Colazione da Tiffany: un sogno romantico senza tempo

Per celebrare i novant'anni di Truman Capote e la festa degli innamorati, Nexo Digital riporta al cinema per un solo giorno la storica pellicola firmata da Blake Edwards e interpretata da un'indimenticabile Audrey Hepburn

Sono le cinque del mattino del 2 ottobre 1960. Un taxi si ferma sulla Quinta Strada per far scendere una ragazza esile ed elegante. Veste un abito da sera nero, una collana di perle, guanti lunghi, occhiali scuri e un piccolo diadema tra i capelli. Lei ancora non lo sa mentre gusta ignara delle brioche davanti alle vetrine di Tiffany, ma il suo stile è destinato a condizionare il costume per molti decenni a venire. Altrettanto ignaro della magia in atto è il regista Blake Edwards che, seguendo le riprese di questa prima scena realizzata grazie alla condiscendenza della gioielleria in questione ad aprire per la prima e ultima volta di domenica, non immagina certo l'impatto che avrebbe avuto sull'immaginario degli spettatori. L'unica, probabilmente, a rendersi conto dell'evento è proprio la città che non dorme mai, la Grande Mela tanto generosa da presentarsi per l'occasione meravigliosa nella luce dell'alba e insolitamente silenziosa. Per i pochi che non lo avessero ancora capito, stiamo parlando dei "primi passi" di Colazione da Tiffany, un film che, andando ben oltre gli schemi prevedibili della commedia romantica, è riuscito ad orchestrare un insieme armonioso in cui moda, umorismo, musica, sentimenti e malinconia si uniscono per dare vita ad un'emozione unica.

Sarà per questo che Holly Golightly è diventata, grazie anche al gatto senza nome e ai danesi mangiati di prima mattina, un simbolo femminile tanto forte da affrontare lo scorrere del tempo senza mostrare nemmeno una ruga. Ma più delle musiche indimenticabili di Henry Mancini, i premi vinti e l'eleganza portata da Givenchy a rappresentare l'essenza di questo film sono gli occhi da cerbiatto di Audrey Hepburn capace, come scrisse a suo tempo Variety, di rendere la sua eroina, "un'affascinante, selvaggio e amorale spirito libero con una latente vena di romanticismo". Dunque, non stupisce la decisione della Nexo Digital di riportare al cinema, anche se solo per un giorno, questo capolavoro ringiovanito dal 4K. L'occasione è il 14 febbraio e i 90 anni di Truman Capote dalla cui penna nacque questa ragazza discutibile, una "matta autentica" pronta a rifugiarsi tra le mura rassicuranti di Tiffany pur di farsi passare le paturnie.

All'inizio fu il romanzo

Alla fine degli anni cinquanta Capote si era conquistato con la sua intelligenza vivace e arrogante un posto d'onore nei salotti bene dell'upper class di Manhattan. Vestendo i panni del dandy intellettuale, gli stessi che lo avevano condannato alla derisione durante la sua adolescenza in Alabama, si era aggiudicato con grande velocità l'amicizia di personaggi del calibro di Jackie Kennedy, Humphrey Bogart, Ronald Reagan, Andy Warhol e Tennessee Williams. Il suo stile era caratterizzato da un carattere irriverente e da un evidente gusto per l'eccesso. Elementi che, insieme alle sue esperienze personali e alla capacità di mettere in evidenza l'umanità anche nei personaggi più ambigui, andarono a caratterizzare la voce di un narratore al tempo stesso sofisticato e spietato. Da queste attitudini personali e dall'esperienza di alcuni racconti pubblicati su Harper's Bazaar,nasce il desiderio di raccontare una storia come Colazione da Tiffany. Già apprezzato per il più autobiografico Altre voci, altre stanze, Capote arriva così a gestire un intreccio in cui stempera il romanticismo con quell'intenso senso del reale che avrebbe mostrato le sue tinte più forti in A sangue freddo. Ma in attesa di lasciarsi sedurre da uno dei più efferati delitti americani, il giovane Truman dedicò tutta la sua attenzione a ricostruire la vita e il destino incerto di Holly Golightly e, attraverso le sue speranze mal riposte, definire l'immagine di una società newyorkese tanto varia quanto impietosa con le altrui debolezze. Originariamente la vicenda viene raccontata attraverso dei flashback dal barista Joe che, dopo aver ritrovato la foto di una bizzarra statua africana con le fattezze della ragazza, ritorna con la mente alla loro amicizia e agli anni passati nell'Upper East Side. L'eroina in questione viene descritta da Capote, attraverso questa voce maschile come una donna molto dolce ma al tempo stesso caparbia, cinica e sognatrice. Così, nonostante i suoi costumi piuttosto liberi la portino a frequentare uomini di vario tipo per interesse, tutto ciò che Holly cerca è un posto che la faccia sentire a casa come da Tiffany, tanto da convincerla a comprare i mobili e dare un nome al gatto.

Ma chi è veramente Holly Golightly?

