Katharine Hepburn: come ha sovvertito lo star system di Hollywood

A vent'anni dalla scomparsa di Katharine Hepburn, ricordiamo il talento di un'attrice coraggiosa e anticonformista che seppe prendere in mano le redini della propria carriera.

Katharine Hepburn: come ha sovvertito lo star system di Hollywood

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C'è sempre stato un amalgama di orgoglio e autoironia nel modo in cui Katharine Hepburn ha parlato della professione di attrice. Da un lato, la consapevolezza di possedere un talento fuori dal comune e la determinazione nel rendere la propria carriera una priorità assoluta; dall'altro, il suo lucido distacco da certi aspetti dello star system, distacco che poteva assumere toni di sferzante sufficienza ("La recitazione è il minore dei talenti [...] dopotutto, Shirley Temple ci riusciva a quattro anni") o di smaccata insofferenza. Del resto, nella Hollywood degli anni Trenta, Katharine Houghton Hepburn si era fatta conoscere come la diva con i pantaloni, al cui look sportivo e mascolino corrispondeva un atteggiamento di fiera indipendenza, talvolta ai limiti della ribellione. E nell'America di quasi un secolo fa, caratteristiche simili potevano trasformarsi in ostacoli insormontabili, soprattutto per una donna.

Katharine Hepburn
Un'immagine di Katharine Hepburn

Eppure, a oltre novant'anni dal debutto sul grande schermo e a due decenni dalla sua scomparsa (il 29 giugno 2003, all'età di novantasei anni), continuiamo a parlare di Katharine Hepburn. Una testimonianza del fatto che il suo percorso di attrice, iniziato in palcoscenico nel 1928 e proseguito a partire dal 1932 al cinema, è in grado di restituirci lo spaccato di un'epoca e delle sue contraddizioni, ma anche di raccontarci la parabola di una figura che ha fronteggiato a testa alta convenzioni e tabù del proprio tempo, riuscendo il più delle volte ad avere la meglio. D'altronde, la caparbietà è stata uno dei tratti proverbiali dell'indomabile Kate: una ragazza proveniente dall'alta borghesia del Connecticut che, all'alba della Golden Age di Hollywood, metteva piede nel mondo dello show business, ma senza esibire una grande predisposizione a seguirne le regole, né ad adeguarsi ai suoi meccanismi.

È nata una stella: l'ingresso a Hollywood

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La gloria del mattino: Douglas Fairbanks Jr e Katharine Hepburn

È George Cukor, il "regista delle donne" per antonomasia, a convincere il mega-produttore David O. Selznick a mettere sotto contratto la venticinquenne Hepburn per la RKO e a dirigerla nel suo primo film, il dramma familiare Febbre di vivere, in cui Katharine ruba la scena nella parte della figlia di John Barrymore. Da lì in poi, l'ascesa al successo di Katharine Hepburn sembra rispettare appieno il paradigma della Hollywood di quegli anni. La RKO, desiderosa di sfruttare appieno la sua nuova star, seleziona per lei ruoli in grado di metterne in luce la spontanea vitalità e l'indubbio carisma: nel corso del 1933, Katharine Hepburn interpreta un'aviatrice coinvolta in una relazione extraconiugale ne La falena d'argento, la volitiva Jo March nel fortunatissimo Piccole donne diretto da Cukor, che le vale il premio come miglior attrice alla seconda edizione del Festival di Venezia, e un'aspirante diva del teatro ne La gloria del mattino, per il quale riceve il suo primo Oscar.

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Un ritratto di Katharine Hepburn

È a questo punto, subito dopo la sua consacrazione, che la vicenda professionale di Katharine Hepburn comincia a rivelare delle 'crepe' rispetto ai canoni imposti dallo studio system. La stampa specializzata si mostra spesso indispettita dall'anticonformismo e dalla ruvida schiettezza di una star tutt'altro che incline a concedersi alle mondanità, mentre alla RKO tentano di incanalarla nel filone dei drammi in costume, con risultati spesso mediocri e personaggi che poco si adattano alla vibrante modernità della Hepburn. Dal canto suo, la giovane Kate tenta - nei limiti del possibile - di "contenere i danni", arrivando a pagare di tasca propria pur di interrompere la sua partecipazione al fallimentare allestimento teatrale The Lake, e nel 1935 si prende una rivincita grazie al successo di Primo amore di George Stevens, pellicola sentimentale nella cornice della Grande Depressione, che le fa guadagnare una seconda candidatura all'Oscar.

