Dio esiste e vive a Bruxelles: il Paradiso, nonostante tutto

Alla base del divertente film di Jaco van Dormael c'è la voglia di guardare sotto una nuova luce storie, miti e tradizioni elaborate dalla società patriarcale; c'è la voglia di partire da queste originali premesse per raccontare una fiaba che parli di noi e del nostro tempo, dei nostri desideri e dei nostri limiti. Spostando il fulcro del nuovo vangelo dalla divinità incarnata all'umanità imperfetta.

Lo abbiamo immaginato tutti un po' come uno di noi, il Creatore. Credenti o non credenti, sognatori o cinici, è bello non sentirsi troppo soli nel cosmo, immaginare una consapevolezza e una volontà superiore che tutto osserva e abbraccia, benché evidentemente impossibilitata ad agire per rimediare alle umane miserie. Poco importa che Dio alla fine sia "un balordo come noi", come nella canzone che Joan Osborne cantava alla metà degli anni '90.

Dio esiste e vive a Bruxelles: un'immagine del film di Jaco Van Dormael
Dio esiste e vive a Bruxelles: un'immagine del film di Jaco Van Dormael

Jaco van Dormael e il suo co-sceneggiatore Thomas Gunzig, però, si spingono oltre: non solo immaginano Dio come un tipo qualsiasi, tappato nel suo appartamento di Bruxelles e diviso tra il pc, il divano e le partite di hockey in TV, ma lo ritrae come un essere spregevole, che ha creato l'umanità per potersi divertire a vederla soffrire. Non assiste impotente a tragedie, guerre e genocidi, ma le provoca e le incoraggia; nei ritagli di tempo, inventa leggi perverse grazie alle quali rendere frustrante anche la vita dei più fortunati: la fila accanto al supermercato è sempre più veloce della tua, la fetta di pane farcita cadrà sempre dalla parte della marmellata, e via sacramentando.

Se Dio avesse una figlia

Dio esiste e vive a Bruxelles: Benoit Poelvoorde in un'immagine del film di Jaco Van Dormael
Dio esiste e vive a Bruxelles: Benoit Poelvoorde in un'immagine del film di Jaco Van Dormael

E' da questo Dio meschino che van Dormael parte per raccontare una storia surreale, eppure genuina e toccante. O meglio, parte da sua figlia. Perché Gesù, che dopo la sua fuga dall'opprimente appartamento dei genitori ha assunto la forma di una statuina che ogni tanto la mamma spolvera tristemente, ha una sorella minore di dieci anni di nome Ea, una bambina che forse non sa ancora fare miracoli incredibili e che non riesce a piangere nonostante i maltrattamenti subiti dal padre, ma certamente è convinta di poter fare meglio di lui. E così la piccola Ea, consigliata dal fratello, che le suggerisce di andare nel mondo per trovare sei apostoli (dodici non bastano, devono essere diciotto in tutto, come i giocatori di una squadra di baseball, sport amato dalla madre silenziosa e oppressa di Ea e JC) prepara un brillante piano di evasione. Ma prima, per liberare gli inermi esseri umani dal loro giogo di paure e incertezze, Ea invia dal computer paterno a tutti gli abitanti del pianeta un SMS con un'informazione sensibile e preziosa: il numero di anni, giorni, ore che ci restano da vivere. Per mettere le cose in prospettiva e per insegnarci che il Paradiso, nonostante tutto, è in Terra, ora.

Dio esiste e vive a Bruxelles: Benoit Poelvoorde, Yolande Moreau e Pili Groyne in una scena
Dio esiste e vive a Bruxelles: Benoit Poelvoorde, Yolande Moreau e Pili Groyne in una scena

Non c'è intento femminista alla base della scelta di van Dormael e Gunzig di fare di donne amabili ed empatiche - Ea e sua madre - il motore del suo "nuovo nuovo testamento" (il titolo originale del film è Le tout nouveau testament), in competizione con una divinità maschile distruttiva e furibonda: c'è la voglia di guardare sotto una nuova luce storie, miti e tradizioni elaborate dalla società patriarcale, che in fondo è praticamente la stessa cosa. C'è la voglia di partire da queste originali premesse per raccontare una fiaba che parli di noi e del nostro tempo, dei nostri desideri e dei nostri limiti. Spostando il fulcro del nuovo vangelo dalla divinità incarnata all'umanità imperfetta.

Dio esiste e vive a Bruxelles: la giovane Pili Groyne in una scena del film di Jaco Van Dormael
Dio esiste e vive a Bruxelles: la giovane Pili Groyne in una scena del film di Jaco Van Dormael

La musica interiore

Dio esiste e vive a Bruxelles: una scena con François Damiens
Dio esiste e vive a Bruxelles: una scena con François Damiens

Perché, se le pedine principali della "azione" rocambolesca di Dio esiste e vive a Bruxelles sono i tre membri della bislacca triade divina, i veri protagonisti sono i sei neo-apostoli, ovvero un campionario simbolico ma evocativo di umanità. Sperduti nel mondo, soli, un po' patetici e fuori posto, i sei "magnifici perdenti", come li chiama il loro creatore (van Dormael, non il Dio infame e irresistibile di Benoît Poelvoorde) sono trasfigurati dal segreto della propria morte e dall'incontro con Ea in persone a contatto con la propria autentica essenza, perché non c'è più paura, non ci sono più scuse, c'è solo un ridicolo lasso di tempo che si consuma inesorabilmente e, inaspettatamente, la libertà di essere felici. La felicità ha l'aspetto bizzarro di un incontro in una sala di doppiaggio di film porno con la ragazza tedesca che ci ha trasformato in erotomani da piccoli, perché ricompone un conflitto insanato con il mistero di quella bellezza e di quello sguardo enigmatico. O nell'idillio con l'uomo che ti ha sparato nella protesi al braccio: lui non è più un assassino in potenza, e tu sei di nuovo completa. O in qualcosa di persino più normale, come un viaggio in barca in capo al mondo o una relazione amorosa con un gorilla, che ci può dare tutto il calore e l'attenzione che il nostro ricco e distratto marito ci nega.

Dio esiste e vive a Bruxelles: in secondo piano, Catherine Deneuve in una curiosa scena del film di Jaco Van Dormael
Dio esiste e vive a Bruxelles: in secondo piano, Catherine Deneuve in una curiosa scena del film di Jaco Van Dormael

Ma a mostrare la ricchezza di questi sei improbabili apostoli è anche la musica. Uno dei poteri di Ea è infatti la capacità di ascoltare la musica dell'anima delle persone che incontra: e questo è il pretesto per selezionare, accanto agli ottimi brani composti da An Pierlé per il film, una piccola collezione di classici immortali che accompagnano le storie dei singoli personaggi e il cui effetto è sorprendente. Rievocando infatti le nostre personali, storiche associazioni con quei motivi celebri - per quanto ci riguarda, ad esempio, l'Aquarium dal Carnevale degli animali di Saint-Saëns ci riporta dritti al Festival di Cannes, ma siamo certi che tutti hanno emozioni e ricordi che riaffiorano ascoltando le note dolenti del quartetto schubertiano La morte e la fanciulla, o le liriche celeberrime di La mer di Charles Trenet - quelle melodie ci aprono uno scorcio inedito e affascinante sui reietti di Dio esiste e vive a Bruxelles ma soprattutto su tutte le persone che abbiamo giudicato superficialmente, sottovalutato, condannato. E questo è forse il messaggio più bello di un film che di cose importanti da dire ne ha molte, e lo sa fare divertendo.

Movieplayer.it

3.5/5