Con certezza sappiamo che il suo vero nome è Lula Mae e viene dal Texas. Già sposata con Doc, un veterinario molto più maturo di lei, fugge a New York inseguendo le inquietudini di un carattere selvaggio e mal disposto ad appartenere a qualcuno. Per questo motivo l'elemento principale che caratterizza la sua personalità e lo stile di vita è un'assoluta e completa libertà, che si esprime in una quotidianità fatta di espedienti. Altrettanto sicuri, poi, siamo della sua amicizia con il gangster Sally Tomato e delle visite del giovedì a Sing Sing in cui si fa messaggera di misteriose previsioni del meteo. Questi pochi elementi, come l'ostinata caccia agli uomini più ricchi d'America al di sotto dei cinquant'anni, sono gli unici che uniscono il romanzo originale di Capote alla sceneggiatura candidata all'Oscar di George Axelrod. In realtà, una volta acquistati i diritti del libro, La Paramount Pictures ignorò le direttive dell'autore e decise di risistemare eventi e protagonisti seguendo i canoni piuttosto rigidi della commedia sofisticata. Ad essere maggiormente smussata è la realtà non sempre mondana e brillante in cui è immersa Holly e, in modo particolare, la vita sessuale e bisessuale della ragazza cui Capote fa riferimento con delicatezza ma senza troppo mistero. A questo punto, come rendere la libertina Holly adatta al grande schermo e a delle dive poco inclini a vestire i panni di ragazze "facili"?

Nulla di più semplice per la penna di Axelrod. Mantenendo intatta la vivacità e la complessità emotiva della protagonista, lo sceneggiatore costruisce ad hoc un intreccio amoroso mai immaginato dallo scrittore, porta alla luce l'inedito eroe romantico Paul Varjak, scrittore mantenuto da una donna sposata, e orchestra un lieto fine con tanto di bacio sotto la pioggia in barba al finale aperto del romanzo. Non è un mistero la reazione oltraggiata di Capote di fronte a tanta manomissione e ad una interpretazione troppo personale del suo lavoro. Definì il film " un a sdolcinata lettera d'amore" che aveva trasformato una protagonista volutamente "sostanziosa e sgradevole" in un personaggio " inconsistente e carino". Ciò che Capote non comprese, invece, fu proprio la necessità di un "salvataggio" finale per permettere alla sua Holly di mantenere la forza innovativa del carattere e di mostrare sui più "puritani" grandi schermi degli anni Sessanta la tristezza malcelata dietro la frequentazione per pura sopravvivenza dei suoi "vermi e super vermi". Perché oltre l'elargizione dei famosi cinquanta dollari per la "toeletta" ed altri cinquanta per il taxi, si nasconde senza troppo mistero la miseria di una vita sospesa, il timore di concedersi veramente agli altri e l'amara malinconia che, forse per la prima volta, non ha paura di contaminare un film romantico.

Sotto il segno di Audrey

"Il film ha soprattutto un asso nella manica noto con il nome di Audrey Hepburn che a dispetto della sua tipica aria da cerbiatto impaurito dimostra un folle talento comico. Nella persona di Miss Hepburn Holly è un folletto sperduto pieno di fascino genuino". Questa recensione entusiasta del New York Times, pubblicata pochi giorni dopo l'uscita del film e i record di vendita ottenuti al botteghino, dimostra come anche un genio riconosciuto tale dai suoi contemporanei possa sbagliare enormemente nel giudicare le successive vite della sua creatura e le persone destinate a farla brillare. Tutto questo introduce l'annosa questione del rifiuto di Truman Capote niente meno che alla leggiadra Audrey. Amico intimo di Marilyn Monroe, lo scrittore ha sempre dichiarato di aver pensato a lei nell'immaginare il personaggio di Holly ma la diva deluse le sue aspettative rifiutando immediatamente d'interpretare la parte, spinta da un agente poco entusiasta a vederla nei panni di una ragazza di vita. A dire il vero anche la Hepburn sembrerebbe aver reagito nello stesso modo, spalleggiata dal marito Mel Ferrer poco incline a lasciare che la dolce Sabrina vestisse atteggiamenti tanto libertini. Sta di fatto, però, che dopo aver messo in ombra altre possibili scelte come Shirley MacLaine e Jane Fonda, Audrey accetta la sfida ed entra nella storia del cinema diventando non solo un'attrice più definita ma una vera e propria icona. Perché, nonostante l'opinione del tutto personale di Capote, la sua femminilità quasi accennata eppure capace di una maturità inaspettata, diede a tutto il film un'impronta personale e inconfondibile. Sul set di Colazione da Tiffany l'attrice ha già compiuto trent'anni ed è appena diventata madre. In sostanza è alla ricerca di un ruolo che la porti su un livello interpretativo diverso, più sfaccettato senza scontrarsi troppo con una fisicità che rimarrà giovane e innocente per tutta la sua carriera.

