Berlino, una lady chiamata Meryl Streep

La Berlinale celebra la grande attrice americana con la consegna questa sera dell'Orso d'Oro alla carriera e lei ha risposto ammaliando la platea dei giornalisti con una conferenza stampa a cuore aperto e dai toni molto divertiti; 'Essere la Thatcher non è stato difficile, ma a fine giornata bevevo sempre un bicchiere di gin e tonic'

L'occasione, celebrare Meryl Streep con l'Orso d'oro alla carriera. Il pretesto, la presentazione nella sezione 'Competition Special Screening' del suo ultimo film, The Iron Lady, che le è valso la diciassettesima nomination all'Oscar e un Golden Globe. Critici e giornalisti cinematografici di tutto il mondo hanno esaurito gli aggettivi per definire l'arte della più grande attrice vivente, che questa sera verrà insignita del prestigioso riconoscimento in una cerimonia che rappresenta uno dei momenti più attesi del 62.mo Festival di Berlino, degno coronamento dell'ampia retrospettiva che la Berlinale ha dedicato all'inteprete americana. Un excursus della lunghissima vita artistica che tra le tappe comprende come scritto anche la presentazione del biopic su Margaret Thatcher diretto da Phyllida Law. Nel divertentissimo incontro con la stampa che si è tenuto nel tardo pomeriggio, Meryl Streep è stata ovviamente l'assoluta protagonista e al partner sul set Jim Broadbent (Dennis, il fido marito della Thatcher) e alla regista del film, Phyllida Law, non è restato altro che assistere al vero e proprio trionfo di questa donna meravigliosa a cui alcuni giornalisti hanno regalato un mazzo di fiori per San Valentino e una matrioska che rappresentava le fattezze dell'attrice ('Che carini, avete rimpicciolito il mio naso', ha commentato ridendo)

Signora Streep lei sente ancora le farfalle nello stomaco quando pronunciano la frase, 'and the Oscar goes to....'? In effetti durante i Golden Globe è apparsa piuttosto emozionata....
Meryl Streep: emozionata? Dica pure scioccata. Certo che sento ancora le farfalle nello stomaco. E' piuttosto strano, in realtà. Quando hai fatto un lavoro di cui ti senti orgoglioso, come questo film, vuoi semplicemente che lo vedano più persone possibile e basta. Poi ti ritrovi catapultato in una cosa tipo il Super Bowl!

Piuttosto difficile...
Difficile soprattutto perché un attore è cosciente di ogni cosa. Sa esattamente cosa avviene attorno a lui e la cosa si complica quando si ha a che far con le aspettative di tutti.

Cosa fa in questi casi?
Mi tengo stretta la mia paura, le mie insicurezze. Un attore non è uno scienziato che salva vite umane, ma una persona che di volta in volta cerca qualcosa di nuovo per cui emozionarsi ancora.

Qual è stata la cosa più dura nella sua costruzione del personaggio?
Non c'è stato nulla di difficile o troppo arduo da superare, anche se alla fine di una giornata di riprese la regista mi portava sembre un bicchiere di gin e tonic (ride). Certo, un ruolo come quello della Thatcher è stato lungo da preparare, ed è stato complesso in particolare rappresentare la stessa donna in diverse età della sua vita, ma sinceramente per me sarebbe stato molto più complicato essere sul set di un film pieno di effetti speciali. Il risultato è il frutto del lavoro di Phyllida, di Jim e di tutti gli altri attori che hanno recitato con me.

In questo caso potremmo dire che il trucco è stato il suo unico effetto speciale...
Lavoro con lo stesso team di make up da 35 anni ormai. Sono dei professionisti meravigliosi, soprattutto perché, come dicevo prima, il personaggio viene ripreso in diverso anni della sua vita. Quando ti confronti con gli altri attori sul set e loro ti guardano negli occhi e non vedono in te il personaggio o la maschera, ma la vera persona, quello è il momento più bello e gratificante.

Come fa ad apparire sempre diversa nei ruoli che interpreta?
Ho avuto la fortuna di intepretare dei personaggi in cui mi rivedevo o meglio, in cui notavo delle qualità che sentivo anche io di possedere. Credo sia questo il segreto.

