Recensione Una proposta per dire sì (2010)

Gli straordinari paesaggi della costa irlandese fanno da cornice a una commedia romantica non originalissima, ma che riesce ugualmente a conquistare lo spettatore grazie alla verve dei protagonisti e a quegli scambi di battute che sanno essere, talvolta, davvero salaci.

Lost in Ireland

Pare che dal V secolo d.C. vi sia una tradizione, nella verde terra d'Irlanda, in base alla quale anche alle donne è data la possibilità di fare una proposta di matrimonio al proprio uomo, soltanto però il 29 febbraio di un anno bisestile! Si tratta, calendario alla mano, di una limitazione non da poco. Ma il sopravvivere di tale usanza è sembrato sufficiente, agli autori di Una proposta per dire sì (il cui script porta la firma del consolidato duo Deborah Kaplan & Harry Elfont), quale presupposto per imbastire una commedia romantica dal piglio avventuroso, piuttosto riuscita sotto diversi profili, non ultimo quello del road movie.

Non mancano invero elementi di discontinuità nella pellicola diretta da Anand Tucker, che in qualche modo è uno specialista del genere (suo è anche Shopgirl, mentre una nota romantica faceva già capolino nel più drammatico Hilary e Jackie), per quanto molto apprezzati siano stati, di recente, certi suoi sconfinamenti in altri territori cinematografici: si prenda il caso di Red Riding: 1983, l'episodio da lui diretto dell'acclamata trilogia prodotta da Channel 4 e dedicata allo Squartatore dello Yorkshire, celebre serial killer inglese.
Tornando alle più miti atmosfere che caratterizzano Una proposta per dire sì (di cui ci sembra maggiormente evocativo il titolo originale, ovvero Leap Year), tutt'altro che promettenti sono le scene che aprono il film. Per niente originale ci è parso, infatti, il tono da commediola più o meno brillante e sofisticata di cui si alimenta inizialmente il racconto, nel descrivere la routine quotidiana della protagonista in prevedibilissimi ambienti della East Coast americana. Un po' come se ci si trovasse di fronte agli sketch meno ispirati di Il diavolo veste Prada, con sullo sfondo Boston al posto della "Grande Mela". Questa intro, comunque necessaria, pone in evidenza abitudini e aspirazioni di una giovane donna in carriera, Anna, alle prese con l'eccentricità comunemente accettata del suo lavoro, una singolare deriva del classico agente immobiliare (difatti tale occupazione consiste nell'arredare provvisoriamente interni, con l'idea che, una volta effettuata la vendita, i mobili debbano essere riportati indietro, limitando così il loro apporto al rendere le case più appetibili agli occhi dei potenziali acquirenti), nonché con la totale assenza di sussulti della propria vita sentimentale, condizionata dal protrarsi del noioso rapporto con un cardiologo perfettino, privo di immaginazione, capace però di infonderle un certo senso di sicurezza. Fin qui nulla di nuovo sotto il sole. Il film di Anand Tucker acquista però brio e leggerezza con la fondamentale trasferta irlandese.

Difatti la narrazione è destinata a spostarsi quasi subito nei verdi scenari dell'isola, grazie all'usanza cui si faceva riferimento in principio: Anna si è finalmente decisa a vincere le resistenze dello storico ma ancor titubante fidanzato ripromettendosi di incontrarlo a Dublino, dove egli si è recato per lavoro, facendogli questa sorpresa (e che sorpresa!) proprio il 29 febbraio; data fatidica in cui, all'interno della coppia, viene incoraggiato il rovesciamento dei ruoli tradizionali e anche le donne possono farsi avanti. Che perciò sia sufficiente lasciare Boston per qualche giorno, raggiungendo il prima possibile la capitale irlandese, per avanzare la proposta al posto dell'interessato? Facile a dirsi, non altrettanto da mettere in pratica; durante il viaggio la volenterosa ragazza si trova davanti ogni genere di imprevisto. Ma il più grande e pericoloso di questi imprevisti ha anche un nome: Declan. Finita per una serie di assurde circostanze in un angolo sperduto della campagna irlandese, la povera Anna deve affidarsi a questo burbero soggetto, che nel suo villaggio si occupa contemporaneamente del pub, della locanda e del locale servizio di taxi, per tentare di arrivare in tempo a Dublino. Eppure l'incontro con Declan, burbero sì ma per niente privo di genuinità, sex appeal e carisma, è lungi dal costituire la fine del viaggio, sarà invece l'inizio di un'avventura ricca di sorprese, oltre che di incontri con personaggi stralunati e divertenti.

Dai brevi cenni riferiti alla trama si può intuire che anche la lunghissima parentesi europea non punti tanto sulla particolarità all'intreccio, focalizzato qui come in altre produzioni affini sulle turbe sentimentali di un personaggio in crisi, indeciso tra la solidità un po' soffocante di ciò che conosce già e il brivido di emozioni nuove, quanto piuttosto sulle modalità del racconto, sulla capacità di tessere siparietti umoristici attraverso il contrasto tra inclinazioni caratteriali e culture diverse. Il caratterino viziato di colei che entra la primissima volta nel pub di Declan presentandosi come "Anna da Boston" (personaggio che calza perfettamente alla graziosa Amy Adams) è destinato, ovviamente, ad arricchirsi di sfumature inedite a contatto col rude e schietto giovanotto irlandese, interpretato con disinvoltura e modi pepati da quel Matthew Goode gia apprezzato nei panni di Jim in A Single Man, come anche in quelli da supereroe dell'Adrian Veidt alias Ozymandias di Watchmen.
Suscita una certa simpatia vedere la strana coppia in giro per le stradine fangose di Tipperary o lungo suggestivi percorsi nel cuore delle contee irlandesi, ove può accadere di tutto, ed anche una festa di matrimonio nel villaggio di turno può trasformarsi in pretesto per fare un po' di baruffa. Ma arriveranno presto le celebri scogliere a picco sul mare, le rovine di un castello perso nella brughiera o qualche altro panorama da favola, ad alimentare il versante romantico di questa commedia che non spicca mai il volo ma si fa guardare con un certo gusto.