Lavender: il mostro si nasconde sotto il letto, ma non fa paura

La sfida di Ed Gass-Donnelly è quella di raccontare una storia angosciante e misteriosa alzando l'asticella della ricercatezza formale.

Lavender: Abbie Cornish in un concitato momento del film
Lavender: Abbie Cornish in un concitato momento del film

Bella e talentuosa, Abbie Cornish è un'attrice di indiscutibile carisma, ma ancora non fa miracoli. Pur calamitando su di sé lo sguardo in tutte le scene che la vedono presente, l'attrice non riesce a far dimenticare i numerosi difetti che affliggono Lavender. L'horror del canadese Ed Gass-Donnelly si inserisce nel sottogenere "casa maledetta" proponendo qualche variante sul tema, ma pur ostentando una certa originalità nel plot non evita di cadere nei cliché di turno, soprattutto per via di una sceneggiatura debole.

Lavender si apre con un incipit manierista in cui veniamo catapultati in una scena del crimine in una fattoria circondata da campi di mais. La scena è congelata, tutti i protagonisti sono immobili come in un tableau. Tra cadaveri insanguinati e agenti di polizia intenti a esaminare i corpi martoriati sbuca una bambina bionda, rannicchiata in un angolo, che ghermisce un rasoio macchiato di sangue con un ghigno diabolico. Con una rapida progressione cambiamo scenario e facciamo la conoscenza della fotografa Jane, interpretata da Abbie Cornish. Sposata con l'aitante Alan e madre di una bambina, Jane ha perso genitori e sorella da piccola, ma non ha memoria dell'accaduto. Affascinata dalle dimore di campagna, la donna passa il tempo cercando location da fotografare. A catturare la sua attenzione è soprattutto una grande fattoria fuori città che sembra esercitare su di lei un'irresistibile attrazione. Dopo che un incidente d'auto le provoca un'ulteriore amnesia, Jane comincia a ricevere strani regali che la conducono fino alla misteriosa fattoria, la quale altro non è se non la dimora in cui la famiglia di Jane è stata sterminata.

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Campi di grano, suoni inquietanti e tableaux vivants

Lavender: Abbie Cornish in un'immagine tratta dal film
Lavender: Abbie Cornish in un'immagine tratta dal film

Con all'attivo l'acclamato Small Town Murder Songs e il sequel dell'hit L'ultimo esorcismo, The Last Exorcism - Liberaci dal male, Ed Gass-Donnelly sembra intenzionato a farsi un nome nel campo dell'horror. Lavender tradisce la sua fascinazione nei confronti del gotico e del paranormale. Il regista sceglie di giocare con la fiducia dello spettatore facendo irrompere nel quotidiano inserti fantastici e soprannaturali. Realtà, allucinazione o follia? Al riguardo Gass-Donnelly mantiene la giusta ambiguità, ma si lascia prendere la mano dalle numerose suggestioni contenute nello script firmato insieme a Colin Frizzell, trascurando la coerenza narrativa. Di conseguenza, con l'avanzare della storia aumentano anche le incongruenze. D'altronde l'intento del regista è quello di rimescolare le carte in tavola per impedire che il pubblico intuisca troppo in anticipo il segreto che si nasconde nella fattoria di Jane. Poco importa, dunque, fornire una spiegazione razionale alle numerose domande che la storia solleva. Almeno dal suo punto di vista.

Lavender: Lola Flanery in una scena
Lavender: Lola Flanery in una scena

Muovendosi sul doppio binario del thriller/horror psicologico, Lavender punta a creare tensione e lavora sul non visto, sull'orrore suggerito e non mostrato. L'anima nera del film risulta, però, annacquata. Gli sforzi di Ed Gass-Donnelly di provocare qualche brivido raccontando una storia riproposta più e più volte lo portano a rifugiarsi nelle convenzioni di genere. Così molte sequenze del film, apparentemente innocue, vengono accompagnate da un rombo in sottofondo, abusatissimo effetto sonoro tipico dell'horror. Il rombo accompagna Jane mentre vede dall'auto la misteriosa fattoria, il rombo segue i personaggi mentre si dirigono verso la porta dopo lo squillo del campanello, il rombo si ode mentre Jane scorge il suo psicanalista in un emporio e lo insegue in un labirinto di balle di fieno e accompagna perfino la sua colazione a base di latte e cereali. Questo abuso di effetti sonori, alla lunga, smorza inevitabilmente la tensione.

Lavender: Abbie Cornish in un momento del film
Lavender: Abbie Cornish in un momento del film

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L'orrore nell'infanzia

Lavender: Abbie Cornish in un momento del film
Lavender: Abbie Cornish in un momento del film

In Lavender Ed Gass-Donnelly ha a disposizione un discreto cast. A eccezione di Abbie Cornish, protagonista assoluta della storia, i suoi compagni di set non vengono, però, valorizzati a sufficienza. Sottoutilizzato Justin Long in un ruolo ambiguo e difficilmente leggibile, mentre Dermot Mulroney, che interpreta lo zio della donna, si rifugia nei cliché del ruolo fornendo una prova appena sufficiente. Colpa anche dello script che piega la natura del suo personaggio alle necessità narrative per conservare l'effetto sorpresa. Quanto al canadese Diego Klattenhoff, che interpreta Alan, marito di Jane, il suo personaggio è funzionale a quello della moglie e lui si cimenta con diligenza nel ruolo del marito prestante e premuroso.

Lavender: Abbie Cornish in una scena del film
Lavender: Abbie Cornish in una scena del film

La sfida di Ed Gass-Donnelly è quella di raccontare una storia angosciante e misteriosa alzando l'asticella della ricercatezza formale. Oltre al tableau iniziale, il regista sfoga la sua vena creativa nei suggestivo ralenti dell'incidente d'auto, tanto bello quanto poco funzionale ai fini narrativi. Il regista costruisce un film in crescendo. Lavender lavora per accumulo, ma raggiunto il climax decide di svelare le carte subito prima del finale. Così lo spettatore rimane orfano del mistero, preda di bambine urlanti, letti su i quali nascondersi, carillon scricchiolanti e una filastrocca infantile di argentiana memoria che contiene la lavanda del titolo. Tanto sforzo, ma la paura è poca commisurata al dispendio di energia e il finale consolatorio pone una pietra tombale su ogni speranza residua di provare qualche brivido.

Movieplayer.it

2.0/5