Berlino 2011: il trionfo dell'Iran all'ombra di Panahi

Tra film in 3D, una interessante sezione fuori concorso e, soprattutto, l'assenza importante di Jafar Panahi, termina la 61ma edizione del Festival del Cinema di Berlino.

Si è conclusa come era iniziata l'edizione 2011, la 61ma, del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, con il richiamo alla figura di Jafar Panahi, un'assenza che ha assunto valenza maggiore di molte partecipazioni alla kermesse tedesca. E' un fenomeno che capita per il secondo anno consecutivo, dopo l'Orso d'argento per la regia ricevuto in absentia nel 2010 da Roman Polanski, e fa riflettere sull'effettivo richiamo di tanti nomi invece presenti al festival ed incapaci di catalizzare l'attenzione su di sè. Un'assenza incombente, evocata nel corso della conferenza di apertura dei giurati, dalla foto dell'artista presente, ma non firmata, nel Berlinale Palast accanto a quelle degli altri ospiti, negli proclami lanciati da tanti partecipanti in favore della sua liberazione, nell'accenno finale, che farà discutere, di Asghar Farhadi nel rispondere all'inevitabile domanda al riguardo (leggi la conferenza dei premiati di Berlino 2011) dopo aver ricevuto l'Orso d'oro per Nader and Simin, A Separation.

Eppure non sono mancati cineasti degni di tale nome: dai Coen a Wim Wenders, da Werner Herzog a Michel Ocelot, Bela Tarr e lo stesso Farhadi. Forse sono mancate vere e proprie star, quelle che permettono alla stampa non specializzata di spostare l'attenzione sui festival cinematografici: Jeff Bridges ed il cast de Il Grinta, Kevin Spacey ed i colleghi di Margin Call, Colin Firth ed Helena Bonham Carter per Il discorso del Re, sono apparsi troppo poco per tingere la Berlinale della patina di glamour necessaria ad invadere le cronache non cinefile di tutto il mondo. Complice l'impossibilità di avere le relative pellicole in anteprima mondiale, perdendo parte dell'importanza legata alla partecipazione dei loro interpreti.
Non è mancata, però, la tendenza del momento: la terza dimensione, che debutta alla Berlinale con ben quattro film girati in 3D stereoscopico presenti in cartellone.

The Mortician di Gareth Maxwell Roberts, appartenente alla sezione Panorama, è stato il primo dei film 3D proiettati ed ha rivelato un uso della terza dimensione che dà profondità alla messa in scena, ma aggiunge poco o nulla alla narrazione. Un'impressione analoga a quella data da Ocelot in Tales of the Night: il suo 3D non fa che amplificare il distacco tra i due piani del film (i fondali vivamente colorati, in netto contrasto rispetto alle figure scure che si muovono in primo piano), già sufficientemente sottolineato dalle differenze cromatiche tra essi.

Ben diverso l'uso fatto da Herzog in Cave of Forgotten Dreams e, soprattutto, da Wenders in Pina. Se il primo riesce ad usare la tecnologia per portarci materialmente nella cava oggetto del suo documentario, ottenendo effetti a tratti vertiginosi e coinvolgenti, è il suo collega a sfruttare la profondità del quadro per ricreare l'impressione di trovarsi davanti al palco sul quale i ballerini del Tanztheater mettono in scena le straordinarie coreografie di Pina Bausch, alla quale il film è dedicato.

Accompagnati dal già citato Il Grinta dei Coen, dal frenetico Unknown - Senza identità e dalle divenrtenti sorprese Almanya e My Best Enemy, Pina e Cave of Forgotten Dreams sono stati esponenti di una manciata Fuori Concorso di buon livello, capace di far passare in secondo piano una sezione competitiva che ha visto le sue vette unanimante apprezzate proprio in Nader and Simin, A Separation (che si è aggiudicato anche i premi per gli interpreti) ed in The Turin Horse di Bela Tarr (che si è accontentato del gran premio della giuria), che ha avuto i suoi spazi interessanti in The Forgiveness of Blood, Margin Call e If not Us, Who?, ma che ha parzialmente deluso in alcuni dei suoi momenti più attesi, tra i quali l'opera prima di Ralph Fiennes, Coriolanus, ed il secondo film di Miranda July, The Future.

Ma spunti d'interesse sono arrivati anche dalle sezioni parallele. Pensiamo ad alcuni titoli presentati in Panorama e Panorama Special, dall'adorabile film argentino Medianeras, al discreto Tomboy della francese Celine Sciamma, da The Guard a Tropa de Elite 2; o ad alcuni eventi di Berlinale Special, che, accanto al già noto Il discorso del Re, ha accolto Sacrifice di Chen Kaige, il documentario su Harry Belafonte Sing Your Song ed il godibile Toast di S.J. Clarkson. Ed è proprio in queste sezioni che ha trovato posto il piccolo angolo di Italia presente a Berlino, composto soltanto da Qualunquemente e Gianni e le donne, stranamente presentati alla stessa ora dall'organizzazione teutonica, per la prima volta apparsa un po' in affanno. E' invece apparsa sottotono nel suo complesso la sezione Forum, alla quale sono mancati film di altissimo livello, ma dalla quale ci sentiamo di segnalare il poliziesco di Dante Lam The Stool Pigeon.
In modo trasversale alle sezioni parallele, si è riscontrata anche una grande predominanza di film e documentari a tema GLBT, tra i quali The Advocate for Fagdom sulla provocatoria figura di Bruce La Bruce, culminati nell'assegnazione dei Teddy Awards ad Ausente, The Ballad of Genesis and Lady Jaye (come documentario) e Tomboy (premio della giuria).

I tre premi ottenuti da Nader and Simin, A Separation, così come il gran premio a Bela Tarr che proprio al festival ha annunciato il suo ritiro, fanno eco al grosso riscontro ottenuto da questi film da parte della critica, rivelando un'insolita capacità della giuria di entrare in sintonia con i giudizi della stampa specializzata. Unica nota discordante, il premio alla regia di Sleeping Sickness, ma, si sa, non si può essere d'accordo su tutto.