Un gentiluomo a Mosca, recensione: Ewan McGregor e la libertà da non dare mai per scontata

La recensione di Un gentiluomo a Mosca, serie con protagonista Ewan MgGregor nel ruolo del Conte Aleksandr Il'ic Rostov, confinato nel Grand Hotel Metropol dai bolscevichi nel 1922. Ispirato all'omonimo romanzo di Amor Towles, una riflessione sulla libertà. Dal 17 maggio su Paramount+.

Un gentiluomo a Mosca, recensione: Ewan McGregor e la libertà da non dare mai per scontata

La libertà non va mai data per scontata. Lo scopre a caro prezzo il Conte Aleksandr Il'ic Rostov, confinato dai bolscevichi nel Grand Hotel Metropol nel 1922, in seguito alla Rivoluzione d'ottobre. Di ritorno in patria da Parigi, l'aristocratico si ritrova improvvisamente non soltanto imprigionato nella struttura, ma anche senza averi. Se dovesse lasciare la sua nuova dimora verrebbe immediatamente fucilato. Chi viene da un antico privilegio ha però sempre un asso nella manica, in questo caso nel comodino: nascoste tra le gambe di legno ci sono infatti diverse monete d'oro. Può però il denaro comprare un bene prezioso come l'autodeterminazione di un individuo?

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Ewan McGregor in una scena di Un gentiluomo a Moscar

Ispirata all'omonimo romanzo di Amor Towles, Un gentiluomo a Mosca è su Paramount+ dal 17 maggio. La miniserie in 8 episodi, creata da Ben Vanstone, anche showrunner, può contare su un interprete carismatico quale Ewan McGregor nel ruolo del protagonista. Molto lontano dalla follia del Mark Renton di Trainspotting, l'attore scozzese qui è più che un perfetto gentiluomo: è elegante e affascinante, tanto da suscitare la simpatia delle persone che lavorano nell'albergo.

Qui incontra diverse persone che diventeranno presto fondamentali per la sua vita: Nina Kulikova, bambina che rimane affascinata da lui e dal racconto di vere principesse conosciute dal Conte e soprattutto Anna Urbanova (Mary Elizabeth Winstead), attrice con cui intraprende una relazione. Nonostante la sua nuova realtà, Rostov non si perde d'animo: la bellezza si può ancora trovare anche quando non si può uscire nel mondo esterno. Basta sapere dove guardare.

Una storia sull'importanza della libertà

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Ewan McGregor è Conte Aleksandr Il'ic Rostov

Rostov e Anna, durante i loro incontri all'hotel, parlano spesso di libertà: lei non ha voluto una vita convenzionale, scegliendo il matrimonio e i figli, come la società dell'epoca imponeva alle donne, preferendo invece una vita fatta di viaggi e teatri sempre diversi. Lui non aveva invece mai pensato davvero al significato di impotenza: non poter fare tutto ciò che si vuole per un nobile di inizio Novecento deve essere stato un trauma. Dove trovare quindi uno scopo, un significato?

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Il Conte, educato a cercare la bellezza, che ha sempre avuto a portata di mano, comincia quindi a cercarla nei legami con gli altri. Commovente il suo rapporto con l'uomo che gli porta il miele: quando finalmente riesce a provarne uno dal sapore di mela, come i frutteti che erano in una delle sue tenute, capisce che la vita va avanti, a prescindere dalle nostre miserie, ma non per questo bisogna arrendersi. Si può sempre trovare un modo per ritagliarsi qualche attimo di felicità.

Improvvisamente a contatto con il popolo, il protagonista comprende che la società ormai è cambiata e sta mutando al di là di quelle mura. Una riflessione interessante, che non ha perso valore: cento anni dopo, un'altra guerra ha sconvolto la realtà della Russia (e soprattutto dell'Ucraina), ma l'importanza della libertà personale e il diritto alla dissidenza restano gli stessi.

Un'ottima prova di Ewan McGregor

Un gentiluomo a Mosca può contare su un buon valore produttivo, con ricchezza di scenografie e costumi, ma è l'interpretazione di Ewan McGregor il suo pregio maggiore. L'attore, come abbiamo visto anche nella serie Halston e anche nella versione più matura del suo Obi-Wan Kenobi nella saga di Star Wars, è perfettamente a suo agio e credibile nei panni di un uomo dalla grande dignità ed eleganza. Non si smentisce nei panni del Conte Rostov, a cui dona anche una grande umanità e comprensione della natura umana.

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Mary Elizabeth Winstead in Un gentiluomo a Mosca

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Ottima anche la chimica sul set con Mary Elizabeth Winstead (i due attori sono legati anche nella vita), che offre il ritratto di una donna moderna per i suoi tempi, mossa dallo stesso desiderio di indipendenza del protagonista. Più che il racconto storico, è quello umano su cui si concentra la miniserie e a fine visione si ha una certezza: la vera libertà è quella nella nostra testa.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di Un gentiluomo a Mosca, la miniserie creata da Ben Vanstone e ispirata all'omonimo romanzo di Amor Towles si concentra sul lato umano della vita del Conte Aleksandr Il'ic Rostov, confinato nel Grand Hotel Metropo, nel 1922, in seguito alla Rivoluzione d’ottobre, più che su quello storico. Buon valore produttivo, con ottimo sfoggio di scenografie e costumi, la forza di questo titolo è sicuramente l'interpretazione di Ewan McGregor, perfettamente a suo agio nei panni di un uomo dalla grande eleganza e dignità.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • L'interpretazione di Ewan McGregor.
  • Scenografie e costumi.
  • La riflessione sulla libertà.

Cosa non va

  • Il ritmo non è sincopato e se non vi piacciono le serie troppo parlate forse questa non fa per voi.
  • Chi avrebbe voluto una maggiore analisi storica potrebbe rimanere deluso.