Helena Bonham Carter e Colin Firth a Berlino con Il discorso del re

La monarchia inglese è di scena a Berlino con il pluripremiato Il discorso del re, presentato tra gli eventi speciali dal regista Tom Hooper e dalle star Colin Firth ed Helena Bonham Carter.

Profumo di Oscar a Berlino. Il bel period movie inglese Il discorso del re, forte di aver ricevuto ben dodici nomination agli Academy Awards, arriva nei cinema tedeschi. La pellicola, che narra la storia dell'amicizia tra Giorgio VI, padre dell'attuale regina Elisabetta, e un misterioso terapista del linguaggio australiano che curerà la grave forma di balbuzie del sovrano, esce in Germania il 17 febbraio. Il Festival di Berlino coglie l'occasione per omaggiare la pellicola con un'anteprima ospitata nella sezione Berlinale Special e con una scintillante serata di gala. Sono ospiti della kermesse il regista Tom Hooper e le straordinarie star Colin Firth ed Helena Bonham Carter, entrambi candidati agli Oscar per la miglior perfomance.

Helena, la tua visione della monarchia inglese è cambiata nel corso della lavorazione del film?

Helena Bonham Carter: Ho sempre rispettato la famiglia reale non tanto nel suo complesso quanto come singoli individui, ma dopo aver recitato ne Il discorso del re la mia opinione è cambiata perché per intepretare la regina madre ho dovuto conoscere a fondo il personaggio e con la conoscenza è aumentato anche il rispetto.

Colin Firth: Non è tanto il cambiare opinione. Durante la lavorazione ho pensato alla monarchia più di quanto abbia mai fatto nella mia vita. Prima conoscevo la storia pubblica, quella nota a tutti gli inglesi, sapevo che Giorgio VI era balbuziente e che era succeduto al fratello per via dello scandalo di Wallis Simpson. Non avevo idea che avrei interpretato un personaggio per il quale alla fine avrei nutrito un così grande rispetto.

Puoi spiegare quale è stato il processo necessario per interpretare il ruolo di Giorgio VI e imparare a balbettare? E' stato difficile tornare alla normalità

Colin Firth: Non saprei rispondere. Tom, che cosa ho fatto?

Tom Hooper: Abbiamo fatto un sacco di prove e ricordo di aver visto Colin entrare lentamente nella parte prova dopo prova. All'inizio eravamo molto preoccupati per la questione del balbettio e abbiamo visionato molto materiale d'epoca per analizzare il modo di parlare. Sul set abbiamo avuto un meraviglioso voice coach, ma il processo che porta a balbettare è talmente personale che Colin ha dovuto interiorizzare il modo di parlare di Giorgio VI.

Colin Firth: Alla fine del training io stesso balbettavo e questa cosa mi ha portato a comprendere la vulnerabilità del mio personaggio. Mia sorella è logopedista, ma non lavora con le persone che balbettano. La costruzione del personaggio è nata dentro di me. Dopo la fine delle riprese il mio modo di parlare è diventato più lento di prima, ma non penso che si tratti di un vero e proprio balbettio.

Helena, nella tua carriera hai interpretato molto spesso delle regine. Quale di queste è la più vicina al tuo vero essere? Cosa si prova a interpretare una regina?

Helena Bonham Carter: Devo dire che piace interpretare le regine, ma non credo che esista un personaggio che sia particolarmente vicino a me. Ognuno di noi contiene vari apsetti dei personaggi che interpreta in maniera un po' schizofrenica. Le mie regine sono tutte diverse, ma forse la mia preferita è regina di Alice perché somiglia a mia figlia Nell, ma non per la grande testa.

Colin, il tuo re affronta le sue paure e trova dentro di sé il coraggio di combattere contro il suo difetto. Quale è il tuo rapporto con le paure?

Colin Firth: O mio Dio. Per rispondere citerò Omar Sharif in Lawrence D'Arabia quando esclama: "My fear is my concern (la mia paura è affar mio)".

Oggi Geoffrey Rush non è presente, ma sarebbe interessante sapere come avete creato quella forte relazione che è il fulcro del film.

Colin Firth: Quando ti trovi a recitare in una pellicola come la nostra diventi dipendente dai tuoi colleghi. E' una cosa che capita nella recitazione, ma anche nella regia e nella scrittura. Devi usare l'energia e l'imprevedibilità dell'altro per creare un rapporto dinamico ed è ciò che ho fatto io con Geoffrey Rush. Abbiamo tratto forza l'uno dalla performance dell'altro, soprattutto nelle scene come chiave come quella in cui leggo Shakespeare con le cuffie. La forza di quella scena dipende dal lavoro di montaggio, di regia, di recitazione. Tutti questi elementi sono interdipendenti.

Quale credi che sia la scena più importante del film?

Colin Firth: E' difficile rispondere a questa domanda. Ciò che il personaggio di Geoffrey Rush fa non è combattere le paure del re, ma fornirgli gli strumenti adeguati per affrontare le proprie paure che risalgono all'infanzia. In un momento importante del film si cita la governante crudele che maltratta il piccolo Bertie, ma non abbiamo abusato di questo tono perché buttando tutto sull'autocommiserazione avremmo ucciso la storia perciò le scene chiave, per me, sono quelle in cui Geoffrey aiuta Bertie a trovare fiducia in se stesso.

Tom Hooper: Colin è un attore straordinario ed è riuscito a fornire una perfomance amata da persone di tutte le età senza indulgere nella pietà e nell'autocommiserazione del suo personaggio.

Come è nata la decisione dei realizzare una pellicola sulla balbuzie di Giorgio VI?

Tom Hooper: Le persone non conoscevano la storia del terapista di Giorgio VI, perciò quando abbiamo trovato i diari di Lionel Logue nove mesi prima delle riprese ci siamo resi conto di aver trovato una storia completamente nuova. Le dinamiche tra il re e il suo terapista australiano sono l'anima del film e permettono al pubblico di essere testimone di un pezzetto di storia ignota fino a oggi. Nella realtà Colin non somiglia molto al re, soprattutto dal punto di vista fisico, e questo mi fa molto piacere, ma sia lui che Helena hanno incarnato i reali per le nuove generazioni.

Che cosa significherebbe per voi vincere un Oscar?

Tom Hooper: Vincere un Oscar sarebbe fantastico perché la tradizione degli Academy Awards è estremamente prestigiosa ed è un onore farne parte.