Festival di Roma, si comincia con L'ultima ruota del carro

Il film di Giovanni Veronessi apre l'ottava edizione della rassegna cinematografica internazionale sotto il segno del disincanto e della leggerezza del protagonista, un uomo semplice che ci racconta la storia italiana alla sua maniera; "Tratto la politica con ironia e divertimento, ispirandomi ai grandi della nostra commedia", ha raccontato il regista toscano in conferenza.

Raccontare la storia italiana, dagli anni '60 ad oggi, attraverso il punto di vista di un uomo qualunque, il "soldato semplice" Ernesto, un trasportatore che ha sempre creduto nel lavoro duro, anche se la vita lo ha piazzato nelle retrovie, e che non ha mai perso quel candore infantile che lo ha reso speciale per tutti, dall'adorata moglie Angela al sodale di sempre Giacinto; questo l'ambizioso obiettivo di Giovanni Veronesi, tornato dietro la macchina da presa per L'ultima ruota del carro. Scelta per aprire l'ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, la commedia, in uscita il prossimo giovedì in circa 350 copie grazie a Warner Bros, rappresenta una piccola svolta nella carriera del regista toscano che abbandona lo spirito molto lieve dei precedenti lavori per dar vita ad un'opera più matura, chiaramente ispirata ai grandi della nostra commedia, in particolare ad Ettore Scola. Sorridendo, infatti, vengono mostrati gli eventi che hanno maggiormente segnato gli ultimi nostri decenni, dal rapimento Moro, fino all'arrivo in politica di Silvio Berlusconi, passando per la vittoria dei Mondiali del 1982 e Tangentopoli. Per realizzare questo progetto Veronesi si è affidato ad un cast di grande livello, composto da Elio Germano, Alessandra Mastonardi e Ricky Memphis, per citare solo quelli presenti oggi in Sala Petrassi, ad una colonna sonora firmata interamente dalla cantautrice friulana Elisa Toffoli e soprattutto al vero eroe del film, Ernesto Fioretti, la persona che con il suo verace spirito romanesco ha spinto Veronesi a compiere questo salto.

Giovanni, non hai abbandonato il tuo stile, eppure questo sembra un film diverso rispetto ai tuoi precedenti, cos'è cambiato?
Giovanni Veronesi: Per la prima volta nella mia carriera ho inventato pochissimo, mi sono limitato a fare il sarto e a cucire insieme tutti gli eventi della vita di Ernesto; mentre mi parlava io mi sono visto davanti agli occhi il film che avrei sempre voluto vedere al cinema, una delle commedie che io amo. Ho sempre dichiarato il mio amore verso questo genere e soffro quando sento dire che bisognerebbe voltar pagina. Non c'è niente dietro quella pagina. La mia ambizione è quella di riuscire a fare una commedia che faccia anche ridere, raccontando però delle emozioni, grottesche, ironiche e anche molto drammatiche.

Elio, cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo di Ernesto?
Elio Germano: Innanzi tutto proprio la premessa che ha fatto Giovanni, ovvero riscoprire la nostra grande commedia, con un film popolare in cui ci si possa riconoscere. Ernesto non è un boss della mafia, è un soldato semplice. Chissà quante persone in Italia hanno vissuto le sue stesse peripezie, hanno vissuto dei momenti della propria esistenza in cui tutto diventava una commedia, in cui i paradossi si rincorrevano. Ecco, la vita di Ernesto era così piena di episodi incredibili che sarebbe stato un peccato lasciarsi sfuggire questo viaggio. E poi questo ruolo mi ha dato la possibilità di lavorare su un registro diverso e ho potuto anche interpretare varie età.
Giovanni Veronesi: Quando gli ho proposto di essere Ernesto, Elio mi ha chiesto di poter passare una sera assieme a lui. Al termine della serata mi ha chiamato e mi ha detto, "Giovanni, è mio".

