Recensione Outrage Beyond (2012)

Qualche scena di culto non impedisce, però, a Outrage Beyond di galleggiare in quell'aurea mediocritas da cui l'ultimo Kitano sembra incapace di risollevarsi.

Il tramonto dello yakuza

Dov'è finito Takeshi Kitano? Il primo a porsi questa domanda è stato proprio lui con un'autocritica in chiave meta-satirico-grottesca giapponese culminata nello stralunato Glory To the Filmaker!. Il funambolico regista e interprete ha denunciato il progressivo esaurimento della vena artistica e, in mancanza di ispirazione, ha deciso di riesumare ancora una volta il suo alter ego. Beat Takeshi è sempre uno yakuza, ma i suoi capelli non sono più biondo platino. Ormai sono definitivamente grigi e le rughe che solcano il suo volto stanno a denunciare la tanta, forse troppa, strada percorsa. Beat Takeshi fa ritorno al cinema con quella che potrebbe diventare una nuova 'trilogia della vendetta'. Outrage, presentato due anni fa al Festival di Cannes, era un divertissement yakuza eiga in cui una faida tra famiglie rivali scatena una serie di vendette e omicidi incrociati che si susseguono senza sosta per quasi due ore. Una corsa violenta a perdifiato che, alla lunga, perdeva di senso e misura diventando puro esercizio di stile.

Outrage Beyond riparte là dove la storia si era fermata. Othomo (Kitano) è in carcere e i suoi vecchi compari lo credono morto. A riesumarlo è ancora una volta il poliziotto doppiogiochista e corrotto del primo episodio che lo fa tornare in circolazione per sconvolgere il precario equilibrio tra i potenti clan dei Sanno e degli Hanabishi. La struttura del sequel non si discosta molto dalla precedente pellicola, ma c'è una differenza sostanziale nel ritmo. Outrage era una corsa indiavolata al massacro, una festa per gli occhi per gli amanti di Kitano e della sua maestria registica che deflagra nelle scene più violente e concitate. Stavolta, però, prima che il sangue torni a scorrere occorre aspettare un bel po' di tempo perché la dimensione dialogica, nella prima parte del film, ha il sopravvento sull'azione. Le estenuanti trattative tra criminali non ci rendono più agevole la comprensione dell'intreccio di intrighi e tradimenti, ma riescono purtroppo ad annoiare lo spettatore, confuso dal proliferare di personaggi che mal si distinguono l'uno dall'altro.
In questo secondo lungometraggio la sequela di decessi è ridotta, ma nei momenti più pulp l'estro di Kitano torna a sorprendere. Un esempio per tutti: l'irresistibile sequenza del dito mozzato. L'autore di Brother e Sonatine sa coreografare con grande maestria i movimenti dei suoi attori e nelle sequenze in esterni in cui gli scagnozzi dei clan sparano a sangue freddo alle loro vittime i killer sembrano danzare all'unisono. Qualche scena di culto non impedisce, però, alla pellicola di galleggiare in quell'aurea mediocritas da cui l'ultimo Kitano sembra incapace di risollevarsi. Cose da salvare in Outrage Beyond ce ne sarebbero e Beat Takeshi, seppur stanco, ancora non si è dato per vinto. Ci auguriamo che il suo cinema riesca a ritrovare linfa vitale e senso logico riaprendo il dibattito stralunato con quel pubblico di strenui sostenitori che comunque, anche nei momenti più bassi della sua carriera, non lo ha mai abbandonato.

Movieplayer.it

2.0/5