Thomas Sadoski al RFF: The Newsroom sbarca in Italia

Al Roma Fiction Fest è arrivato il giorno di The Newsroom, l'acclamata serie americana dedicata al mondo dell'informazione e dei media ideata e scritta da Aaron Sorkin presentata nella Capitale dall'attore Thomas Sadoski.

Il 17 ottobre su Raitre arriva una delle serie più affascinanti, discusse e premiate degli ultimi anni. Parliamo di The Newsroom, la serie giornalistica americana che giunge sul piccolo schermo nostrano con un anno e mezzo di ritardo rispetto agli States dove, sulla HBO che l'ha anche prodotta, è appena terminata la seconda stagione. Un ritardo che si può sicuramente giustificare alla luce del fatto che si tratta di un prodotto complesso, scottante e di certo non per tutti. La critica americana si è infiammata, i giornalisti si sono inviperiti per la rappresentazione irrealistica che gli autori hanno ideato per raccontare le dinamiche interne alla redazione e del dietro le quinte di un programma di news partendo dalla genesi delle notizie agli effetti che produce la loro messa in onda, con toni caustici, dialoghi serrati e uno stile narrativo che immerge completamente nelle contraddizioni dei media e nella vita contemporanea degli USA. Dietro al progetto come ideatore, autore del soggetto e dello script nonché produttore esecutivo c'è Aaron Sorkin (già autore di West Wing vincitrice di due Golden Globe e di 26 Emmy Awards) premiato con l'Oscar nel 2010 per la sceneggiatura di The Social Network di David Fincher) uno che sa scrivere, coinvolgere e creare una tensione unica tra le sue storie e lo spettatore. Protagonisti della serie l'aggressivo ed egocentrico anchorman Will McAvoy (uno strepitoso Jeff Daniels), il suo nuovo produttore esecutivo ed ex-fidanzata MacKenzie McHale (Emily Mortimer), il personale della redazione composto da John Gallagher Jr., Olivia Munn, Dev Patel, Alison Pill e il loro capo nonché proprietario dell'emittente Sam Waterston. Fresca di Emmy, vinto dal suo straordinario protagonista Jeff Daniels, la serie è stata presentata oggi al Roma Fiction Fest 2013 da Thomas Sadoski che interpreta Don Keefer, l'ex produttore esecutivo di 'News Night' che ha lasciato il programma di notizie per lavorare ad una nuova trasmissione sul network. L'appuntamento è tra un paio di settimane su Raitre (a partire da giovedì 17 ottobre la serie si batterà contro il programma di Michele Santoro e dalla seconda settimana sarà trasmessa in accoppiata con Scandal) con dieci episodi al cardiopalma che raccontano le vicissitudini lavorative, umane, politiche e amorose della redazione giornalistica di un network americano intrecciate con avvenimenti reali che hanno coinvolto gli Stati Uniti ed il mondo intero come il disastro ambientale del Golfo del Messico e quello di Fukushima, le elezioni in Egitto e la cattura di Osama Bin Laden.

Quello che sorprende positivamente di questo show televisivo è che lo spunto parte sempre da racconti puntuali della cronaca recente ed emerge un forte legame con una realtà che grazie a questa serie riusciamo a rivivere con la giusta distanza necessaria talvolta per fare analisi più critiche...
E' vero che c'è questo forte legame con la realtà ma non c'era nessuna intenzione di voler reinterpretare i fatti o di insinuare che essi avrebbero dovuto essere raccontati in maniera diversa, l'intento di Sorkin era quello di scrivere una serie sul giornalismo e su come si possono raccontare le notizie che accadono nel mondo, sull'importanza della professione in un'epoca difficile come quella contemporanea.

In una recente intervista ha dichiarato che il suo personaggio, Don, è esasperato dalla stupidità del mondo che lo circonda. Lei pensa che i serial possono aiutare a combatterla?
Bisogna sempre ricordarsi che si tratta di uno show televisivo e noi ogni giorno ci impegnamo e speriamo che quello che facciamo possa contribuire a cambiare la percezione delle persone, è questa la più grande ambizione per chi fa questo mestiere. Partiamo dall'obiettivo principale di intrattenere il pubblico per un'ora ma non bisogna mai dimenticare che parliamo di uno show studiato per distogliere la mente degli spettatori dai problemi di tutti i giorni. Per quel che riguarda la frustrazione di Don, essa viene dal dover interagire giorno per giorno con tante persone che sotto pressione talvolta si fanno confondere.

The Newsroom è un programma molto intelligente ma ci sono anche serie violente che creano o possono creare un problema sociale. Dal suo punto di vista è il pubblico che chiede quel tipo di programmi o le produzioni televisive possono secondo lei stimolare la riflessione con programmi come questo?
Sono fondamentalmente un romantico e spero e voglio credere che ci sia una parte di pubblico che continui a chiedere queste cose che aspiri a vedere spettacoli di questo livello. Forse oggi è molto più facile fare delle serie violente e anche un po' insignificanti, dal punto di vista economico è assai più facile perché costano meno e non bisogna pagare profumatamente grandi sceneggiatori, ma mi piace pensare che c'è un pubblico che desidera il meglio anche sul piccolo schermo.

