Unorthodox: la spiegazione del finale della serie Netflix

La nostra spiegazione del finale di Unorthodox: la serie Netflix che racconta il rifiuto della fede ultra-ortodossa chassidica e la fuga a Berlino della giovane Esty.

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Unorthodox: Shira Haas in un'immagine della serie Netflix

Unorthodox, miniserie da qualche settimana disponibile su Netflix, è stata un fulmine a ciel sereno in queste settimane di forzata reclusione. Adattamento dell'autobiografia di Deborah Feldman, Ex ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie origini chassidiche, Unorthodox segue la vera storia della giovane Esty (Shira Haas), diciannovenne di fede ultra-ortodossa chassidica che vive nel quartiere di Williamsburg, a Brooklyn. Esty, prigioniera di un matrimonio combinato con Yanki (Amit Rahav), decide di riprendere le redini della sua vita nel momento in cui scopre di essere rimasta incinta fuggendo a Berlino, dove vive la madre, che aveva abbandonato anni prima la comunità. Nella nuova città Esty entra finalmente in contatto con tutto ciò che per anni le era stato negato e, finalmente, ha la libertà di esprimere quella che è la sua più grande passione: la musica.

La serie Netflix, che più che di rifiuto della propria fede racconta di come si può riscoprirla, in modo diverso e più libero, anche in un'altra comunità, trova il suo momento più bello nel suo poetico ed emozionante finale. L'ultimo episodio, in cui come in tutti gli altri passato e presente si intrecciano, mette in scena la definitiva rinascita di Esty e la ridefinizione della sua identità: in questa spiegazione del finale di Unorthodox scopriremo come la protagonista della storia riesca finalmente a liberarsi delle catene che l'hanno tenuta prigioniera per tutta la sua vita, riappropriandosi di se stessa, del proprio corpo e del proprio futuro.

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L'audizione

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Unorthodox: un'immagine tratta dalla serie Netflix

Il momento apice dell'ultimo episodio di Unorthodox è senza dubbio quello dell'audizione al conservatorio, grazie alla quale Esty potrebbe ottenere una borsa di studio e realizzare così il sogno di dedicare la propria vita alla musica (che come sappiamo, è stata per lei una passione segreta per molti anni). Esty, che ha rinunciato a suonare il pianoforte, decide di cantare di fronte alla commissione di professori e musicisti. La canzone che sceglie, la prima delle due che canterà, è An die Musik, amatissima dalla sua Babby, la nonna che l'ha cresciuta. Questa canzone è letteralmente un inno alla musica, ed è una scelta estremamente calzante per Esty, per cui la musica è sì una grande passione ma anche un mezzo per liberarsi definitivamente da una vita di cui si sentiva prigioniera. An die Musik, come farà anche la seconda canzone che Esty sceglierà di cantare, simboleggia sia un accettazione delle proprie origini (in questo caso rappresentate dell'amore per la nonna paterna) che un rifiuto delle stesse. Babby è infatti ciò che Esty ricorda con più tenerezza della sua infanzia ma anche qualcuno che rappresenta a pieno il sistema da cui ha scelto di fuggire, quel sistema che le impediva di cantare perché troppo scandaloso per una donna.

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Unorthodox: una scena tratta dalla serie Netflix

Ad Esty viene poi domandato di cantare qualcos'altro e, seppur inizialmente sembri persa, la ragazza comincia, con voce potentissima, ad intonare una canzone tradizionale Satmar, Mi bon siach. Mi bon siach l'avevamo già ascoltata nel secondo episodio, quello dedicato al matrimonio tra lei e Yanki: sotto il baldacchino nuziale chiamato Chuppah, il rabbino la canta mentre la sposa, accompagnata da madre e suocera, gira sette volte intorno allo sposo. La voce di Esty risuona con ribellione e al tempo stesso ironia, la canzone che sta intonando dovrebbe rappresentare la sua unione con il marito, la sua sottomissione, ma invece è per lei un atto rivoluzionario, perché mentre si libera della sua vecchia vita sta facendo anche qualcosa che prima non le sarebbe mai stato permesso di fare. Come per An die Musik, la seconda performance della protagonista è sia un rifiuto che un'accettazione delle proprie origini, e la cosa più incredibile è che ad assistere, oltre alla madre ritrovata e ai suoi nuovi amici, c'è anche suo marito.

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Il confronto con Yanki

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Unorthodox: Shira Haas in una scena della serie Netflix

Yanki non può assolutamente essere definito un personaggio negativo, ruolo decisamente più adatto a Moishe (Jeff Wilbusch), ma è egli stesso una vittima di quel sistema di cui Esty era prigioniera. Dopo l'audizione Yanki prega la moglie perché torni con lui, perché lo segua a New York e i due possano ricominciare insieme la loro vecchia vita. L'uomo sceglie addirittura di tagliarsi i peyot, i boccoli che gli ebrei ortodossi si fanno crescere ai lati del viso: il collegamento evidente è con il momento in cui a Esty erano stati tagliati i capelli dopo il matrimonio (le donne sposate sono costrette a rasarsi il capo così che gli altri uomini non possano vedere i loro capelli), in questo modo Yatsi spera di convincerla a tornare insieme. Se per lei la rasatura del capo rappresentava l'ingresso in una nuova fase della sua vita, per il marito tagliarsi i peyot è l'unico modo per farla tornare con lui e per "ricominciare" insieme.

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Unorthodox: un'immagine della serie Netflix

Per lei però è troppo tardi, ora sarebbe impossibile fare ritorno a quella vita che già prima le andava stretta. Dopo aver lasciato Yatsi nella camera d'albergo (ed essersi liberata anche dell'odioso Moishe), Esty si rifugia, infine, nel caffè in cui si era fermata il giorno dell'arrivo a Berlino. Nella busta con gli ultimi soldi rimasti ritrova la bussola che la sua insegnante di piano, che l'aveva aiutata a scappare da New York, le aveva regalato. Dietro di lei, poi, vediamo arrivare il gruppo di amici che si è fatta al conservatorio: quest'ultima scena, estremamente emozionante, ci rivela che il suo viaggio alla ricerca di se stessa è giunto al termine e che lei ha finalmente trovato una nuova famiglia, molto più aperta e tollerante.