Funny Woman, la recensione: Gemma Arterton nell'erede ideale della signora Maisel

Gemma Arterton è Sophie Straw alias Barbara Parker, una ragazza bionda e considerata troppo bella per poter essere anche divertente... eppure riuscirà a smentire le convinzioni di tutti in tv negli anni '60. Dal 2 giugno interamente disponibile su Sky Serie e NOW.

Funny Woman, la recensione: Gemma Arterton nell'erede ideale della signora Maisel

Oramai è risaputo: se sei una persona piacente e di bell'aspetto - almeno per i canoni della nostra società - allora è davvero difficile, anzi impossibile, che tu possa essere anche divertente. Sfatare un mito però si può e ci ha provato prima Nick Hornby col suo romanzo intitolato sagacemente Funny Woman e ora ci prova anche Morwenna Banks (già dietro il successo Apple Slow Horses) adattando il suddetto romanzo nella serie omonima, uno Sky Original tutto british, dal 2 giugno su Sky Serie e NOW interamente disponibile. Dovrete però abbandonare ogni possibile pregiudizio leggendo la nostra recensione di Funny Woman, poiché è una dramedy pronta a ribaltare ogni vostra convinzione.

Io sono Sophie Straw

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Funny Woman: Gemma Arterton in una scena

Siamo negli anni '60 e a Barbara Parker (una scoppiettante Gemma Arterton, finalmente al centro della scena dopo averla divisa con altri in tante pellicole come Quantum of Solace e la recente The King's Man) tutti hanno sempre detto cosa fare e soprattutto chi essere nella sua vita, compresi il padre affettuoso, il fidanzato storico e la zia soffocante. O meglio chi sarebbe potuta essere a Blackpool, nell'entroterra inglese, dove viene incorata Miss al concorso di bellezza locale. È procace, di bell'aspetto e bionda: se hai una tale bellezza, non puoi pretendere di essere molto altro, di possedere anche una particolare intelligenza o una particolare predisposizione alla comicità (usata di solito come meccanismo di difesa da chi non è considerato piacente dalla società). Eppure il sogno nel cassetto di Barbara, che sente di volere qualcosa di più che sposare il macellaio locale, è poter partecipare a una comedy playhouse, ovvero una sitcom registrata con pubblico dal vivo, quattro telecamere e ambientazioni fisse per lo più interne, un genere che ha cresciuto molti di noi quando eravamo più giovani. Una serie di circostanze e decisioni avventate la portano a Londra, nel cuore dello show business dell'epoca, in un'industria profondamente patriarcale che però sta iniziando ad aprirsi alle novità e provando a sfatare i pregiudizi sullo schermo, per poi arrivare magari anche alla realtà.

Io sono Barbara Parker

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Funny Woman: una scena della serie

Pregiudizi da sovrascrivere e ribaltare davanti e dietro la macchina da presa, quella che potrebbe sorprendentemente accendersi per Barbara dopo un provino improvvisato e farla diventare Sophie Straw, un'attrice conosciuta da tutti e la risposta inglese a Lucille Ball. Tra (pochi) alti e (moltissimi) bassi, ecco dispiegarsi quindi nei sei episodi che compongono il serial una divertente commedia degli equivoci, uno spaccato della società dell'epoca in profondo cambiamento e un ritratto dell'industria televisiva e dell'intrattenimento che non era ancora pronta per quel cambiamento in essere. Tanti sono i riferimenti meta-televisivi e alla cultura pop dell'epoca e vengono mostrati i meccanismi di creazione di una sitcom, dalla proverbiale writers room alla messa in scena di stampo teatrale, per i più affezionati al genere. Non mancheranno gli intrecci amorosi e i colpi di scena, e nemmeno il tema sempre caro della famiglia: quella in cui nasci e che a volte senza volerlo ti tarpa le ali, quella che non ti vuole e ti abbandona e quella che ti sceglie, ovvero il gruppo di amici che scegli a tua volta. La scrittura frizzante di Morwenna Banks e la regia di Oliver Parker (An Ideal Husband) che omaggia proprio le comedy playhouse dell'epoca anche quando i personaggi non si trovano sul set fittizio della storia raccontata servono a far entrare il pubblico totalmente nel mood della risata. Così come scenografie e trucco e parrucco, indubbiamente curati ma a volte un po' posticci.

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Io sono Gemma Arterton

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Funny Woman: un'immagine di Gemma Arterton

Un po' erede ideale della La fantastica signora Maisel (a volte le programmazioni televisive non sono davvero coincidenze, dato che l'abbiamo appena salutata) e della sua Rachel Brosnahan, anche Funny Woman - Una reginetta in tv si fa forza grazie alla sua protagonista Gemma Arterton, che finalmente può brillare di luce propria (e anche lei si trova a vendere articoli per signore in un grande magazzino di lusso prima di sfondare come attrice). Allo stesso tempo, sempre come la signora Maisel, può contare su comprimari ben caratterizzati e interessanti, a che a loro volta provano a rompere dei cliché e degli stereotipi, come la coppia di autori comici inossidabile, la star di bell'aspetto vanesio e playboy, il produttore immigrato dal cuore d'oro e quello senza scrupoli che pensa solo ai profitti, perché siamo pur sempre in un'industria.

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Funny Woman: Gemma Arterton in un momento della serie

Tra questi citiamo in particolare Rupert Everett (Il matrimonio del mio migliore amico) che si trasforma e invecchia anche fisicamente per diventare Brian, un talent scout che sarà uno dei primi a vedere qualcosa in Barbara e voler scommettere su di lei, proprio come Arsher Ali (L'indice della paura) che è Dennis, il produttore dello show. Femminismo e indipendenza, autoironia sul mondo dello spettacolo e sui suoi meccanismi interni, la speranza di riuscire a realizzare i propri sogni senza ascoltare ciò che dicono gli altri, l'avere il coraggio di scommettere su se stessi e soprattutto di buttarsi senza voler rimanere rinchiusi in gabbie fisiche e metaforiche, in scatole che dovrebbero contenere il nostro carattere e chi siamo veramente. Di questo parla in fondo Funny Woman.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Funny Woman lodando le caratteristiche che ce l’hanno fatto amare e avvicinare alla Fantastica Signora Maisel di Rachel Brosnahan: Gemma Arterton è scoppiettante e finalmente protagonista, per un ruolo che vuole sfatare ogni pregiudizio sulle ragazze bionde e avvenenti che hanno più da offrire di quanto si pensi e si debba credere a priori. Il risultato è una meta-commedia che racconta anche la storia dell’industria dello spettacolo londinese negli anni ’60.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • Gemma Arterton ci mostra tutta la sua verve comica.
  • I comprimari, su tutti Rupert Everett invecchiato e trasformista.
  • La storia della sitcom e dell’industria televisiva inglese in una società maschilista che iniziava ad abbracciare il cambiamento.
  • L’ironia della sceneggiatura brillante.

Cosa non va

  • Non tutti i momenti comici sono riusciti allo stesso modo.
  • Trucco e parrucco possono risultare un po’ posticci a tratti.