Bill Nighy: “Io e Love Actually? Siamo un'istituzione natalizia. Come la Regina”

Bill Nighy ha lo spirito da ragazzino, a dispetto dei 67 anni riportati all'anagrafe. Lo abbiamo incontrato lo scorso dicembre in occasione della sua partecipazione al 13° Dubai International Film Festival e, considerate le voci di questi giorni sul cortometraggio sequel di Love Actually, oggi abbiamo deciso di proporvi la nostra chiacchierata con lui.

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Si prende in giro, incessantemente, come solo un fine umorista inglese sa fare senza scadere mai nel volgare o nel banale. E non stupisce che in passato abbia anche conquistato uno dei cuori più esigenti dello show business, quello di Anna Wintour, direttrice di Vogue America. Un autentico uragano di energia, insomma, che traspare in ogni suo ruolo, compreso l'ultimo nella deliziosa commedia Their Finest Hour And A Half firmata da Lone Scherfig con Sam Claflin e Gemma Arterton. Proprio con la regista e il produttore, infatti, la presenta alla manifestazione-evento degli Emirati Arabi ironizzando sul suo alter ego, Ambrose Hilliard, un attore di mezza età che durante la Seconda Guerra Mondiale viene reclutato suo malgrado a recitare in un film di propaganda. Vanesio, capriccioso ed arrogante, è la parodia di ogni pseudo-artista davanti alla macchina da presa con le manie d'onnipotenza. Eppure non si può fare a meno di volergli bene, come al cantante in declino Billy Mack in Love Actually - L'amore davvero. Sì, la pellicola delle feste risale a 13 anni fa ma continua ad essere un classico.

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Bill e la Regina

Appena glielo si fa notare, con tutto il tatto che la circostanza richiede, per non urtarne la sensibilità tirando in ballo un progetto pop, si blocca, accenna un leggero broncio, strizza gli occhi e poi scoppia a ridere. "In effetti in tutto il Regno Unito siamo rimasti io e la Regina come istituzioni delle feste. Senza noi due non è Natale". Fa un'altra pausa ad effetto e continua, stavolta più serio: "La verità è che non potrei essere più grato del fenomeno di Love Actually, che ricordo con tenerezza e che mi ha sdoganato in moltissimi altri progetti". Da Harry Potter ad Underworld, ha davvero partecipato alle saghe cult degli ultimi tempi: "Alcune esperienze sono state più surreali di altre" - commenta - come in Pirati dei Caraibi quando il primo giorno mi sono ritrovato davanti il green screen e 250 puntini sulla faccia mentre indossavo una specie di tuta-pigiama e la troupe mi guardava malissimo".

I no che forgiano la carriera

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Non che sia stato sempre tutto facile nel suo tragitto professionale, sia chiaro: "Se sei un attore" - parole sue - "devi abituarti ai rifiuti. E quando sei davvero fortunato ne ricevi all'anno solo 27. Spesso ti capitano le situazioni più bizzarre ai provini, come quando dovevo fingere di galoppare e combattere in sella ad un cavallo immaginario, in una stanza vuota. Te lo immagini?". Mentre parla si alza in piedi, mima le scene, si risiede sul divano, ma non sta fermo un secondo. Nota tutto e tutti e potrebbe persino mettersi a cantare, se qualcuno glielo chiedesse. Non sembra che lo spaventi nulla: "D'altronde se per fare il vampiro mi hanno inguainato in un corpetto di latex che impiegavo due ore a mettere e quattro a togliere direi che oramai nulla mi è precluso. Anche se, per inciso, dopo aver tolto il costume gridavo come un indemoniato sotto la doccia con la pelle che mi si era nel frattempo staccata a pezzi".

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Un ex ragazzo impetuoso

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Con l'età dice di aver calmato il temperamento impulsivo ("da ragazzino" - ricorda - "mi buttavo su qualsiasi progetto, senza pensarci su un momento, ora sono più cauto"), ma resta difficile credergli. La nostalgia, però, di tanto in tanto lo assale: "Their Finest" - dice - "mi ha portato indietro nel tempo in un momento quasi magico del cinema, con un set dentro un set che mi ha davvero emozionato come non mi capitava da tanto". Il momento di serietà dura pochi secondi: "Ora sono pronto ad un bel franchise cinematografico tutto mio, magari sui vampiri, o su qualcuno di meno immortale, chissà".

Attore mitomane?

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Ritornando a Their Finest prova a sfatare qualche mito sui colleghi-divi: "A dire il vero non ho conosciuto molti attori ego riferiti come il mio personaggio, forse perché entra in gioco un certo fattore generazionale. Ma, diciamoci la verità, gli attori come i giornalisti non sono proprio eroici come categoria, al massimo sono tipi incasinati. Certo, pensando al ruolo dell'artista presuntuoso alla produzione sono venuto in mente io e chissà cosa vorrà dire". Scherzi a parte, il progetto racconta il debutto di una donna come sceneggiatrice cinematografica e segna un'intera era, lanciando un chiaro messaggio sull'attualità, con un racconto estremamente attuale: "Una delle priorità dell'arte dovrebbe essere" - commenta Nighy - "l'uguaglianza di genere. Da questo si giudica una società. Certo, stiamo facendo dei progressi a non sono ancora sufficienti, il cammino davanti a noi è ancora lungo. Cosa c'entrano gli attributi con il talento? Ricordo ancora alcune frasi che mi ripetevano da bambino: 'Comportati da maschio'. Ma che vuol dire? Con il senno di poi mi sembrano tutte cretinate, per usare un eufemismo".