Il Rocky Horror secondo Aldo Fresia

Lo sceneggiatore e saggista pubblica con Arcana una doviziosa guida interpretativa dei testi del sempre popolarissimo cult movie interpretato da Tim Curry.

Il 14 agosto 1975, alla vigilia di un torrido Ferragosto, uscì nelle sale cinematografiche un film destinato a restare un lungimirante (per quei tempi) esempio di trasgressività. Dopo due anni di acclamate rappresentazioni teatrali (la prima avvenne il 19 giugno 1973), arrivò il debutto sul grande schermo di The Rocky Horror Picture Show, uno dei più luminosi esempi di cult movie di tutti i tempi.
Sarà stato per la release date (in un periodo dove i cinematografi non sono mai particolarmente affollati), sarà stato per il mancato doppiaggio in italiano della pellicola (tuttora mai realizzato), sta di fatto che il lavoro riuscì a scampare la mannaia della censura, che pochi mesi più tardi avrebbe colpito duramente Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, con il regista accusato di offesa al comune senso del pudore e privato per cinque anni dei diritti civili - compreso il diritto di voto - nonché condannato a quattro mesi di carcere (pena poi sospesa).
A distanza di trentacinque anni The Rocky Horror Picture Show continua ad essere programmato, amato, a far discutere, ed a scatenare i cinefili di tutto il mondo nel riconoscimento delle molteplici citazioni incastonate nelle scene del film, nonché nel tentativo di dare plausibili spiegazioni alle intenzioni dell'autore, Richard O'Brien.

Aldo Fresia ha scritto per la casa editrice Arcana un agile libro di 222 pagine, nel quale ha commentato analiticamente i testi delle canzoni del film, dedicando ad ogni composizione un intero capitolo.
Sceneggiatore, autore documentarista, produttore esecutivo ed aiuto regista, Fresia (dopo aver portato a termine studi letterari, di sceneggiatura, regia, e di teoria del linguaggio cinematografico) si occupa della realizzazione di format televisivi e tiene corsi sul cinema.
Ha gestito l'area cinema del website di MTV Italia ed ha collaborato con l'importante rivista Wired.
Partendo dalle parole, Fresia ricostruisce l'imponente impalcatura di riferimenti cinematografici, letterari e musicali architettati da O'Brien, e ci cala nella realtà sociale del periodo, in modo da mettere in risalto la portata rivoluzionaria della pellicola.
Le citazioni riportate nel libro sono un brodo di giuggiole per gli amanti del cinema d'antan (in particolare horror e fantascienza, ma anche musical), con riferimenti continui a pellicole misconosciute o semi dimenticate, ma anche a capisaldi della cinematografia di sempre, quali il King Kong del 1933, Frankenstein, Dracula, Il Selvaggio con Marlon Brando del 1953 (la scena nella quale si esegue Hot Patootie, con la presenza di Eddie / Meatloaf, ne rappresenta una vera e propria parodia), ed i più recenti (e qui siamo proprio nel campo dei musical) Hair, Grease e Jesus Christ Superstar.

Fresia ci racconta la moda dei "double feature", cosa accadeva nei "back row" delle sale cinematografiche, quanto Mick Jagger andò vicino ad aggiudicarsi la parte del protagonista, poi andata a Tim Curry, come il presidente Theodore Roosevelt diede involontariamente nome all'orsetto Teddy Bear, oppure alcuni escamotage messi in piedi dalla produzione per rientrare nel risicato budget e che non costituirono certo un difetto, bensì un segno distintivo.
Altre chicche derivano dalla scoperta del sottobosco di personaggi realmente esistiti, che diedero ulteriori spunti per i testi delle canzoni; fra questi meritano di essere ricordati almeno il cultore di body building Steve Reeves, l'inventore di metodi d'allenamento Angelo Siciliano / Charles Atlas, la regina del burlesque e dello spogliarello artistico negli anni '40 Lili St. Cyr.

La trama del Rocky Horror è nota: Brad e Janet (interpretata da una giovanissima Susan Sarandon) sono una perfetta coppia di giovani dei primi anni '70, conservatori fino al midollo tali da sembrare fermi a vent'anni prima.Vivono una storia d'amore socialmente accettabile, incorniciata fra l'istituzione scolastica e quella del matrimonio.
Una sera però, causa una foratura, si imbattono nel castello di Frank 'n' Furter.
Entrati nella dimora per chiedere di fare una telefonata, in poche ore vivranno il completo ribaltamento dei propri cliché, scoprendo le mille sfaccettature del pianeta sesso.
La guerra in Vietnam è alle spalle, ma la crisi energetica, il golpe cileno, le tensioni internazionali rilanciate dagli eventi sanguinosi delle olimpiadi di Monaco del 1972, l'avvento dell'epoca delle stragi in Italia che prelude agli anni di piombo, disegnano uno scenario di riferimento non proprio invidiabile. Ma all'indomani della fine dell'utopistico sogno hippie, chi crede ancora negli ideali del '68 non vuole mollare: in Italia le battaglie per l'aborto ed il divorzio sono determinanti per smuovere la coscienza collettiva, e vanno a buon fine.
Nel frattempo il mondo femminile dimostra in maniera sempre più evidente di volersi finalmente emanciparsi, sia socialmente che sessualmente, pretendendo il totale controllo del proprio corpo. Molti atteggiamenti stavano cambiando, tanto che uno dei più grandi shock per tutti (O'Brien compreso) fu riscontrare come un uomo con le calze a rete ed i tacchi alti potesse far eccitare le donne del pubblico.

