è la bravura del coreografo Rosero McCoy.