Fairytale, la recensione: la fiaba di Sokurov sulla follia del potere

La recensione di Fairytale, un film grottesco e dai contorni danteschi con cui il regista russo realizza la sua personalissima allegoria del potere.

Fairytale, la recensione: la fiaba di Sokurov sulla follia del potere

Un'opera monumentale e allucinatoria, un racconto grottesco e inquieto, la rappresentazione ectoplasmatica del potere. Dopo Francofonia con cui nel 2015 realizzava una profonda riflessione sull'arte e la storia muovendosi all'interno del Louvre, il genio di Aleksandr Sokurov torna a misurarsi con i temi a lui più cari (come spiegheremo in questa recensione di Fairytale, in sala dal 22 dicembre per Academy Two). Lo fa a modo suo scaraventando gli uomini e i dittatori che hanno cambiato per sempre il corso della Storia in un Purgatorio dantesco alle porte del cielo, in attesa dell'ascesa in Paradiso o della calata all'inferno in un flusso indistinto di corpi e voci. Un film saggio dai contorni fiabeschi che conferma ancora una volta la vitalità del genio.

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Fairytale - Una fiaba: una scena del film

Nel Purgatorio dei potenti

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Fairytale - Una fiaba: una sequenza

Hitler, Mussolini, Stalin, Winston Churchill, Napoleone Bonaparte: in Fairytale Aleksandr Sokurov immagina dittatori e statisti del secolo scorso, e non solo, mentre vagano in un limbo di dantesca memoria davanti alla porta di Dio. Cercano l'accesso al Paradiso e nell'attesa impaziente parlano, scherzano, espongono in monologhi surreali le proprie riflessioni, litigano in una babele di lingue, avvolti da un bianco e nero fumoso in cui i contorni scolorano, smarginano per poi ricomporsi qualche fotogramma dopo. Li circondano paesaggi provenienti da antiche incisioni, frutto di un certosino lavoro di ricerca durato anni, lo stesso che ha portato il regista russo a passare in rassegna una mole infinita di materiale d'archivio, ma senza concedere nulla al deep fake.

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Fairytale - Una fiaba: un'immagine del film

Ogni immagine è reale, proviene dai cinegiornali dell'epoca, poi Sokurov le svuota del pathos e di quella "maestosa grandezza", "malvagità" e "potenza" che da sempre le contraddistingue agli occhi del mondo in una narrazione collettiva di eroi e antieroi, vincitori e vinti. Ne cattura così i gesti più quotidiani, le smorfie più impercettibili all'occhio delle masse, i capricci, il loro confuso parlarsi addosso ciascuno nella propria lingua (italiano, francese, tedesco e inglese) e tanto basta per fare un'inquietante parodia del potere. La follia del tiranno raccontata dalla tracotanza dei potenti stessi, entità fantasmatiche, liquide, che si decompongono e sfumano per poi ricostituirsi e riprodursi in un peregrinare senza fine.

Francofonia: l'Arte e la Storia nel nuovo film di Aleksandr Sokurov

Un film di fantasmi e "smarginature"

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Fairytale - Una fiaba: un'immagine

Un "film multilingue" come lo definisce lo stesso Sokurov, delirante e dove i potenti del passato diventano uomini ridicoli e nello stesso figure orrorifiche incapaci di qualsiasi segno di pentimento. I protagonisti si affannano a parlare di religione e politica, discutono ininterrottamente, ridono e ripropongono le proprie idee in un incalzare di divagazioni continue che scivolano spesso nella farsa come quando Mussolini ricorda che Lenin voleva bene anche a lui o afferma che "un popolo per mantenersi sano deve andare in guerra ogni venticinque anni".

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Fairytale - Una fiaba: una foto del film

Discorsi senza fine che si accavallano, si interrompono all'improvviso e si rincorrono un attimo dopo tra il serio e il faceto, tra retorica e stereotipi: Stalin ossessionato dal puzzo di tedeschi e marxisti, il Duce che lo stuzzica e se ne fa beffa affermando che "il fascismo è una realtà, il comunismo un'utopia", e Churchill che si guarda intorno smarrito e nota che "ci sono comunisti e nazisti ovunque", anche lui in mezzo ai grandi criminali della Storia per essersi macchiato di atti di violenza altrettanto condannabili come l'ordine di bombardamento su diverse città nemiche. Intorno alla passerella senza fine di questi ectoplasmi impenitenti le rovine di un mondo decadente, masse di cadaveri, i corpi esanimi dei soldati, folle urlanti, architetture sghembe in un chiaroscuro che si muove tra Escher e Piranesi. Aleksandr Sokurov si pone alla giusta distanza e compone la sua personalissima Divina Commedia in un'eterna riproposizione dell'orrore. Un'opera estremamente politica che si affida al potere dell'allegoria.

Conclusioni

Come già ampiamente sostenuto nella recensione di Fairytale, Aleksandr Sokurov realizza la sua personalissima allegoria del potere: un’opera ironica, inquieta e dai tratti danteschi. I più temibili dittatori del secolo scorso da Hitler a Mussolini vagano nel limbo alla ricerca di un accesso al Paradiso e assumono contorni grotteschi: litigano, scherzano, discutono ciascuno nel proprio idioma in una babele di lingue. Sono immagini reali, vengono dai cinegiornali dell’epoca su cui il regista russo ha lavorato minuziosamente per anni senza cedere al digitale: ciascuna figura si agita senza sosta, i contorni sfumano per poi ricomporsi un attimo dopo. Sullo sfondo il chiaroscuro di vecchie incisioni, paesaggi in rovina, cadaveri e folle urlanti che inneggiano al dittatore di turno. Capolavoro senza ombra di dubbio.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • L’allegoria sul potere.
  • L’uso del materiale d’archivio e il lavoro certosino fatto sulle immagini provenienti dai cinegiornali dell’epoca: Sokurov fa un lavoro da fine artigiano e non concede nulla al deep fake.
  • Un film saggio che fonde il linguaggio cinematografico con quello della pittura e dell’architettura.

Cosa non va

  • Un film di nicchia, certo non da grande pubblico e non facilmente digeribile da chi è poco avvezzo al cinema concettuale.