Recensione L'apollonide (Souvenirs de la maison close) (2011)

Ricreare l'atmosfera di una casa chiusa, con le sue musiche, le sue routine, le sue mollezze, i suoi orrori, è l'obiettivo principale del film di Bertrand Bonello, ed è un obiettivo centrato

Belle di notte

A cavallo tra la fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo, un gruppo di giovani donne vendono il proprio corpo, nelle migliori condizioni igieniche posssibili, presso l'Apollonide, elegante bordello della capitale francese.
Tra di loro, la sfregiata Madeleine, una tragica femme qui rit che rievoca Victor Hugo e che suscita le curiosità più morbose, la malinconica Clothilde, che ha ormai ventotto anni, di cui dodici trascorsi all'Apollonide, e teme di iniziare a perdere i suoi clienti, e ancora l'ultima arrivata, Pauline, una prostituta bambina dotata di un'arcana saggezza. Ma c'è anche chi, come Julie, riesce a ridere di questa esistenza che si svolge sempre al chiuso, nelle ore più buie della notte, e che sfibra lentamente la loro giovinezza, schiaccia la loro dignità, espone a rischi atroci la loro salute.

Ricreare l'atmosfera di una casa chiusa, con le sue musiche, le sue routine,
le sue mollezze, i suoi orrori, è l'obiettivo principale del film di Bertrand Bonello, ed è un obiettivo centrato. Ne viene fuori un quadro intimo di sussurrata solidarietà femminile, grazie anche ad un ottimo ensamble attoriale che dà vita a un gruppo di personaggi verso il quale il regista rivolge uno sguardo partecipe e commosso.

La madama trova vari espedienti per mantenere indebitate le ragazze, per impedire loro di lasciare il bordello, ma è pur sempre una donna sola che deve crescere due bambini. I clienti ne escono meno bene, certo, ma anche tra di loro ci sono esempi, se non di solidarietà, almeno di umanità. Le ragazze, questi fiori che non possono vedere il sole, sono creature splendide che perdono, nel loro lento, sensuale martirio, ogni eroticità.

Lo chiamano "il mestiere più antico del mondo", ma è anche il più umiliante e il più crudele, e il fatto che sia costantemente praticato ovunque nel mondo è prova della perversità e del maschilismo della società umana. E' una lezione, quella del film di Bonello, narrata con qualche eccesso di melodramma, che possiamo perdonare in nome della grande compassione e del coraggio profusi in questi dolenti Souvenirs del la maison close.

Movieplayer.it

3.0/5