In quell'agosto del 1975 l'uscita italiana del film venne snobbata dalla maggior parte del pubblico e della critica, che quando si pronunciò, non esitò a parlarne male: le recensioni di casa nostra misero all'indice l'omosessualità ed il sesso extraconiugale, sbandierati nel musical, tacendo su omicidi e cannibalismo, mostrati anch'essi dalla storia, ma ritenuti meno "deviati". L'utilizzo dell'aggettivo "deviato" dice molto sull'Italia perbenista e bacchettona di quei giorni, quando al posto del Rocky Horror, ai botteghini facevano furore L'esorcista, Lo squalo, I tre giorni del condor, Fantozzi e Amici miei.
Nonostante le difficoltà iniziali, il culto prenderà piede anche da noi, seppur in maniera discontinua e senza gli esiti eclatanti registrati in molte parti del mondo. L'esplosione del fenomeno punk, avvenuto qualche mese più tardi, darà un'ulteriore spinta alla diffusione di questa pellicola.
Glam, erotismo queer, attacco ai valori puritani, ribaltamento del ruolo uomo / donna nell'immaginario collettivo, hanno fatto del Rocky Horror Picture Show un monumento del cinema contemporaneo, e, grazie ad Aldo Fresia ed ai suoi testi commentati, oggi ne sappiamo tutti un po' di più.

Abbiamo raggiunto l'autore per una breve intervista avente l'intento di chiarirci meglio le idee su alcuni aspetti trattati nel libro.

Buongiorno Aldo, toglimi subito una curiosità: cosa ti ha spinto a scegliere come argomento per un libro, l'analisi testuale delle canzoni di un musical che, seppure di fondamentale importanza, risale a ben 35 anni fa? Sei fra coloro che ritengono "non ci sono più i film di una volta"?

Aldo Fresia: No, anche oggi ci sono pellicole valide.
Però questo non rende necessariamente obsoleto un film "di una volta".
Nel caso poi del Rocky Horror, il fenomeno di culto che lo circonda è vivo e vegeto, l'opera ha conservato la capacità di mettere il dito nella piaga del perbenismo, e in fondo la liberazione sessuale auspicata nella pellicola sembra tutt'altro che compiuta.
Film di una volta, dunque, ma ancora molto attuale.

Su The Rocky Horror Picture Show sono stati scritti moltissimi libri in tutto il mondo: cosa pensi di poter aggiungere con l'opera da te ultimata?

Ci tengo ad aggiungere un aspetto che in Italia s'è visto poco, mentre è più comune nel mondo anglosassone: mettere sotto i riflettori le parole, partire dal testo per storicizzare il Rocky Horror, osservarlo mentre si sviluppa ed esplorare le sue radici archetipiche.
Tutto questo partendo dal presupposto che se la pellicola è "camp", allora il saggio che ne parla deve a sua volta essere "camp".
Cioè, sono voluto partire da un film che prendo molto sul serio per arrivare a giocare con esso (non prendersene gioco, che è diverso). Naturalmente, mentre l'elemento "camp" è frutto di una mia decisione autonoma, la struttura generale del libro è figlia della collana in cui è nato (TXT di Arcana, a cura di Stefano Scalich): si parte dalle parole per scoprire chi sono gli U2, i Cure, il Rocky Horror, e magari scoprire che l'immagine che ne viene fuori stravolge lo stereotipo che circonda il fenomeno analizzato.

Leggendo il testo da te elaborato, noto la maniacale tendenza a voler dare una spiegazione a tutto ciò che accade nel film. Mi è rimasta impressa soprattutto la digressione sull'incongruenza temporale inerente il discorso del dimissionario Presidente Nixon (udibile dall'autoradio dell'automobile di Brad e Janet, prima che la coppia giunga al castello di Frank). Gran parte della critica ritiene invece inutile cercare a tutti i costi delle logiche in una struttura da molti ritenuta volutamente surreale e priva di spiegazioni.