Com'è lavorare ad una serie della HBO scritta da un autore assai meticoloso come Aaron Sorkin che sicuramente controlla ogni singola fase del processo creativo?
Penso che ogni artista vorrebbe avere questo tipo di pressione addosso, è il sogno di qualsiasi attore far parte di una serie scritta da un talento straordinario come quello di Sorkin, credo che sia stato per me un piccolo miracolo aver lavorato a questi livelli, era sempre tutto molto elettrizzante, è stata una sfida molto adrenalinica e sono molto onorato di averne fatto parte.

Quello che affascina di più è il veloce palleggio di battute tra gli attori e la sagacia dei testi, tutte qualità che di solito vediamo sul palcoscenico dei teatri. Che peso ha avuto la sceneggiatura sulle vostre interpretazioni?
Io sono una creatura del teatro, gli attori di teatro hanno un rispetto quasi sacro per le parole scritte cosa che invece gli attori di cinema e tv mettono un po' in secondo piano. Durante le riprese di The Newsroom non abbiamo mai cambiato una sola parola di quelle scritte da Aaron. Lui da sempre scrive per il teatro e la scelta del cast è stata fatta proprio in questo senso. Di solito il testo dell'episodio ci viene dato solo tre giorni prima di girare, e tutto è quindi giocato sulla fiducia che lui ripone in noi e sulla nostra capacità di precisione. La cosa più vicina che ho fatto al teatro è stato recitare in questa serie TV, e grazie ad Aaron il passaggio dal teatro alla televisione è stato dolcissimo.

Che successo ha avuto negli USA The Newsroom, quali sono state le reazioni degli addetti ai lavori e del pubblico? Che percezione ha avuto di questa popolarità?
A parte le cifre, per me l'indice del successo della serie è racchiuso nell'acceso dibattito che essa ha suscitato sia tra i giornalisti che tra il pubblico, l'obiettivo più grande che un prodotto televisivo possa raggiungere credo sia questo specialmente se l'argomento trattato è il ruolo dell'informazione nel mondo di oggi. Sono stato contattato da giornalisti, direttori e conduttori per avere uno scambio di opinioni, c'è chi ha espresso giudizi positivi, chi critici e chi negativi ma credo sia normale, per me è stata una grande gioia far parte di queste importanti discussioni sul settore dell'informazione, mi ha molto arricchito a livello personale e culturale.

Nella serie c'è un approfondimento sui vecchi e sui nuovi metodi di fare giornalismo, c'è sia uno sguardo disincantato verso i social network che un grande ritorno alla realtà, alle telefonate confidenziali e a metodi più tradizionali di verifica delle fonti. Qual è la sua opinione su questo parallelo messo in scena da Sorkin?
I nuovi media sono importantissimi e The Newsroom ha contribuito ad accendere ampio dibattito sul gap tra il vecchio e il nuovo, sulla diffusione delle notizie. Se con i new media c'è il vantaggio di poter sapere in tempo reale quello che accade nel mondo, c'è il lato più insidioso della faccenda che riguarda la sicurezza di quel che si diffonde. E' un aspetto molto interessante che analizza il profondo cambiamento che sta avvenendo nel mondo dell'informazione e nel modo di fare giornalismo.

Già dalla prima puntata viene a galla prepotentemente la focalizzazione sul senso di responsabilità che dovrebbe contraddistinguere ogni giornalista quando si trova di fronte allo sguardo del pubblico...
Credo che Aaron Sorkin volesse scrivere una serie televisiva che parlasse sì di giornalismo ma soprattutto di persone, di esserei umani, raccontando i loro fallimenti e le loro gioie. Forse ci dimentichiamo che anche i giornalisti hanno una vita privata e che è facile quando si entra in certi meccanismi perdere l'entusiasmo in quel che si fa. Se con questo show siamo riusciti a riaccendere anche in uno solo di loro il fuoco della passione potremo ritenerci soddisfatti.

Dal suo punto di vista qual è il futuro del giornalismo professionistico?
Io sono un attore e questo non mi autorizza a lanciarmi in previsioni o a dare giudizi su una cosa che conosco solo superficialmente. Non sono un esperto di giornalismo ma mi sono interessato per forza di cose all'argomento come cittadino. Adoro l'idea che ognuno di noi possa improvvisarsi reporter ma chi divulga notizie deve farlo con un'attenzione sempre maggiore e con molta cautela. Da parte nostra noi possiamo farci una nostra idea su quel che accade leggendo molto e informandoci il più possibile. Usiamo tutti i media, i vecchi e i nuovi, ma facciamo sempre attenzione a non creare falsi allarmismi .