Le sue Vacanze Romane sono terminate da molto e lo dimostra imponendo anche alcune decisioni come l'apprezzamento incondizionato al lavoro di Henry Mancini, l'imposizione dello stile Givenchy per i costumi e la collaborazione non sempre facile con il più inesperto George Peppard, arrivato sul set come terza scelta dopo Tony Curtis e Steve McQueen. Ed è così che il tocco di Audrey si avverte chiaramente nell'interpretazione di una giovane donna ariosa ma al tempo stesso "balorda", nella credibilità di alcune battute passate alla storia come nella freschezza di uno sguardo nella cui profondità si cela un mondo ancora in tormento. La Hepburn compie una magia rara e ci fa credere che "niente di brutto può accadere da Tiffany" _e che "gli uomini si giudicano dagli orecchini che ti regalano". Il tutto entrando di diritto nell'Olimpo cinematografico vestendo un cappello a falde larghe e dei gioielli dichiaratamente falsi, perché si sa " I diamanti prima dei quaranta fanno cafona"_.

E Givenchy inventò lo stile da colazione

Quando si parla di Tiffany e della Hepburn come per magia si evoca il tubino di raso nero italiano senza maniche di Givenchy destinato a condizionare la storia del costume in modo inaspettato, tanto che una copia venne battuta all'asta da Christie's nel 2006 per ben 467.200 sterline . Nonostante Coco Chanel avesse già provato ad imporre l'abito scuro dalle linee essenziali come sinonimo di raffinatezza, fu il guardaroba disegnato per la dolce e fresca Holly ad ottenere un successo senza precedenti. In questo modo il vestito in questione, e tutte le sue varianti mostrate nel film, si sono strasformati in un must have cui nessuna donna può e deve rinunciare per esprimere una femminilità allo stesso tempo elegante e sensuale. Riuscire, poi, a vantare la stessa classe disinvolta della Hepburn mentre si produce in un fischio da record, per altro doppiato visto che l'attrice non ottenne mai il risultato desiderato da Blake, è tutto un altro discorso.

Ma come arrivò il francese Hubert de Givenchy a firmare questo inossidabile look adatto a qualsiasi occasione, dalle visite a Sing Sing fino alle colazioni albeggianti , e che da un sondaggio del 2010 venne considerato ancora il migliore mai indossato da una donna in un film? A desiderare la sua presenza fu la stessa Audrey, unita quasi indissolubilmente al suo stile nella vita come nel lavoro. A dire il vero più che un desiderio fu una vera e propria imposizione che, almeno nel primo momento, mise in difficoltà la produzione. La Paramount Pictures, infatti, era solita affidarsi per la realizzazione dei costumi ad Edith Head, pluripremiata per film come Eva contro Eva, Un posto al sole e La Stangata, ma la Hepburn fu irremovibile e volle al suo fianco lo stilista francese che ormai considerava " Il suo più grande amico". I due si erano conosciuti in occasione delle riprese di Sabrina, film cui Givenchy aveva collaborato dopo il rifiuto di Balenciaga fornendo alcuni abiti dalla sua collezione. Da quel momento tra di loro nacque un sodalizio che andò ben oltre i successi al botteghino e le copertine di dei fashion magazine. Perché quello che a prima vista può essere considerato come il capriccio di una diva accarezzata dal piacere di essere diventata anche musa, altro non fu che la capacità di vedere delle enormi potenzialità nell'altrui talento da mettere a disposizione della narrazione cinematografica. Di lui dirà che, oltre ad essere uno stilista, era soprattutto _"un creatore di personalità" _ed è proprio questa capacità di forgiare ed evidenziare caratteri che ha consegnato all'immaginario collettivo il personaggio di Holly unendolo indissolubilmente a quello della Hepburn.

Moon River wider than a mile...

Dopo una proiezione di prova a San Francisco uno dei produttori diede il suo benestare a tutto, tranne che a "quella canzoncina sciocca di cui si può fare benissimo a meno". Il brano in questione era proprio Moon River e questo evento dimostra, ancora una volta, quanto fare dell'arte e sovvenzionarla sia due cose completamente diverse. Detto questo, la canzone fu salvata in extremis dall'opposizione della Hepburn, la quale dichiarò con fervore: _"Dovrete passare sul mio cadavere". _ Mai reazione fu più opportuna visto che Moon River composta da Henry Mancini e Johnny Mercer non solo si amalgamò perfettamente al film diventandone parte indissolubile, ma rappresentò anche un vero e proprio successo discografico. Infatti, oltre a vincere l'Oscar come miglior canzone, il brano si aggiudicò il Grammy Awards per il miglior arrangiamento nel 1962 entrando anche nella Top 40 in undicesima posizione. Dopo l'uscita in sala di Colazione da Tiffany vennero realizzate più di cento diverse registrazioni di questa canzone ma, almeno nell'opinione di Mancini, la migliore rimase quella cantata da Audrey in un sussurro dolce e lento come l'andamento dei fiumi georgiani. E ad oggi nessuno riesce ancora a dargli torto.