Mi servono una premessa e due considerazioni.
Premessa: secondo me non esiste una classifica relativa alla fruizione di un'opera.
Non è vero che chi ne comprende la struttura più profonda, o le sue logiche formali, ne gode meglio di uno che invece vi si pone di fronte come tabula rasa. E viceversa.
Sono semplicemente differenti modalità di visione ed ascolto, entrambe valide.
Detto questo, largo alla prima considerazione: l'analisi di un'opera può legittimamente prendere le mosse dallo studio del contesto nel quale l'opera è stata prodotta.
Tutti noi siamo 'figli' del mondo che ci circonda, rispetto al quale maturiamo convincimenti, critiche e via dicendo.
Un artista può essere rivoluzionario, può anticipare i tempi, ma non può prescindere da essi.
Riguardo il Rocky Horror le domande sono sostanzialmente due: a) quali elementi della cultura e della controcultura di allora hanno influenzato Richard O'Brien (per esempio il femminismo, la liberazione sessuale, etc.); b) quali personali passioni di O'Brien sono riverberate nei testi (per esempio, il cinema di serie B).
Tutto questo ci conduce alla seconda considerazione.
Concordo con coloro che sostengono sia errato analizzare un'opera cercando logiche a tutti i costi, perché il rischio è quello di sovrapporre la propria interpretazione alle intenzioni dell'autore. Però l'alternativa non è dichiarare impossibile una qualunque analisi.
Fra i due estremi c'è parecchio spazio di manovra: vale la pena esplorarlo e poi consegnare i risultati a chi abbia voglia di stuzzicare la propria curiosità, oppure abbia voglia di argomentare posizioni differenti.

Come scrivi nelle ultime pagine del libro, molti critici leggono nel finale del Rocky Horror una riaffermazione dei valori conservatori ed una conseguente riduzione del potenziale sovversivo del racconto.

Non sono d'accordo: la sovversione resta intatta ed i valori conservatori non sono affatto riaffermati, altrimenti Brad e Janet convolerebbero a giuste nozze come se nulla fosse successo.
Perché è esattamente in questo modo che il musical classico affermava i valori conservatori.
Non importava cioè quale sfida venisse posta alla futura coppia: l'esito inevitabile della loro avventura era il matrimonio benedetto e la conferma dei valori di partenza, invariabilmente assunti come giusti.

Paragoni Frank ad un mix di Alice Cooper, David Bowie e Mick Jagger: a me fa più pensare a Freddy Mercury, addirittura anticipando la sua immagine di fine anni '70 / inizi '80. Riff Raff mi ricorda invece in maniera impressionante la figura di Brian Eno ai tempi dei Roxy Music.

In una scena del film sembrano quasi intenti a preparare un memorabile duetto.
Parlaci del tuo rapporto con la musica e dei tuoi artisti preferiti.
Musicalmente parlando sono onnivoro e caotico: ascolto dalla classica al doom metal, e ascolto senza criterio, soprattutto in automobile, spesso prendendomi cotte mostruose per dischi che poi non riprendo in mano per anni.
In questo momento non riesco a staccarmi da "Selling England By The Pound" dei Genesis e da "Misplaced Childhood" dei Marillion.

Cosa ascoltavi mentre scrivevi questo libro? Hai tratto spunto per avvicinarti a qualche genere in particolare (nel libro fai brevi riferimenti al prog, ai grandi cantautori americani degli anni '70, ai Rolling Stones, a Grace Slick, al punk)?

Raramente ascolto musica quando scrivo.
Conoscevo già gli autori di cui parlo nel libro, anche se sono andato a rispolverare vecchi nastri di Iggy Pop (ebbene sì, conservo ancora musicassette di una vita fa).

Sei un amante del glam rock? Secondo te è un genere musicale considerabile fondamentale negli ultimi quarant'anni, oppure è stato solo lustrini e musica "usa e getta"?

Il glam rock mi piace.
Solo lustrini e musica usa e getta? Non scherziamo: i Queen e David Bowie sono fondamentali, tanto per citare due nomi a caso.

La musica è una componente fondamentale nel Rocky Horror, ma non ti limiti a scrivere delle canzoni presenti nel film: nella parte finale del libro ti soffermi sull'analisi testuale di due meravigliosi classici, "Cold Turkey" di John Lennon e "Sister Morphine" di Marianne Faithfull.

Oggi la stampa specializzata si preoccupa sempre meno di analizzare i testi delle canzoni straniere, preferendo soffermarsi sugli aspetti più squisitamente musicali, se non addirittura degenerare nel gossip.
Secondo il mio punto di vista occorre tornare ad occuparsi dei contenuti.

Come giudichi il rapporto fra cinema e libri sul cinema, in un contesto informazionale sempre più catalizzato dal web?

Per quanto mi riguarda un libro resta imbattibile: ha un profumo più buono di un computer, ed è decisamente più romantico. A parte questo, penso che l'informatizzazione dell'informazione faccia aumentare la responsabilità di chi un libro lo scrive.

Oggi esistono autori teatrali o cinematografici in grado di generare un nuovo exploit trasgressivo pari alla portata del Rocky Horror?

No, ma non perché manchino voci potenti.
L'exploit trasgressivo è tanto più forte quanto più è solida la ragnatela di valori che prende di mira. Oggi (parafrasando Woody Allen) Dio è morto, Marx pure... e la trasgressione è diventata uno strumento di marketing.

Quali saranno i prossimi step professionali di Aldo Fresia?

Cercherò di sopravvivere alla crisi (economica e culturale) con calma, dignità e classe.