Nel film si parla molto di politica, in particolare degli anni di Tangentopoli, del Partito Socialista e poi della discesa in campo di Berlusconi... Giovanni Veronesi: Tutti eventi visti dagli occhi di Ernesto, lo sottolineo; quando Ernesto si ferma davanti ai manifesti elettorali di Berlusconi e ne imita il sorriso, non è una presa in giro, ma il racconto di un momento ben preciso della storia italiana, quello in cui Berlusconi ha fatto breccia sul popolo. A chi sorrideva? A chi aveva bisogno di sorrisi. Ripeto, il film è una commedia e ha anche aspetti politici nella cornice, trattati però con ironia e divertimento.

Uno dei punti fermi della vita di Ernesto è il rapporto con la moglie Angela... Elio Germano: Sì, questo è il primo film diretto da Giovanni in cui non ci sono corna; raccontiamo la storia di persone che non devono imitare qualcun altro per essere felici, non scappano da sé stesse, ma si prendono le soddisfazioni dal proprio rapporto sentimentale, dal proprio lavoro e che si fanno forza l'uno con l'altra. La verità è che queste persone non sono più presenti nei nostri film perché non vanno di moda, ma sono la normalità.
Alessandra Mastronardi: Ernesto e Angela Sono una coppia vera, condividono la vita, parlano; Angela è un filtro tra Ernesto e il mondo, ogni volte che torna a casa è come se lei lo ripulisse dalle brutture e gli ricorda che sono diversi da tutti gli altri.

Ernesto, ci sembra giusto far sentire anche la tua voce in questa giornata molto particolare; sei felice di come Giovanni ha raccontato la tua vita? Ernesto Fioretti: Lui ci ha messo un po' di pepe da grande regista qual è. E dire che era cominciato tutto per gioco, durante un viaggio per Fabriano e mi trovo a gestire una cosa più grande di me.
Giovanni Veronesi: Siamo andati a mangiare in un Autogrille e lui uscendo mi ha detto, "'amo magnato peggio de quando ho fatto er cuoco all'asilo"; in poche parole mi aveva raccontato i chiodi fissi dell'italiano medio dell'epoca, il posto fisso, la piccola corruzione per vincere i concorsi. Sembrava di sentire un personaggio di un film di Scola. La sera a cena poi ho raccontato la storia di Ernesto a mio fratello Sandro, alla moglie e a Valeria (Solarino, ndr). Sandro mi ha detto, se tu non fai un film da questa storia, ti avverto che scrivo io un romanzo. Sono stato costretto a fare il film, insomma. E l'idea non mi è affatto dispiaciuta perché a quelli come Ernesto una medaglia non gliela dà mai nessuno. L'ho fatto io con questo film.

Altra figura importante per Ernesto è quella del pittore interpretato da Alessandro Haber, che in una sequenza vediamo dipingere in prima persona. I quadri che vediamo sono di Mimmo Paladino, ci racconti com'è nata questa collaborazione? Giovanni Veronesi: E' stato Haber a dire di dover chiamare Mimmo Paladino e visto che aveva il suo telefono in agenda lo ha chiamato, me l'ha passato e ci siamo messi d'accordo per vederci a Benevento nel suo studio. Lui è un genio dell'arte, sono rimasto estasiato da quella specie di luogo sacro; Mimmo è stato straordinario, non solo ci ha dato i suoi quadri, ma è andato anche a cercare quelli dell'epoca, in più ha dipinto ex novo i pannelli con gli uomini neri, senza prendere un euro per questo. Sì, nel film il rapporto tra il pittore ed Ernesto è speciale perché attraverso di lui Ernesto è riuscito ad affezionarsi alle opere d'arte. L'ho trovato molto poetico.

Elisa, chiudiamo con te e con un tuo sogno che si realizza... Elisa Toffoli: Scrivere una colonna sonora intera è stata una bellissima esperienza, è come se un bambino potesse mangiare una torta intera; è completamente diverso dallo scrivere una canzone, mi sono messa al servizio di una storia e dei suoi personaggi che ho potuto tradurre a livello musicale. Non so se ripeterò questa esperienza. Forse se me lo chiedesse ancora lui...