L'ultimo Papa Re: intervista a Marco Cassini

In occasione della messa in onda della fiction di RaiUno - l'appuntamento è il 9 e 10 aprile, in prima serata - l'attore che interpreta Tognetti racconta il suo amore per il cinema e anticipa qualcosa sui suoi ultimi progetti.

I Borgia e Pio IX, ma anche i caffè con le casalinghe disperate: in occasione della messa in onda de L'ultimo Papa Re - fiction in due puntate diretta da Luca Manfredi, in onda stasera e domani sera su RaiUno, in prima serata - Marco Cassini si racconta a Movieplayer.it, parlando soprattutto del ruolo da lui interpretato nel film TV, ma anche degli altri progetti in cantiere, tra cui una divertente serie web che debutterà a giorni, e del ruolo che gli è stato affidato nel serial internazionale I Borgia. Accanto a Marco, nel cast de L'ultimo Papa Re - che si ispira liberamente a In nome del Papa Re di Luigi Magni, con Nino Manfredi, padre del regista - figurano Gigi Proietti, Sandra Ceccarelli, Francesco Venditti, Paola Tiziana Cruciani, Massimo Wertmuller e Renato Scarpa.

Due ruoli in due serie televisive di genere storico: è una coincidenza, o si tratta di una scelta legata a qualcosa di più concreto?
Entrambe le cose. I film in costume vanno oltre il nostro tempo e le nostre abitudini di vita. Di conseguenza lo studio di un personaggio d'epoca è uno studio diverso. Ma amo, in generale, tutti quei personaggi che vivono un cambiamento importante all'interno del film. In qualsiasi epoca, in qualsiasi modo.

Ne L'ultimo Papa Re interpreti il ruolo di Gaetano Tognetti - che fu ghigliottinato nell'autunno del 1868 a Roma - come ti sei preparato all'interpretazione di questo personaggio?
Noto con piacere che conosci la vicenda (ride). Sì, fu ghigliottinato nei pressi del Circo Massimo. E sono partito da lì. Camminando nei vicoli della Capitale, respirando il silenzio di certe strade e il frastuono dei mercati rionali che esiste ancora adesso. Ho letto e riletto il libro da cui è tratto il film. Ho visto il film di Magni, ma Luca (Manfredi) mi ha detto che il suo voleva essere un nuovo film, non un remake, e che dovevamo seguire una nostra strada. Ho cercato di metterci del mio, di essere autentico e vero. Provavo e riprovavo le scene, Luca mi ha aiutato moltissimo in questo percorso.

Nella seconda stagione de I Borgia invece interpreti Pietro Bembo, un altro ruolo storico di rilievo. Che differenze ci sono tra prepararsi ad un ruolo storicamente importante per una produzione italiana e una internazionale?
Sono due prodotti entrambi di altissimo livello. Ma sono recitati in due lingue diverse. L'Ultimo Papa Re è recitato in romanesco. La serie Borgia - Faith and Fear in lingua inglese. Per un attore italiano può risultare difficile, ma ho cercato di mettercela tutta, studiando giorno per giorno.

In questa occasione hai affiancato Gigi Proietti. Tu non sei certo un novellino, visto che hai comunque un ricco curriculum teatrale alle spalle, ma c'è qualcosa che hai "rubato" dai tuoi colleghi più conosciuti, sul set di questa fiction?
Si ruba sempre. Anche al giornalaio sotto casa. O al bar. O al casello, in autostrada. C'è quel modo di dire, quel tic, quel modo di fare, quel modo di vestire che puoi rubare e utilizzarlo per qualche personaggio.
In questa occasione ho affiancato uno dei più importanti "ladri" della storia del teatro e non solo. Gigi è un maestro. Imitatore unico. Tanta professionalità, serietà, e divertimento. Lavorare con un cast artistico così eterogeneo mi ha dato una conferma: lavorando bene si porta sempre a casa un buon lavoro!

Durante gli anni della formazione invece hai avuto modo di confrontarti con maestri come Marco Bellocchio, Giancarlo Giannini, la Wertmuller. Che ricordi hai di questo periodo? Sono sempre stati confronti facili, o ti sei dovuto scontrare con personalità forti, esigenti...
Bellocchio è un grandissimo regista. Amava gli allievi che avevano ingoiato ore ed ore di cinema. Quello vero. Un giorno chiese, a proposito della fotografia nel cinema, quale film di Alfred Hitchcock aveva un tipo di "illuminazione" centrata sull'arma del delitto. Domanda difficile. Non la sapeva nessuno. Io però avevo una mezza idea. Risposi: "Il sospetto, maestro?". Mi sorrise. E per me fu una grande gratificazione. Forse la più grande. Amo il cinema. Lina Wertmuller e Giannini invece sono stati fondamentali per capire appieno cosa significa recitare davanti la macchina da presa.

Oltre che nella fiction di Luca Manfredi, a breve ti vedremo nella webserie Forse sono io, che racconta le vicissitudini di un attore. Che ruolo hai in questa produzione?
La parte di Toni. Un nerd appassionato di fumetti. Vincenzo Alfieri è il protagonista e regista. Quante risate, su questo set. La web series è da vedere. E' ben girata, si ride molto, ed è anche una commedia intelligente.

So che in passato hai fatto un'incursione sul set di Desperate Housewives. Ci racconti qualcosa di quella esperienza?
Esatto. Un'incursione. Una esperienza negli anni della formazione. Portavo i caffè, o semplicemente me ne stavo lì zitto zitto a guardare tutti gli attori in scena. Li osservavo. Cercavo di carpirne i segreti, la tecnica, il loro modo di tirar fuori tutta quell'energia. Fuori dal set erano molto umili. Io adoro le persone umili. Quelle a cui piace lavorare, e stanno con i piedi per terra. Mi ha insegnato tanto.

Hai fatto teatro, tanta televisione, e un po' di cinema. Quali tasselli ti piacerebbe aggiungere per proseguire la tua carriera?
Cerco di andare avanti dando sempre il meglio di me, lavorando sempre al massimo. Essere rispettati, nel proprio ambiente di lavoro, è forse la cosa più importante che ti possa capitare. Essere credibile, artisticamente e umanamente. Quando un regista, o un produttore, o un amico, viene da te e ti dice "Marco, sei stato proprio bravo, hai lavorato bene", questo è il tassello più importante. Il successo, le fantasticherie, l'egocentrismo spropositato, di tutta questa roba non me ne importa niente. Amo il cinema. E amo lavorare bene. Tutto qui.