Signora Lloyd, alcune critiche che le sono state rivolte erano legate al fatto che la sua Thatcher fosse in realtà una Lady d'oro più che di ferro... Phillida Lloyd: il 50% della storia è stata totalmente creata dalla fantasia della sceneggiatrice Abi Morgan, l'altra metà invece è rappresenta il punto di vista di Margaret ed è totalmente soggettivo. Non è un documentario e non è un film politico, almeno non nel senso tradizionale del termine, perché io considero molto politica la scelta di mettere al centro della storia una donna anziana. Quanto alle critiche, la mia generazione è cresciuta considerando Margaret Thatcher come un mostro, ma noi ci siamo limitati ad esplorare solo alcuni episodi, soffermandoci su temi molto generici come il potere e soprattutto la perdita del potere.

Signora Streep, lei ha sentito il peso di questo personaggio così controverso?
Partiamo dal fatto che io non giudico mai i personaggi che interpreto, sarebbe una cosa totalmente insensata, un po' come giudicare te stesso. Anche io, da liberal, non avevo grossa simpatia per la Thatcher. Era amica di Ronald Reagan, poi indossava dei vestiti un po' così, aveva i capelli che aveva, noi donne ci giudichiamo su queste cose sapete? (ride), ma alla fine ho scoperto degli aspetti che mi hanno davvero sorpreso. Sconvolse i conservatori americani perché non era contro l'aborto, si è preoccupata del surriscaldamento del pianeta prima degli altri, a differenza dei politici americani non ha mai smantellato la Sanità, sono delle qualità che le vanno riconosciute. Mi interessava fare di lei un ritratto tridimensionale, sottolineare la sua autorità, ma anche il grande coraggio che ha dimostrato quando è scesa in politica. Era un mondo diverso rispetto al nostro.

A suo modo potremmo definirla una femminista?
Che le piacesse o meno lo era eccome! Soprattutto se consideriamo che lei ha lavorato per uno schieramento politico decisamente conservatore. E' arrivata al punto più alto del suo partito e questo ha reso possibile quello che veniva considerato inconcepibile. Quando io ero piccola non esistevano figure politiche di così grande livello come la sua. Le donne potevano essere infermiere o insegnanti, ma nessuna poteva mettere piede nella stanza dei bottoni ed è stato grazie a lei se la situazione è cambiata, ha aperto le porte alle donne.

Ci sono dei ruoli che l'hanno in qualche modo cambiata? Penso ad esempio a quello di protagonista ne La scelta di Sophie...
Recitare è come ascoltare della musica, quando leggo un copione sento subito se lo devo fare. Ho sempre pensato che questo dipendesse dal fatto che certi sentimenti fossero in me prima di prendere in mano una determinata sceneggiatura. Ho un ricordo preciso di La scelta di Sophie. Avevo dieci anni e mia madre mi trascinò letteralmente in biblioteca e presi in mano il libro. Fu la prima cosa che imparai dell'Olocausto. Le immagini con le scarpe rimasero impresse per molto, molto tempo, perché somigliavano a quelle di mia madre.

Lei sceglie sempre delle donne molto forti...
Più che forti direi complicate (ride).

Cosa significa per lei ricevere l'Orso d'Oro alla carriera?
Sono onorata! Vengo da un piccolo paese del New Jersey con cinquemila abitanti e l'idea di essere qui, in uno dei festival più prestigiosi al mondo, mi emoziona.

Spesso lei viene considerata un vero modello dalle altre attrici. Lei come vede le sue colleghe?
Non posso certo mettermi a fare classifiche, mi dispiacerebbe troppo dimenticarne qualcuna. Quello che posso dire, però, è che il livello della recitazione è davvero molto cresciuto. Le interpretazioni sono tutte belle e molto profonde. Spero soprattutto che non si giudichi un'attrice dal numero di nomination ottenute, perché io trovo assurdo che un'interprete del calibro di Olivia Colman non sia stata candidata all'Oscar per Tyrannosaur. E tutto questo perché un film meraviglioso come questo non riesce a trovare una distribuzione negli Stati Uniti. Siete voi che dovete far pubblicità a queste artiste, voi che dovete farle conoscere al grande pubblico.