Marguerite e Julien: un amore contro tutte le regole, sulle orme di Truffaut

La regista Valérie Donzelli firma uno dei film più controversi del Festival di Cannes 2015: una 'scandalosa' love story fra una coppia di fratelli nella Francia del diciassettesimo secolo, narrata con i toni di una fiaba fuori dal tempo e interpretata da Anaïs Demoustier e Jérémie Elkaïm.

L'amour fou. Quel sentimento irrazionale, totalizzante, esplosivo, la cui intensità è talmente impetuosa da non accettare regole e confini di sorta: né sociali, né tantomeno morali. Perché, come prima i grandi poemi, poi i grandi romanzi e infine i grandi film ci hanno insegnato, non esistono tabù o divieti in grado di imbrigliare una passione autenticamente travolgente. È il presupposto indispensabile, addirittura fondativo, del melodramma: un dogma da accettare senza perplessità o scetticismi, se si è disposti a tuffarsi nel più ardente dei generi letterari e cinematografici.

Marguerite et Julien: Anaïs Demoustier con Jérémie Elkaïm in una scena del film
Marguerite et Julien: Anaïs Demoustier con Jérémie Elkaïm in una scena del film

Il mélo, in tal senso, non deve aver timore di cimentarsi con il bizzarro, il paradossale, perfino con il ridicolo, proprio in quanto si tratta di un genere che trascende i concetti di credibilità e di realismo. Del resto l'aggettivo fou, "folle", non caratterizza solo quell'amore fonte di trasgressione, ma si estende alla natura stessa della narrazione che del suddetto amore si pone come veicolo. Un principio da tenere bene a mente, una volta di più, al cospetto di un film quale Marguerite e Julien - La leggenda degli amanti impossibili.

Giochi proibiti

Marguerite et Julien: Anaïs Demoustier in una scena del film nel ruolo di Marguerite
Marguerite et Julien: Anaïs Demoustier in una scena del film nel ruolo di Marguerite

A firmare e dirigere Marguerite e Julien, sulla base di un vecchio copione scritto quarant'anni prima da Jean Gruault per François Truffaut, è una delle nuove voci più interessanti del cinema francese contemporaneo: quella Valérie Donzelli impostasi all'attenzione di critica e pubblico (non solo in patria) nel 2011 con il coinvolgente dramma familiare La guerra è dichiarata e approdata in concorso al Festival di Roma l'anno successivo con Main dans la main, commedia romantica dai tratti surreali. Dopo un adattamento da Marivaux (Que d'amour! del 2013), la Donzelli è tornata al suo cinema anticonvenzionale, ricercatamente poetico e per certi versi quasi anarchico con Marguerite e Julien, progetto ispirato a una vicenda risalente ai primi anni del diciassettesimo secolo e sceneggiato a quattro mani dalla regista insieme al suo collaboratore ed ex compagno Jérémie Elkaïm. Un racconto costruito attorno a uno degli ultimi tabù della nostra epoca, l'incesto, e andato incontro a una feroce accoglienza al Festival di Cannes 2015, dove ha raccolto una valanga di stroncature.

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Marguerite et Julien: Jérémie Elkaïm in una scena del film nei panni di Julien
Marguerite et Julien: Jérémie Elkaïm in una scena del film nei panni di Julien

Eppure sembra un responso ingeneroso quello riservato a Marguerite e Julien: un film imperfetto, magari non adatto a tutti i palati, ma con il coraggio di farsi portavoce di una poetica che si richiama più o meno direttamente al filone dei melodrammi più arditi di un nume tutelare come François Truffaut, egli stesso un cineasta che, in vita, non sempre ha goduto di consensi unanimi (basti pensare alla controversa ricezione di pellicole quali Jules e Jim, La calda amante, La mia droga si chiama Julie o Le due inglesi). E Marguerite e Julien, in qualche modo, pare rifarsi proprio al modello truffautiano: a cominciare dalla partecipazione e dalla tenerezza prive di giudizi con cui la macchina da presa 'abbraccia' i suoi protagonisti, Julien e Marguerite de Ravalet, fratello e sorella inseparabili fin dall'infanzia, separati in età adolescenziale a causa del Grand Tour del primogenito Julien e riuniti poi nel momento in cui i primi palpiti della fanciullezza si sono tramutati nelle pulsioni ben più acute della gioventù.

Una fiaba incestuosa fuori dal tempo

Marguerite e Julien - La leggenda degli amanti impossibili: Aurélia Petit e Frédéric Pierrot in una scena del film
Marguerite e Julien - La leggenda degli amanti impossibili: Aurélia Petit e Frédéric Pierrot in una scena del film

La cinepresa della Donzelli si sofferma su primi e primissimi piani dei fratelli de Ravalet, mentre la morbida fotografia di Céline Bozon sottolinea ulteriormente la bellezza dei rispettivi interpreti: Jérémie Elkaïm, già attore nei precedenti lavori della regista, e Anaïs Demoustier, apprezzata nello stesso periodo nello splendido Una nuova amica di François Ozon. Del resto non c'è traccia di morbosità nell'approccio con cui il film descrive la passione incestuosa tra fratello e sorella: una passione che scorre attraverso 'giochi' di ingenua sensualità (le lettere scritte con il dito da Julien sulla schiena di Marguerite) e che si difende strenuamente sia dallo sdegno dei genitori (Frédéric Pierrot e Aurélia Petit), sia dallo scandalo di quella società vista come un mondo 'altro', davvero troppo alieno per poter accogliere, accettare o semplicemente concepire l'amore fra Marguerite e Julien. E se questo rapporto risulta ammantato di una purezza quasi naïve, il motivo risiede anche nel tono adottato da Valérie Donzelli: quello di una fiaba sospesa al di fuori del tempo e della storia.

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Marguerite et Julien: Anaïs Demoustier insieme a Jérémie Elkaïm in una scena del dramma romantico
Marguerite et Julien: Anaïs Demoustier insieme a Jérémie Elkaïm in una scena del dramma romantico

È un elemento essenziale per comprendere appieno Marguerite e Julien, per poterne cogliere il sottile incanto: quello a cui assistiamo è un racconto gioiosamente libero, intessuto di anacronismi (le fotografie, gli abiti, la musica, perfino un elicottero nell'emozionante scena della cattura di Julien) e totalmente avulso dalla realtà. Un racconto a cui non si può e non si deve richiedere alcun briciolo di realismo storico o psicologico. Marguerite e Julien è al contrario puro artificio, frutto della fantasia e dell'affabulazione: ed è il film stesso a farlo presente fin dall'incipit, con la 'cornice' dell'orfanotrofio in cui la parabola di Marguerite e Julien non è altro che un'altra "storia della buonanotte". In questa ottica, c'è una precisa sequenza che ha un valore emblematico: quando a un tratto la narratrice vorrebbe interrompere di colpo la vicenda, annunciando la morte di Marguerite, è una delle sue piccole ascoltatrici a contraddirla, assumendo su di sé il ruolo di voce narrante. Come a voler far intendere che ogni storia, in fondo, vive, respira e si rinnova soltanto in virtù dell'immaginazione del suo pubblico.

Movieplayer.it

3.0/5