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Una magnetica antidiva fra successi e passi falsi

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Il diavolo è femmina: un'immagine di Katharine Hepburn

Tuttavia, la seconda metà degli anni Trenta è contrassegnata dal declino della popolarità dell'attrice, bollata dalla stampa come "box-office poison"; bisogna ricordare però che a questo periodo appartengono almeno un paio dei titoli più interessanti della sua filmografia, opere in netto anticipo sui tempi e destinate pertanto ad essere riscoperte solo dalle generazioni a venire. Nel 1935, Il diavolo è femmina di George Cukor la vede nei panni di una truffatrice che attraversa l'Europa spacciandosi per un maschio: è un ruolo che gioca sull'androginia della Hepburn e che contiene implicazioni omoerotiche poco apprezzate dal pubblico più conservatore. Nel 1938, nell'indimenticabile Susanna! di Howard Hawks, Katharine torna ad affiancare Cary Grant in un film assurto a pietra miliare della screwball comedy, sprigionando un'energia e un magnetismo che ne confermano la straordinaria attitudine per la commedia brillante: si veda pure, quello stesso anno, il tenerissimo Incantesimo, che riunisce Grant ed Hepburn davanti alla macchina da presa di Cukor.

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Susanna!: Cary Grant e Katharine Hepburn

È in questo contesto un po' 'traballante' che Katharine Hepburn sceglie di liberarsi dal giogo degli studios e di assumere un maggiore controllo sulla propria carriera, a costo di rischiare un perenne ostracismo da Hollywood. Dopo l'uscita di Susanna!, Kate paga settantacinquemila dollari di tasca propria per rescindere il contratto con la RKO e mette in pausa l'attività nel cinema per dedicarsi al palcoscenico: nel 1939 ha inizio la sua trionfale tournée in The Philadelphia Story di Philip Barry, e l'attrice ha la lungimiranza di acquistarne i diritti per una trasposizione cinematografica, una decisione che le conferirà un enorme potere contrattuale per il suo ritorno a Hollywood. Nel 1940, Katharine Hepburn cede i diritti alla MGM a patto di conservare il ruolo principale e di poter selezionare lei stessa il regista e il cast: per Scandalo a Filadelfia richiama dunque il fidato George Cukor e fa ingaggiare, in qualità di comprimari maschili, l'amico Cary Grant e James Stewart.

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La rivincita di Kate

The Philadelphia Story
Scandalo a Filadelfia: Cary Grant e Katharine Hepburn

Distribuito nelle sale americane nel gennaio 1941, Scandalo a Filadelfia registra uno spettacolare successo di critica e di pubblico, imponendosi come la massima vetta nel filone della comedy of remarriage, e rilancia le sorti della Hepburn a Hollywood. La figura di Tracy Lord, grintosa socialite divisa fra l'ex-marito, l'attuale promesso sposo e un cronista di cui si infatua, calza a pennello all'attrice, che ne disegna un ritratto di vivace fierezza venata di romanticismo. Da lì in poi si aprirà un nuovo capitolo nella filmografia di Katharine Hepburn: un capitolo caratterizzato da ruoli di donne forti ed emancipate, alfiere di un progressismo e di un femminismo in cui gli spettatori riconoscono tratti della stessa Hepburn. Si tratta del perfetto connubio fra la sua immagine pubblica e i personaggi a cui avrebbe dato vita in commedie quali La donna del giorno di George Stevens (1942) e La costola di Adamo di George Cukor (1949), spesso accanto a Spencer Tracy, suo partner di set e nella vita privata.

Woman Of The Year 1942
La donna del giorno: Spencer Tracy e Katharine Hepburn

La parabola artistica di Katharine Hepburn, attiva sul set fino al 1994, offrirebbe un'infinità di altri spunti di approfondimento e di riflessione, ma questa prima fase della sua carriera è emblematica di ciò che l'ha resa una personalità tanto originale e affascinante. In un'epoca in cui, per sopravvivere a Hollywood, pareva impossibile sottrarsi alle logiche dello star system, la Hepburn ha avuto il coraggio di non farsi ingabbiare dai dettami degli studios e di non piegarsi alla volontà di chi l'avrebbe voluta più mansueta e 'femminile', perlomeno secondo certi standard; ma pure l'intelligenza di saper valutare i rischi e di essere disposta ad assumerseli, laddove ne valesse la pena. E nella maggior parte dei casi le scommesse di Miss Hepburn sono andate a buon fine, tanto da farla rimanere sulla cresta dell'onda per un tempo incredibilmente lungo: per sua fortuna e per quella di tutti coloro che, a decenni di distanza, continuano a considerare il suo lavoro una fonte di piacere e di costante ispirazione.