High Desert, la recensione: reinventarsi come investigatrice privata quando nessuno ti crede

Si muove tra moderno crime e dark comedy al femminile High Desert, la nuova serie con Patricia Arquette, Matt Dillon e Bernadette Peters, prodotta da Ben Stiller, dal 17 maggio su Apple TV+ con appuntamento settimanale.

High Desert, la recensione: reinventarsi come investigatrice privata quando nessuno ti crede

Apple Tv+ continua a sperimentare e mescolare i generi, come spiegheremo nella recensione di High Desert, la nuova dark comedy dal 17 maggio con appuntamento settimanale, che vede tornare sulla piattaforma Patricia Arquette dopo Scissione insieme a Ben Stiller, entrambi produttori esecutivi - Stiller avrebbe dovuto girare il pilot ma poi la regia è andata al vincitore dell'Emmy Jay Roach, che con lui aveva lavorato nella trilogia cinematografica di Ti presento i miei. Arquette, che con Stiller aveva lavorato anche in Escape at Dannemora e in Amori e disastri, interpreta una donna tossicodipendente, respingente e approssimativa, che ha combinato vari disastri nella propria vita e ora deve conviverci ma allo stesso tempo vuole provare a reinventarsi, sempre al confine tra legalità e criminalità, nel deserto della Yucca Valley in California.

Un confine estremamente labile

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High Desert: una foto di scena

La vita che Peggy, il personaggio di Patricia Arquette, continua a vivere per tutta la durata della serie (otto episodi) è fortemente respingente per lo spettatore. Questo perché gira pericolosamente sul confine tra legalità e criminalità, poiché è sempre stata abituata ad arrangiarsi e a fregare il prossimo, cogliendo al volo le occasioni per farlo. La donna però non si arrende e non sta mai con le mani in mano, né evita di assumere droghe che la rendano "fuori dalla realtà" altrimenti rischierebbe di dover fermarsi a pensare a ciò che ha fatto alla propria famiglia, in primis il figlio, quando è stata arrestata molti anni prima con tanto di irruzione dell'FBI a casa sua durante un party. Un decennio dopo, complice la morte della madre (Bernadette Peters), la donna rimasta sola e stuzzicata dai fratelli non più disposti a mantenerla ed aiutarla nelle sue idee folli tra una riabilitazione e l'altra, pensa di reinventarsi come... investigatrice privata. Quello che emerge però non è un Bored to Death al femminile, che omaggiava e parodiava il noir anche a livello di regia, fotografia e messa in scena (quanto erano affascinanti quella serie e la sua New York), bensì sceglie di virare sul thriller criminale à là Breaking Bad, con una protagonista che non riesce a scegliere mai la strada della legalità e quindi continua a montare malaffari su malaffari, rischiando di far crollare il proprio castello di carte alla prima occasione.

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Una protagonista respingente

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High Desert: Patricia Arquette in un'immagine della serie

Apple Tv+ ci aveva già abituato alle protagoniste respingenti con Physical, per le quali quindi è difficile parteggiare ed immedesimarsi. Peggy rientra in questa categoria, un po' prepotente e quasi bulla come meccanismo di difesa per non far scoprire la propria paura e insicurezza di rimanere sola e di non essere brava in nulla. Patricia Arquette tiene sulle proprie spalle tutto il peso della serie, che è però abbellita da un cast di prim'ordine, dato che accanto a lei nei panni dell'ex marito troviamo nientemeno che Matt Dillon (che torna alla serialità dopo Wayward Pines). Sono quasi sempre figure maschili a interagire con lei, eccetto la migliore amica latitante Carol (Weruche Opia) e il fantasma della madre morta, per accentuare la sua difficoltà a stare al mondo. Tra questi citiamo, oltre a Dillon, Rupert Friend, che ritroviamo in versione guru truffaldino capellone dopo Homeland, Carmine Giovinazzo di CSI: NY qui dall'altra parte della legge, e infine Brad Garrett, veterano della comicità a stelle e strisce che torna al genere dopo Tutti amano Raymond, 'Til Death, The Crazy Ones, I'm Dying Up Here e Single Parents, nei panni di un investigatore privato costretto da Peggy a farle da mentore e darle carta bianca per portagli dei casi. O almeno quelli che lei crede siano dei casi ma continuano a rivelarsi delle truffe e dei raggiri per sopravvivere.

Una comedy truffaldina

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High Desert: un'immagine della serie

Non si tratta però di un procedurale mascherato in cui in ogni episodio c'è una sorta di "caso della settimana" bensì tutte le storyline sono mescolate e fluide, e fil rouge è l'illegalità più che la legalità. La truffa, la droga e il gioco d'azzardo sembra infatti essere il trittico che unisce tutti i personaggi di High Desert, tutti in lotta per la sopravvivenza in un mondo di squali e per arrivare a fine giornata più che a fine mese. Personalità sopra le righe, scolorate e sciatte, che provano a coprire il proprio senso di inadeguatezza con abiti eccentrici e personalità invadenti. Tutto risulta un po' confuso e confusionario, come la scrittura a sei mani di Nancy Fichman, Katie Ford e Jennifer Hoppe, già dietro le quinte di Nurse Jackie e Damages tra le altre, la regia del già nominato Jay Roach, che aveva già provato ad inquadrare famiglie altamente disfunzionali, e una colonna sonora quasi folk in linea con il deserto fisico e soprattutto emotivo che la serie vuole raccontare. Un deserto in cui si rischia di rimanere senz'acqua e di vivere di continui miraggi, rendendo ancora più difficile costruirsi una propria strada e una via di fuga che permetta finalmente ai personaggi di respirare.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di High Desert un po' perplessi da questo esperimento comedy di Apple Tv+ che unisce generi e sottogeneri, personaggi eccentrici e spesso respingenti, denuncia e realismo per un ritratto sopra le righe del sottobosco criminale californiano che deve (soprav)vivere alla giornata e inventare una nuova truffa per raggirare gli altri e cavarsela. Finché non si viene scoperti e bisogna ricominciare tutto daccapo, proprio come la protagonista di questa storia.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • La comedy mescolata al crime.
  • Il punto di vista criminale piuttosto che legale della vicenda.
  • Il cast altisonante…

Cosa non va

  • … non sempre ben sfruttato.
  • La protagonista può risultare molto respingente.
  • La comedy sembra girare un po’ a vuoto, finale compreso.