I Fantastici 5, Raoul Bova e lo sport come sinonimo di felicità (e normalità)

"La vittoria? Conta essere felici. Oggi siamo ossessionati dai campioni". La nostra intervista a Raoul Bova, protagonista de I Fantastici 5, serie Mediaset incentrata su un gruppo di atleti paralimpici.

I Fantastici 5, Raoul Bova e lo sport come sinonimo di felicità (e normalità)

Romanzo di formazione, e un messaggio importante: speranza, coraggio, inclusività. Una serie che cerca di ispirare, raccontando un mondo di persone speciali, che forse non conosciamo a fondo. "Il tutto affrontato con delicatezze e rispetto", secondo il produttore Luca Bernabei, durante l'incontro stampa di presentazione de I Fantastici 5, serie Mediaset suddivisa in 4 serate (su Canale 5 dal 17 gennaio), incentrata su un gruppo di atlete e atleti paralimpici. Quello che emerge è un racconto di passione e storie sportive, accompagnato dal percorso dei protagonisti disabili. Nessuna compassione, né eroi, ma "pura e semplice normalità", secondo Luca Pancalli, presidente Comitato Italiano Paralimpico.

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I Fantastici 5: Raoul Bova in una scena della serie

Con la regia di Alexis Sweet e Laszlo Barbo, I Fantastici 5 racconta di Riccardo Bramanti, allenatore con due figlie (che trascura) e con un matrimonio andato in frantumi che, per caso o per destino, si ritrova nel prestigioso Centro Sportivo della Nova Lux di Ancona, per allenare un gruppo di atleti paralimpici: Greta, Christian, Elia, Marzia e la talentuosa Laura (interpretati da Nina Rima, Vittorio Magazzù, Enea Barozzi, Fiorenza D'Antonio e Chiara Bordi, già vista a apprezzata in Prisma). Nel ruolo di Riccardo, invece, Raoul Bova, che a spiega, "Più che mai, ho capito che non c'è individualità nel nostro lavoro. È essenziale il gruppo. Ho avuto la fortuna di interpretare un ruolo complicato. La serie ha rotto il muro della normalità. Interpreto un allenatore che, almeno all'inizio, peggiora le capacità dei ragazzi... Volevamo spiegare quanto contasse la felicità per gli atleti per essere davvero vincenti. E questa serie sposta l'attenzione dall'essere campioni, all'essere felici. Sentivo la responsabilità di un tema importante, come lo sport e come la disabilità".

I Fantastici 5: video intervista a Raul Bova

I fantastici 5, scritta da Andrea Nobile, Marcello Olivieri, Nicholas Di Valerio e Simona Sparaco, sottolinea quanto lo sport vada d'accordo con la serialità e con il cinema, avallandone i valori. "Bisogna capire l'approccio e il punto di vista nei confronti dello sport", spiega Raoul Bova nella nostra video intervista. "Soprattutto, l'approccio che ha verso la disabilità: è importante non essere scontati né banali, né trovare una commozione facile. Leggendo il copione, ho apprezzato la sua verità, senza puntare solo sulla disabilità. Piuttosto, concentrarsi sul rapporto tra questi ragazzi e lo sport. Atleti che si trovano davanti difficoltà interiori, affrontate grazie ad un allenatore che chiede loro di essere felici".

"La vittoria? Meglio essere felici"

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I Fantastici 5: Chiara Bordi e Raoul Bova in una scena della serie

Tra l'altro, Raul Bova, prima di diventare attore, era un ottimo nuotatore (una medaglia a 15 anni nei 100 metri d'orso), e conosce bene la differenza tra vittoria e sconfitta. Soprattutto oggi, quando tutti vogliono diventare dei campioni. "Come atleta, ho vissuto la parte del vincente che quella del perdente. E non sempre quando sei campione, sei anche felice. Il campione ha a che fare con un fantasma che lo perseguita. Le aspettative salgono, e sale l'ansia da prestazione. Senza deludere le responsabilità. Tu vinci, ma tutti si aspettano che tu perda. Ed è qualcosa di estremamente pesante. La vittoria non deve essere ossessione, ma passione. Altrimenti resti in gabbia. Lo sport è confronto e condivisione".

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I Fantastici 5: i protagonisti della serie

Ne I Fantastici 5, ci sono molte sequenze incentrate sull'allenamento. L'esercizio e le sessioni di training, infatti, sono essenziali, e contano più di una medaglia. Ma come si è allenato Raoul Bova per il ruolo del coach Riccardo? "Non c'è sempre un metodo unico", dice l'attore, "Il mio personaggio non era esperto di disabilità, ed eccolo a confrontarsi con persone inizialmente ostili. L'unico modo che aveva, era puntare sull'umanità. Il protagonista è nato senza la consapevolezza di alcune cose. Dovevo sorprendermi, basarmi su alcune sensazioni della scena. E questo l'ho applicato alla preparazione del personaggio".